Non tra i migliori albi del 'nostro'.
seguono possibili
S
P
O
I
L
E
R
Generalmente il miglior Sclavi prende spunto da un film o da un libro per poi costruirci attorno una trama personalissima, che poco ha in comune con la fonte.
Qui invece la storia è rimasta pressochè identica al modello di partenza,
Il miglio verde di Stephen King - oppure la versione filmica (ottima) che ne ha ricavato Darabont.
Si tratta di una storia che Sclavi ha dichiarato di apprezzare molto, ma fortemente strutturata e quindi molto difficile da modificare o rielaborare.
Di fatto, il tocco di Sclavi si nota solo in alcuni dettagli marginali, tipo la figura dell'avvocato Ryke, che però pur essendo un personaggio simpaticissimo ha un ruolo di secondo piano, non decisivo per gli sviluppi della trama.
Insomma, è tutto troppo derivativo per lasciare il segno.
Mi limito a segnalare un dettaglio.
Non una qualità, ma comunque un piccolo segno di distinzione rispetto all'imitazione pedissequa del modello.
Nel romanzo John Coffey (il personaggio che Sclavi ha 'ribattezzato' Forrest) è una figura messianica e cristologica. Non si limita a fare miracoli: passa attraverso numerose sofferenze che costituiscono una vera e propria
Via Crucis e alla fine muore innocente per i peccati altrui. Tuttavia l'opera di King/Darabont non è pessimista, anche se la guardia Edgecomb è condannata a un ironico contrappasso: continuare a vivere per un tempo indefinito.
La stessa vicenda in Sclavi assume invece sfumature molto più pessimiste. Ed è comprensibile: Sclavi non è credente, non può accettare in pieno una figura messianica. I poteri di Forrest non cancellano il male, si limitano a trasferirlo altrove.
Nulla di originale, intendiamoci. L'horror è zeppo di film o storie dove il "karma negativo" viene semplicemente trasferito. Per uno che sta meglio, un altro 'deve' stare peggio. Tuttavia è pur sempre un (piccolo) sforzo da parte di Sclavi per distinguersi dal modello di partenza.