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#438 - La città senza nome
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 Oggetto del messaggio: Re: #438 - La città senza nome
MessaggioInviato: sab mar 04, 2023 5:56 pm 
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Keanu Coen ha scritto:
basta citare lo scambio di battute tra Geryon e Dylan: "Ai bambini piace giocare a mosca cieca. Divertente, non trovi?". "No, non tanto".


Beh, forse quella in un certo senso è l'unica uscita ironica su 94pp, ma di un'ironia conforme allo spessore di Geryon s'intende, che di certo non ha mai lavorato per il mondo dell'intrattenimento o delle satira, mentre Dylan smorza tutto e non "trova" la cosa, pure essendo dotato di vista... :D

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 Oggetto del messaggio: Re: #438 - La città senza nome
MessaggioInviato: sab mar 04, 2023 6:17 pm 
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Sicuramente è ironica, ma non è un'ironia liberatrice. E tra l'altro, Geryon avrebbe dovuto proprio dire "Ironico, non trovi?", perché la cosa non è per nulla divertente, bensì proprio tragicamente ironica.



Mi è venuto in mente un esempio che potrebbe funzionare.

Nel film "Il re", con Chalamet e Pattinson, un film che di certo non è una commedia, a un certo punto sta per esserci un duello tra i due, come se fosse il climax del film, e invece Pattinson, tutto serio serio, in armatura e tutto, scivola nel fango e in modo molto buffo fatica a rialzarsi, tipo tartaruga che prova a ribaltarsi. La cosa risulta molto straniante, e anche divertente, seppure in un contesto drammatico. Chiaramente si tratta di un alleggerimento grottesco. Pattinson poi, ancora a terra, viene finito a pugnalate dai followers di Chalamet. Finita questa scena, manca ancora mezz'ora di film.

La scena in questione non è la scena CONCLUSIVA del film, ma il film continua e ha tutto il tempo di tornare alle atmosfere lugubri di prima, e il film non solo non risente di quel tuffo nello slapstick, ma anche ne giova, nonostante non sia chissà che capolavoro.

Se la Contu avesse fatto fare, anche a tre quarti di albo, un gavettone, faccio per dire, ad Aaron da parte dei bambini mentre pontificava in uno dei suoi deliri illuminati, secondo me la scena avrebbe funzionato, sarebbe stata divertente, avrebbe alleggerito la tensione, e avrebbe poi preparato la chiusa drammatica finale.
Ma così, nel finale, è solo una gag buttata, secondo me.

Poi magari mi ricordo male, e "Il re" finisce con Chalamet che stappa una bottiglia di spumante e il tappo finisce in bocca a Massimo Boldi, e titoli di coda, però insomma, spero che l'esempio funzioni!

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 Oggetto del messaggio: Re: #438 - La città senza nome
MessaggioInviato: dom mar 05, 2023 11:10 am 
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A proposito dell'albo del mese... Keanu, come al solito, lo ha analizzato con dovizia di particolari e abbondanza di dettagli. Talvolta trovo le sue critiche un filo pretestuose, nel senso che in sé sono senz'altro sensate, ma nel contesto della storia sono dal mio punto di vista perdonabili.

Ecco, stavolta non è così. Purtroppo, posso solo concordare con la quasi totalità delle sue osservazioni negative. :cry:

Qualche piccolo SPOILER.

La storia è davvero poca cosa, ma proprio poca. E dire che l'incipit mi aveva fatto ben sperare, in quanto, complici i disegni ricchi di atmosfera di Santucci, le prime 20/25 pagine funzionano, e si riesce a chiudere un occhio su alcune illogicità (per esempio Dylan che procede nella nebbia, verosimilmente a passo d'uomo, ma quando esce fuori strada sfascia l'auto – e dire che ci vorrebbe davvero poco a rendere la scena più credibile; basterebbe che fosse un banco di nebbia improvviso, per esempio. Poi, sceso dall'auto, Dylan vaga a casaccio nel bosco, e vabbé). Però, a parte tutto, l'inizio funziona, dicevo. Sospensione di incredulità bella tosta, ma va bene così. Poi, però, le cose precipitano.

Il villaggio è popolato da ciechi che si comportano come se ci vedessero bene, ma tant'è, magari sono dei piccoli Daredevil. Il fatto davvero imperdonabile è che sono buttati lì alla rinfusa, non caratterizzati, hanno motivazioni fumose se non proprio insensate, non si capisce perché fanno quel che fanno, né perché una comunità del genere funzioni e vada avanti. È un contesto non approfondito, appena abbozzato, incoerente, insensato. E in generale fa ridere che Dylan si faccia metter sotto in questa maniera da un gruppo di non vedenti. Insomma, il rapporto causa/effetto va a farsi benedire bellamente, le cose accadono senza reali motivi, il finale è facile che più facile non si può e dopo aver chiuso l'albo ci si sente addosso una generale sensazione di sciatteria.

Anche i disegni vanno in calando, e dopo un ottimo inizio le tavole divengono altalenanti e meno incisive, fermo restando che l'aspetto grafico è di gran lunga l'aspetto più positivo della storia. Anzi, i disegni sono buoni in senso assoluto.

Un mezzo disastro, insomma. E dico "mezzo" solo perché i disegni sono belli.

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È la mia opinione, e la condivido.

Ciao,
Teo


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 Oggetto del messaggio: Re: #438 - La città senza nome
MessaggioInviato: dom mar 05, 2023 11:38 am 
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rimatt ha scritto:
il finale è facile che più facile non si può e dopo aver chiuso l'albo ci si sente addosso una generale sensazione di sciatteria


Io vi esorto a mettere accanto il finale di questo albo con il finale dell'albo "La bestia della brughiera". L'ho già citato prima, ma solo perché me lo ricordavo per sommi capi che erano simili. Ora li ho guardati di più, e c'è veramente da piangere. In entrambi abbiamo:

-l'intervento della polizia (rumorosissimo ma incredibilmente non sentito dal cattivo) in extremis, un secondo prima di quando Dylan sta per essere falciato/sparato;

-il cattivo che dopo essere stato interrotto in extremis dice, e cito letteralmente "ma che...?!";

-Dylan che dice a Bloch "come hai fatto a trovarmi?/come avete fatto a trovarmi?"

Per non parlare del fatto che entrambi gli albi parlano di un gruppo di svalvolati che vivono in una comunità isolata, che sequestrano lo "straniero" Dylan perché se esce potrebbe rivelare al mondo della loro esistenza, e tutto questo all'interno di una città chiusa da palizzate.

Davvero non so cosa pensare di fronte a questa manifesta mancanza di ispirazione, di originalità, di professionalità, di impegno, di rispetto, di tutto...
L'unica cosa che posso fare è mettere un voto infimo, e dormire come un pupo dopo averlo fatto.

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 Oggetto del messaggio: Re: #438 - La città senza nome
MessaggioInviato: dom mar 05, 2023 12:05 pm 
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Noto con piacere che nessuno ha risposto finora al mio quesito, nonostante bazzichi qui gente che campioneggia nel gioco delle citazioni: ma Dylan che ajuta una puerpera a partorire, in quale altro albo/storia ricordo d'averlo visto? O sto vaneggiando perché la ciminiera dismessa sulla tangenziale emette scorie psicovisionarie?

Keanu Coen ha scritto:
Io vi esorto a mettere accanto il finale di questo albo con il finale dell'albo "La bestia della brughiera".
[...]
Davvero non so cosa pensare di fronte a questa manifesta mancanza di ispirazione, di originalità, di professionalità, di impegno, di rispetto, di tutto... .


L'unico alibi che la Contu ha, è di non poter conoscere (per telepatia?) la programmazione editoriale SBE al completo in anticipo sul ritardo, per quanto riguarda gli avanzi di magazzino made-in-Mignacco, riciclati alla bisogna, magari mentre lei stava scrivendo questo capolavoro dell'insulseria.

Come sempre è la base redazionale nella sua disorganizzazione a professare il verbo (applicato) del cialtronaggio anti-professionale e cazzaro, non accorgendosi di queste cose come di mille altre che hanno il coraggio spudorato, nelle propria negligenza, di pubblicare.

Il pesce puzza sempre dalla testa, figuriamoci se è una testa di c... sai il fetore :?

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 Oggetto del messaggio: Re: #438 - La città senza nome
MessaggioInviato: dom mar 05, 2023 12:09 pm 
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Ma io ho messo a fianco questi due perché sono due albi abbastanza vicini, e li avevo freschi nella memoria, ma Dio solo sa quanti altri ce ne sono con le stesse esatte dinamiche, con le stesse parole ripetute ad nauseam... Certi autori conoscono tre soluzioni TRE, e le alternano ad libitum, in un'orgia di manierismo insostenibile.
Veramente imbarazzante vedere quanti pochi sforzi riescano a fare certi autori e, chiaramente, anche quelli ai piani superiori.

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 Oggetto del messaggio: Re: #438 - La città senza nome
MessaggioInviato: dom mar 05, 2023 12:28 pm 
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Ok, io non voglio assolvere del tutto la Contu... però gli addetti alla revisione/editors sono i primi (ed i soli) che preventivamente possono trovare queste analogie e programmare meglio la cadenza delle uscite. Secondo me lei neanche avrà letto La Bestia della brughiera, e magari dirà che il suo stile è comunque diverso da quello di Mignacco, o che certe coincidenze ci possono stare.

Senza contare che alla base, un soggetto simile andrebbe respinto in prima battuta, con un bel home run fuori dalla regione Lombardia, una volta presentato in Via Buonarroti 8-) .

Voleva fare la ramanzina anti-nucleare, e poi l'adorata "città post-atomica" (presunto cardine tematico-uncanny!) si perde in un nulla di fatto inerte ed inutile, quasi come se fosse solo opera della superstizione di un mucchio di sciroppati?
L'antimateria di se stessa... :cry:

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 Oggetto del messaggio: Re: #438 - La città senza nome
MessaggioInviato: dom mar 05, 2023 6:50 pm 
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Possibili spoiler su questo numero e sul numero 7 "la zona del crepuscolo"

Caro Keanu, cari tutti. Ho un pò di tempo ed eccomi tornato con le recensioni dell'albo del mese. Peccato che l'albo non sia molto valevole ma devo dire che quando si parla di storie scritte da Gabriella Contu non parto proprio con il piede giusto. Mi sembra un' autrice poco attenta alle dinamiche delle storie. Non ripeto tutti gli strafalcioni detti da Keanu sui quali ogni tanto, come Rimatt, penso che esageri. Però c'è da dire che su questa storia, anche a voler cercare delle giustificazioni si faccia molta fatica. Ciechi che vedono come, se non meglio, dei normali vedenti, scazzottate senza particolari motivi. Gli stessi personaggi sono piuttosto monocorda e sono il saggio del paese, il forzuto del paese, la bella del paese,.... L'unica parte che ho apprezzato è stata l'inizio dove in una sola pagina Dylan liquida il motivo per cui si trova lì. Diversamente da te Keanu l'ho apprezzato perchè poco importante per la storia e perchè speravo che, per una volta, avessero scelto di non utilizzare milioni di vignette per un qualche cosa di poco conto.

I disegni sono in larga parte belli e suggestivi, in altre invece sono piuttosto dozzinali, soprattutto Dylan in certe parti sembra fatto non dallo stesso autore.

Non c'è molto da dire in quanto tutto è stato detto da Keanu e Rimatt quindi parto subito con indicare quella che è una impressione che si sta facendo sempre più larga nella mia mente.

Non trovate anche voi, e questa storia ne è l'esempio, che gli autori abbiano smesso di raccontare una vicenda preferendo far muovere Dylan all'interno di una situazione? Qui ad esempio c'è una situazione, anche bella e suggestiva. Una città popolata da persone cieche che in nome di un ideale, pazzo o meno, rendono ciechi tutti i nuovi nati per rendere omaggio alla città che ben li ha fatti vivere. Fin dalle prime pagine, le migliori del lotto, sembra che la città sia qualcosa di vivo, di palpitante e che possa effettivamente essere protagonista, se non LA protagonista della vicenda. Invece questo binario interessante viene subito eliminato. Eppure la città, intesa come entità vivente, poteva essere facilmente usata per spiegare la capacità di questi abitanti di "vedere" come un vedente o la loro "possenza" fisica.

Situazione non storia, dicevo. Guardiamo da pagina 36 a pagina 39.... 4 pagine, ben disegnate per carità, ma pur sempre 4 pagine per far vedere Geryon che va da Aron per dirgli che la città è chiusa. Ora 4 pagine sono circa 1/25 del fumetto. E' tantissimo, diamine! E di situazioni del genere se ne vedono a iosa soprattutto negli ultimi dylan dove sembra proprio che si "voglia perdere tempo" senza fare accadere avvenimenti che possono rendere la storia più "interessante".

Tu, Keanu, proponi un confronto con "la bestia della brugheria". Io rilancio e ho provato a confrontare questo albo con "La zona del crepuscolo." Che coraggio che ho avuto!! In realtà è un confronto che ci sta e mi importava tendenzialmente il fatto che in entrambi gli albi si parla di un Dylan che si trova in una città "altra" con diverse regole e logiche. Volevo capire come i due autori abbiano cercato di descrivere le due città e come hanno cercato di lasciare spazio all'azione.

Le prime 250 pagine de "La zona del crepuscolo" già vedono 3 se non 4 personaggi interessanti che si muovono e fanno vedere cosa accade in questa città e in più c'è il "motivo" per cui Dylan arriverà in città e le modalità di ingresso. La città sembra essere in tutto e per tutto una normale città se non fosse per questo increscioso fatto che le persone si "rompono".

In questo albo invece le prime 20 pagine danno una descrizione della città, molto più "epica" e "super-normale". Pochi dialoghi e molte didascalie. Una cosa che non ho mai capito. Non si poteva fare telefonare Dylan (dovrebbe avere il cellulare, no?) per fare in modo che spiegasse la situazione mediante un azione e non mediante un pensiero? Capite cosa intendo, l'azione permette di spiegare in maniera più realistica, magari anche con Dylan che si infervora e che quindi perde il controllo dell'auto così da metter a posto la questione inverosimile dell'incidente.

Dopodichè fino a pagina 50 c'è Dylan che prova a salvare la ragazza. Evento molto importante e messo da Sclavi non come riempitivo ma come modo per far capire a Dylan subito la stranezza della città in cui si trova. Dylan la lascia andare e poi se la trova tranquilla beata nel letto che dorme. Questo permette di spiegare senza spiegare la stranezza della città. Ora Dylan non può che esser considerato assunto. Senza queste pagine come poteva Mabel convincere Dylan delle stranezze di quel paese? La contu forse avrebbe sprecato tavole per spiegare il concetto invece che mostrarlo con un'azione. Nell'albo del mese invece si arriva fino a pagina 59 per mostrare la città in una sorta di tour guidato (che ci sta anche) ma soprattutto per far capire a Dylan che deve stare in questa città e che per lui non c'è scelta. Già qui, l'albo perde una parte di interesse. Non siano più interessati a capire cosa succederà a Dylan, come mai la città è così, come mai gli abitanti si comportano in tal modo ma solo a capire COME Dylan riuscirà ad andarsene da questa situazione. Nient'altro. Nel numero 7 invece siamo a pagina 50 ed è tutto aperto.

Rileggendolo probabilmente oggi diremmo che quello che accade a pagina 50 del numero 7 sia molto tirato per i capelli. Infatti Dylan e Groucho si perdono. Dalla città in due vignette si passa a una fitta nebbia in un bosco. Lasciando perdere questo particolare però qui si arriva a pagina 50 con una Mabel che si scopre essere morta anni prima e un morto che resuscita che parla di una fantomatica Zona del Crepuscolo. Il mistero è ancora aperto, quindi.

Andiamo dopo la pagina 60. In questo albo da pagina 60 a 70 si perdono 10 pagine per parlare del sacrificio verso la vista dei bambini per poi dopo pagina 70 vedere Dylan che scappa, viene ripreso e poi viene salvato da Bloch (in larga sintesi - peccato tra parentesi non sapere nulla del bambino nato e di cosa succede a tutti quei bambini che abitavano in quel posto ed ora devono ritornare alla vita "civile").

Nel numero 7 invece Mabel in 10 pagine si rende conto del paese in cui si trova, le ritorna la memoria e accompagna Dylan verso lo spiegone del dottor Hicks. In questo albo, se si vuole, l'unico punto debole è proprio questo. Mabel si ricorda della sua situazione senza un aiuto di Dylan ma solo tagliandosi e mettendosi davanti alla cruda realtà. Oggi forse diremmo: "Ah ah non potevi farlo prima??" Però poi leggendo avanti ciò che dice il dottor Hicks notiamo come, banalmente, alcuni si dimenticano della loro condizione. Con il dialogo tra Hicks e Dylan si svela il mistero di questa cittadina. Sono 20 pagine dense, di filosofia, di narrativa e in generale è uno degli spiegoni più riusciti a mio modo di vedere. Non c'è alcun mistero in questa Inverary, tutto torna e tutto è atroce (senza essere atroce allo stesso tempo). Si insinua il dubbio di quale sia la miglior vita tra la nostra e quella che c'è ad Inverary. Il finale lascia con delle domande a cui il lettore può dare la propria risposta.

In questo albo non ci sono domande perchè nulla si sa di questa città. Sembrano solo, diciamolo, un vero e proprio branco di pazzi senza quell'umanità che potrebbe permettere a noi lettori di patteggiare un pò anche per loro e di capire, almeno in parte, le loro motivazioni.

Ora, mi rendo conto, che ho confrontato due fumetti inconfrontabili. In entrambi i casi però si parla di una città speciale, particolare e della reazione del nostro a queste due città. Si nota la differenza di stile, forse anche dovuto ai tempi. Dialoghi molto fitti nel 7 e praticamente zero dialoghi in questo. Disegni molto più "normali" e tipici della gabbia bonelliana e disegni molto più particolari e che occupano anche una pagina intera qui. Da una parte però c'è la chiarezza di voler comunicare qualcosa, dall'altra, mi spiace per la Contu, ma tutto questo non c'è. Non sono tanto le discrepanze scritte da Keanu il problema, quanto la mancanza di un messaggio di fondo. Se nell'albo di Sclavi posso dire che Sclavi voleva portarci a ragionare sulla ripetitività della vita comune, qui la Contu cosa voleva dirci. Io sinceramente non l'ho capito.

Ed ora vado a vedere l'inter. Comunque voto 4 e pensa che i disegni lo hanno alzato!

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Bergonzoni Alessandro


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 Oggetto del messaggio: Re: #438 - La città senza nome
MessaggioInviato: dom mar 05, 2023 8:54 pm 
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Keanu Coen ha scritto:
Comunque, Pierrebi, a che intervista fai riferimento? La puoi postare?


https://youtu.be/GeeogXdZk10

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 Oggetto del messaggio: Re: #438 - La città senza nome
MessaggioInviato: dom mar 05, 2023 9:21 pm 
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pierrebi ha scritto:
Keanu Coen ha scritto:
Comunque, Pierrebi, a che intervista fai riferimento? La puoi postare?


https://youtu.be/GeeogXdZk10


Grazie, stasera la ascolto.

Ascoltata.
Intervista per alcuni versi interessante, per altri invece molto confusa. In ogni caso, consigliata.
Come spesso accade, comunque, sentire l'autore parlare della propria storia fa capire come idee molto interessanti e anche ben pensate, non si riesca a volte a tradurle adeguatamente poi su carta. Insomma, è più interessante sentir parlare gli autori della loro storia, che non leggerla.
Credo che sia stato detto anche qui, il soggetto potenzialmente è molto interessante, ma per come è sviluppato è molto, ma molto carente. Peccato davvero.
Il riferimento al fanatismo religioso, che io apprezzo sempre, è forse quello che è stato reso meglio, mentre i rapporti personali, per come li ha descritti nell'intervista, è veramente difficile ritrovarli nella storia.

Sulla chiusa comica, abbiamo già detto. L'idea è potenzialmente giusta, sbeffeggiare il pomposo fanatico religioso, ma non così, in modo così platealmente implausibile.

Che so, non so se sarebbe stato divertente, ma se per dire Aaron fosse inciampato mentre dava il colpo di falce, lisciando completamente dylan, sarebbe stato uno sberleffo ad Aaron, e sarebbe stato anche plausibile e non forzato.

Ma che questi ciechi supereroi (che sentono la gente RESPIRARE) non sentano arrivare polizia, pompieri e forestale, francamente mi sembra troppo.

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 Oggetto del messaggio: Re: #438 - La città senza nome
MessaggioInviato: mar mar 07, 2023 10:07 am 
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Riletto l'albo, confermo le mie prime positive impressioni e voto un 7 1/2 convinto, in buona parte meritato dal lavoro incisivo di Santucci.
Occhio poiché possono seguire SPOILER a spruzzo.
La Contu comunque non sfigura e, sfruttando il mood cinematografico delle città nascoste, utilizza lo spunto della comunità post-nucleare per tessere una trama che invece prende più di mira le comunità religiose e la territorialità da branco. Non è un caso che si utilizzino figure classiche come quelle del profeta, del prescelto, del rito di iniziazione e del battesimo, così come il fanatismo talebano dell'incensare la cecità a bene supremo e a volerla imporre sin (e soprattutto) dall'infanzia.
Figura chiave in tal senso è sicuramente quella di Aaron il cui nome (grazie Wiki) significa "portatore di martiri", ma viene anche ricollegato a diversi termini ebraici traducibili come "illuminato", "brillante", "esaltato" e che, seguitando di Cut&Paste, quando Mosè salì sul monte Sinai a parlare con Dio e non ridiscese per molti giorni, gli israeliti, credendo che egli non ritornasse più, chiesero ad Aronne di fabbricare loro un dio che essi potessero adorare. Aronne raccolse i loro gioielli d'oro, li fuse e fabbricò una statua raffigurante un vitello, ed essi la adorarono.
Chiaro dunque come uno dei rimandi esibiti è a quella dinamica tanto attuale di sudditanza "profeta/comunità" identificabile in tanti guru, leader, scienziati, economisti, influencer (e via dicendo) e le loro schiere di follower in cerca di qualcosa in cui credere ciecamente.
Ho letto le vostre critiche e, bene o male, i punti deboli da voi menzionati sono innegabili, tuttavia non li ho trovati così invadenti da farmi godere meno questa lettura, cioè per come sono fatto io, non riuscirò mai a fermarmi e chiedermi perché Dylan tocca la torre e come mai non l'ha notata per tutto il tragitto; insomma, sono espedienti da sempre utilizzati in qualsiasi horror con cui sono cresciuto (da quaranta anni a questa parte) e mi sembrano assolutamente congeniali allo sviluppo di certe trame.
Graditissimo il ritorno al logo vecchio, ma soprattutto graditissima questa evoluzione dei Cestaro che si staccano dai pennelli pittorici (ben più consoni allo stile di Cavenago) e ritornano ai gloriosi anni 80 e alla colorazione delle prime copertine di Villa.


Ultima modifica di JMZ il mar mar 07, 2023 12:34 pm, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: mar mar 07, 2023 11:46 am 
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Come dice giustamente JMC, praticamente tutta la produzione cinematografica e fumettistica si basa su forzature intellettuali, che ne dovrebbero decretare la morte prematura.
Tutta quella schiera di imbecilli che seguono nelle loro case i killer dal volto inquietante, che accettano passaggi da camionisti lubrichi. La discriminante dovrebbe essere la qualità di scrittura, che permette allo spettatore/lettore, di assolvere lo sceneggiatore. In questo caso zoppica anche qua e là anche la scrittura, però mi sento di assolverla lo stesso per una serie di fattori. Personali e soggettivi of course: il soggetto mi piace davvero (sette e fanatici sono veramente dappertutto, non stento a crederlo. Vogliamo citare quelli che per incontrare dio, venivano invitati a fissare a lungo il SOLE??? ovviamente riportando alla vista danni permanenti. E questo non chissà dove, ma in Italia e soprattutto non chissà quando, ma una manciata di anni fa).
Dylan, una volta tanto, non è il bacchettone giudicante, che tanto mi irrita. Non tromba, Deo gratias e agisce in modo piuttosto condivisibile. I dialoghi che tanto detesto nella Contu, questa volta funzionano davvero, le riconosco il lavoro svolto.


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Io mi ricordo che ho fatto lo stesso discorso all'epoca dell'uscita di "Vendetta in maschera", sempre della Contu (credo il mio primo albo scritto da lei): un albo scricchiolante da tutti i punti di vista, ma che comunque assolvevo perché un albo completamente privo di sovrastrutture, di tematiche "alte", e in generale nato proprio per passare quasi inosservato. Disegni semplicissimi, a condire il tutto. E allora uno apprezza la semplicità, anzi, l'umiltà, e passa sopra al fatto che c'è un buco gigante in mezzo, o che Bloch ha il riporto.

Ma in questo nuovo albo ci sono pure le velleità autoriali, le tematiche profonde, i massimi sistemi, e allora io mi aspetterei una cura maggiore nei dialoghi, nelle situazioni, negli snodi. Minimo minimo, non voglio buchi. Se mi devi fare la morale sulla pericolosità delle sette, Dylan non si può trovare a 500 chilometri da Londra perché ha accompagnato la sua nuova fidanzata dall'altro amante dopo essersi separata da suo marito.

Per quanto riguarda le dinamiche da film horror, e per quanto riguarda me, io potrei guardare, ad esempio, "Essi vivono" anche ogni giorno, rimanerne ogni giorno estasiato, e passare sopra alle ingenuità della narrazione come fossero acqua fresca. Ma se Carpenter OGGI mi fa un film pieno di buchi di narrazione e di fesserie, io non riesco più a passarci sopra.

Stessa cosa vale per Dylan: rileggendo i numeri passati, uno ci passa sopra a certe morti cretinissime, a certi snodi banalotti, a certi buchetti qua e là, ma oggi come oggi non ce la posso fare, e al centesimo SWIIIIIIIIIIIISSSSSSS e "ma che...?!" uno comincia a chiedersi chi le scrive queste robe.

Cioè, stiamo parlando di un albo in NON si sono saputi inventare una spiegazione plausibile per il FINALE: un passante che ha visto la macchina di Dylan, che attiva l'intervento di Scotland Yard con l'incendio che allerta la forestale che arriva nell'esatto istante in cui Aaron sta per abbattere la falce, che al mercato mio padre comprò!

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Keanu Coen ha scritto:
I
in questo nuovo albo ci sono pure le velleità autoriali, le tematiche profonde, i massimi sistemi, e allora io mi aspetterei una cura maggiore nei dialoghi, nelle situazioni, negli snodi. Minimo minimo, non voglio buchi. Se mi devi fare la morale sulla pericolosità delle sette


A parte i buchi di logica, la storia in pratica consiste SOLO nella morale contro il fanatismo.
Visto, stravisto e rivisto altrove in modo migliore sempre su DD, mentre qui il presunto "culto" è soltanto un pretesto per l'oscurantismo ignavo di massima, in un setting stramboide da bucoliche post-nuke :? .

Pretesto che ci viene catechizzato lungo quella 50ina buona di pagine, a ripetizione stile documentario Amish, senza che succeda nulla, tranne qualche scazzottata: anche la sceneggiatura quindi sussiste di un povertà miseranda come poche. E inoltre il lato mystico-sovrannaturale del "culto" (i.e. il surplus potenziale d'interesse) viene agevolmente messo da parte, rendendo l'albo compatibile per un trafiletto di cronaca su Famiglia Veterocristiana piuttosto che 94pp di DD.

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 Oggetto del messaggio: Re: #438 - La città senza nome
MessaggioInviato: mar mar 07, 2023 2:37 pm 
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votarxy ha scritto:
Nel complesso storia che mi è piaciuta, filastrocca compresa. Diciamo che la media fosse questa, senza annunci epocali e senza assurdità fuori logica, magari con ogni tanto qualche capolavoro, non sarebbe male.


Sì, direi che concordo.
Mi resta l'amaro in bocca per quello sbandierato "cambiamento" che si è ridotto a un "tutti a casa", ma direi che la praticità quotidiana sta dimostrando che il desiderio del pubblico era di sfornare storie di maggior spessore, non di stravolgimenti, perciò si mettano da parte i sentimentalismi e si guardi al qui e ora.
Tavole stupende, e la storia mi ha riportato un po' alle mie prime letture dylandoghiane (tra "Diabolo il grande e "Lama di rasoio" per intenderci, 1987-1989), inequivocabilmente ha fatto pensare al romanzo di Saramago "Cecità", col quale però nulla ha a che fare, e, non so perché, ho addirittura associato la storia a quella minisaga bonelliana di qualche anno fa: "Brad Barron"... forse perché, tolto il buon Bloch, la storia potrebbe adattarsi a qualsiasi altro personaggio di casa Bonelli (con le dovute revisioni, chiaro che non mi si può mettere Tex Willer davanti all'atomica!), e potrebbe essere un difetto... ma io lo riterrei un pregio.

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