Sinceramente mi sembra
una storia abbastanza sopravvalutata: sarà che il convento non passa miracolature di alta santità, ma alla fine sono rimasto al pasto da refettorio quando mi sarei aspettato ben altro gourmet, considerato l’autore ai testi. Accatino alla sua prova meno significante, tutta sbilanciata verso la sua personale passione per il cinema che non trova adeguate risposte nelle pagine da vignetta, anche come
modus scribendi.
Ho votato un tiratiiiiiiiiiiiiiiissimo 7 perché nonostante tutto la qualità sopra la media si vede – soprattutto nei dialoghi, molto meno nella sceneggiatura – i disegni tengono bene, ci siamo per un mese sbarazzati dalla continuity e lo humour di Groucho è molto in palla.
Ma tolta la cornice auto-conficcante delle cineangosce artistiche (in docu-fiction) di Reeves, la storia rimane di una povertà di spunt&trovate ben allineata alle recenti delusioni, ma poco consona all’autore in questione.
Non ho molto tempo, quindi scriverò meno del solito e senza ricognizione d’insieme:
SPOILER
SPOILER
SPOILEREsordire con un pajo di mutande maschili (p5.iii) quando alla porta c’è una stangona post-doccia come Rebecca, significa cominciare già col piede sbagliato
.
La boccalonaggine forzosa/esaltata con cui Mr Long crede alle illazioni gnegné (p.13) del respinto Jeremy sulle presunte pratiche stregonesche di Rebecca (ermellino compreso) pensavo avesse seguito in qualche altra sequenza, ma nulla: ok, l’abbiamo bollata – con scomunica? – come strega a priori e tanto basti. Già in questo ambito si capisce come i soggetti in questione, oltre a non starci con la testa, possano essere manipolati anche da una bambopinkia qualsiasi che crede sua sorella frequenti Buffy.
E questo toglie spessore alla questione occulta, cosa che non viene mai recuperata nel corso dell’albo, perdendo moltissimo in potenziale
.
Piccolo esempio di come sceneggiare per il cinema
NON corrisponda a sceneggiare per il fumetto: la macrovignetta di apertura, per quanto ripresa dal film – quella col titolo della storia, p.14.i – è di un vuoto tanto spaesante quanto inutilerrimo, col tipo che prepara la forca in estrema lontananza e le nuvole a farla da padrone. Può funzionare in una sequenza di presa in camera, tra le altre… ma nel fumetto dove devi imprimere suggestionabilità ad una vignetta-chiave, come un quadro/icona, si perde in sé afflosciandosi prima di segnare alcunché. Si poteva scegliere di meglio dal film stesso, o interpretarlo in chiave più vivida, come verrà fatto per altre sequenze successive
.
Un altro esempio potrebbe essere - qui più orientato verso la superfluità - potrebbe essere quello della manopola dell'aria condizionata a p.80.vi, ma per ora mi fermo qui.
Detto questo è evidente che la storia si snoda su due assi, i racconti ricostruttivi, film compresi...e Dylan che ci finisce in mezzo, cacciandosi in una guajo per 20 pagine. Pochi rimbalzi efficaci, povertà di
sceneggiatura abbastanza evidente.
Soggetto speso per creare un caso pseudobiografico e poco più.
Primo racconto: Dylan incrocia l’attore Ogivily e ci scappa l’interesse retrospettivo per Reeves. E cominciamo quindi a ricostruire gli eventi '70s con tanto di allusione a quell’auto-barricamento nel terrore che tanto ha scosso il regista (p28)… a trent’anni di distanza…seeeh…ricordarsene prima no, eh…
Secondo racconto, ma dovrei definirlo indottrinamento…verso Dylan, ma anche verso il lettore a questo punto: la bella nullafacenteinquelmomento Imogen offre una buon’oretta del suo contratto da stagista al passante Dylan per rinfrescarlo sul
making of del film in questione, con tanto di discettazione preparatissima – fossero davvero così gentili al BFI… - e dietro le quinte in esclusiva
.
Segue cena simpatica, anche per l’ironia malcelata sull’ipocrisia del veganesimo spinto – che poi troverà sfogo nella trovata azzeccata delle pecore sacrificabili (p.84). Resta da capire come mentre sfoggia un abitino strasexy di quel genere, Imogen se ne vada in giro con dei fuseaux da casalinga mortadesonno (p.41.i)... ma forse questo è colpa della fidanzata di Casalanguida che non gli proof-readera lo style degli abbinamenti per le sue girls di china
.
La parte più riuscita, a mio vedere, è quella tra le pagine 42-47 che introducono il balordo vademecum del corteggiamento per una ragazza ancora appesa, con staffetta dal cuore d’oro di Wilson a quello di Jeremy…a contorno della torturatrice misogina Estelle, personaggio piuttosto raro al femminile, se parliamo di processi da pseudo-Inquisizione .
Occhiatando velocemente qualche commento precedente, c’è chi si esaltava languidamente per le scene di sado-nudo di Casalanguida. Ecco, io trovo abbastanza inopportuno paragonarlo alle streghe libidinosamente strattonate dal maestro Dall’Agnol del #69
, al cui cospetto queste sembrano dei manichini quasi asessuati… e la
copertina pare ne tragga spunto
.
E siamo poi al terzo racconto kemmanco
Martin Mystère: stavolta il prof di Imogen, che guardacaso ha sostenuto un esame di storia EarlyModern, vanta le sue tre pagine(pp.50-52) di gloria per indottrinare Dylan in materia M.Hopkins, ovvero ciò che si poteva tranquillamente fare in biblioteca o tramite Grouchirma.
Ancora un ritorno opaco sul tema del “sentirsi perseguitato” di Reeves, per parola del suo assistente alla regia (p.56), tra rassegnazione depressa in stato d’assedio e vuoto esistenziale nonmeglioprecisato, e ancora il cinema che si riprojetta su stesso, con Trevanian che nel frattempo insiste alla porta, non certo per vendere enciclopedie di negromanzia.
Tra l’altro anche nel finale viene lasciata più che nel non-detto
nel trascurato la questione di
cosa intimidisca realmente in Trevanian, del suo ascendente sinistro, dei suoi poteri arcani, eccetera…buttati lì in controluce soltanto nei racconti dei testimoni o nelle ricostruzioni a mezza tinta, ma senza sfiorare il lato oscuro del suo incombere fatale su Reeves, che si dà per rassegnato in partenza, a conti fatti
.
A salvarsi l’ottimo interludio bis di Groucho, prima sulle questioni alimentari (p.60) e poi sulle mestizie della sessualità non proprio da mandingo (p.64)
.
In pratica l’albo per me finisce qui.
Seguono una trentina di pagine abbastanza insipide e routinarie, senza acuti di alcun spessore tra torture scontate e fughe ai saldi, con l’aggravante di non aver ripreso con nerbo la questione della stregoneria, rimasta tra i denti nelle cialtronate impost(urat)e da Mr. Long, novello bruciafemmene da curva ultranzista. Fa bene Dylan a deriderlo (p.68-69), anche se c’è da capire come faccia a riprendersi dopo esser stato mazziato in fin di vita, e scappar via come una cavalletta con tanto di nuda fanciulla scalza a rimorchio
.
Messa al rogo parte dei cattivoni, rimane TizzoneArdente Long alla calcagna dei nostri – e qui ringrazio Accatino per essersi ricreduto rispetto a quando lui stesso dichiarava che il soprannaturale non lo sfrutta mai nelle storie per principio, perché è come giocare a carte truccate… troppo comoda come soluzione per inquietare…
Ma nel suo caso basterà una sterzata esplosiva (p.85) per metter ko l'infiammato di turno, ed addio ad ogni velleità di ripulitura moralizzata.
Sbarazzatosi del peso di Dylan e delle sua storia da rimediare in corsa, Accatino può quindi tornare all’unica
Storia – majuscola, nel senso della testata dove avrebbe trovato miglior riparo – che realmente gli interessa (p.88)
.
Altre dieci pagine, che a parte la rassegnazione stoica
for cinema’s sake di Reeves, mi hanno detto ben poco, a differenza delle mezzetinte conclusive dell’
Assassino della porta accanto che intrecciavano ben altri fili per sottigliezze profonde quanto irrisolte.
Per farsi belli una lettura al volo da Fitzgerald (p.95), e poi tutti a nanna
.
ALOHA TENERA E’ LA NOTTE…
(ma se mi streghi tu, s’irrigidisce)