zanzisap ha scritto:
E' la prima volta che scrivo su un forum di Dylan Dog e mi scuso in anticipo se il mio intervento non è nel posto giusto, e mi scuso anche se le cose che sto per scrivere sono già state dette e ridette pari pari da qualcun altro. Offro la mia riflessione, di fronte ad un momento, quello di Dylan Dog attuale, che oggettivamente è riuscito a scuotere dal torpore anche uno come me.
Leggo Dylan Dog dall'aprile 1989, n. 31, Grand Guignol. Nell'arco di quell'anno, con un mostruoso giro di edicole in cerca di resi, recuperai tutti gli altri albi precedenti.Da quel momento, il Dylan Dog mensile è stato un rito mai mancato in oltre 25 anni di vita.
Premetto una cosa; non sono un nostalgico del Dylan Dog anni '90, e questo non è un intervento in difesa dei bei tempi andati. Certo, anche io ho notato negli anni una forte diminuzione della qualità media degli albi usciti, e il venir meno della mano di Sclavi ha sicuramente modificato Dylan Dog al ribasso rispetto alle eccellenze del primo quindicennio di vita del personaggio.
Ma anche così, il successivo quindicennio non mi ha fatto desistere dall'acquisto, nonostante i troppi albi di cui non ricordo nemmeno il nome, e di fronte ad una sostanziale crisi ispirativa che ha connotato il personaggio dalla seconda metà degli anni 2000 fino alla cosiddetta fase 2.
Poi è arrivato Recchioni. E quando fu fatto l'annuncio, io sapevo già cosa aspettarmi, almeno in linea di massima. Non c'era nessuna nebulosa o dubbio al riguardo. Certo, non sapevamo quali scelte pratiche sarebbero state portate avanti, ma quello che ci aspettava lo avevamo già visto, letto e straletto. E quel che ci aspettava si chiamava "Mater Morbi". Uno degli albi più osannati di tutti i tempi, anche dagli stessi lettori di dylan. Un albo che è piaciuto anche a me, figuriamoci. Solo che non era Dylan Dog. O almeno, era lo stesso Dylan Dog sottoposto agli attuali stress-test che sto leggendo da almeno un anno. Era un Dylan Dog destrutturato e ricostruito dal suo autore, che ne forzava premesse e psicologia per costruirci sopra una affascinante e angosciante non-storia.
Con la fase due, Recchioni ha portato quel Dylan Dog ibridato e il successo riscosso nella serie regolare, e di questo fumetto sta riscrivendo il DNA con modalità impressionanti considerato l'editore per cui lavora, un editore che da sempre si è distinto per prudenza editoriale, occhio alla tradizione e alla conservazione di una linea che da Tex in poi ha creato in Italia il fumetto popolare.
Ho sempre in mente una intervista di qualche tempo fa a Zerocalcare, (autore che apprezzo molto), in cui diceva più o meno questo: "Di fumetti ho letto di tutto, ma proprio di tutto, tranne i Bonelli". E' una affermazione molto importante, questa, perchè traccia una linea divisoria tra i fumetti Bonelli e la restante produzione fumettistica italiana e non. I fumetti Bonelli hanno avuto una impronta marcatamente conservatrice, popolare, legata all'idea di Bonelli padre e poi Bonelli figlio di un fumetto leggibile, seriale, solido, in cui a farla da padrona fosse l'avventura, la storia, senza sovrastrutture, con poco spazio agli esperimenti autoriali o sofisticate invenzioni narrative. Lo stesso Dylan Dog sclaviano, pur essendo un fumetto molto diverso dai Tex o dagli Zagor, o anche dai Martin Mystere, era comunque un fumetto fortemente bonelliano, in cui erano le storie a dominare la scena.
Io credo che la crisi dell'ultimo decennio di Dylan Dog sia dovuta essenzialmente al venir meno di storie apprezzabili da raccontare e che questa crisi ispirativa, questa assenza di buone storie, abbia messo a nudo il canovaccio attorno a cui ruotavano buona parte delle storie di dylan, un canovaccio che all'improvviso è parso risultare noioso, ripetitivo. Ma il problema non era il canovaccio, il problema era l'assenza di storie che valorizzassero l'universo dylaniano.
Ma risollevarsi con la qualità delle storie non è cosa semplice, lo ammetto. Forse, col passare dei tempi, nemmeno un aumento della qualità ti risolleva le vendite, perchè ormai Dylan è passato di moda. Ecco dunque, l'unico modo per far parlare ancora di Dylan è provocarne una rivoluzione che era necessaria forse solo dal punto di vista commerciale, ma non artistico. L'universo dylaniano non soffriva per il reiterarsi del solito canovaccio indagine/aiuto di block/tessera scaduta/spiegone finale, ma perchè non venivano intessute storie degne di nota. Basti pensare all'arrivo della Barbato, che nella sua prima fase risvegliò le storie di dylan che non passava il suo momento più ispirato, e riuscì a infondere nuova linfa senza stravolgere niente. La soluzione attuale è stata quella di mettere dylan in centrifuga, violarne la serialità facendo venir meno un personaggio storico della serie (bloch), e modificare all'improvviso la psicologia di un altro personaggio storico (groucho), introducendo personaggi stereotipati (il nuovo ispettore) o al momento muti e inespressi (la sua aiutante). E, sopratutto, risolvendo il problema della debolezza delle storie dell'ultimo dylan con una soluzione brillante: spostare la centralità della storia, della trama, del suo dipanarsi, verso le attuali non-storie ottimamente sceneggiate e disegnate, ovvero risolvere il problema di assenza di buoni soggetti con sceneggiature che li aggirassero.
Se prima, quando leggevo un pessimo albo, chiudevo il fumetto e mi dicevo: "bah, che storia fiacca, che finale banale, che soggetto poco interessante", adesso quando chiudo un albo mi dico "si vabbè, ma che è successo? qual'era la trama? c'è stata una evoluzione dalle premesse iniziali alla conclusione finale?" e spesso la risposta è no, senza che tra l'altro mi incuriosisca rileggerlo.
Il problema di questa rivoluzione, è che tra le mani abbiamo un fumetto sempre meno bonelliano. e il problema dei problemi è che in Via Buonarroti abbiano dato carta bianca a Recchioni per realizzare tutti questi cambiamenti della serie. Come è stato possibile? Davvero le vendite di Dylan erano così scarse per lanciarsi in questa cosa? Cosa dobbiamo aspettarci domani o tra dieci anni, quando magari un Tex soffrirà in edicola? Che Carson vada in pensione? Che il west bonelliano venga deformato ad uso e consumo delle nuove tendenze? Chi si permetterebbe mai di spostare una virgola della psicologia texiana? E perchè tutto questo è stato concesso per Dylan?
Sia chiaro, non ho alcuna acrimonia verso recchioni, ne leggo il blog e mi risulta interessante molto di quello che fa. Che sia un tipo insopportabile, se lo è, è un problema per chi ci lavora, non certo mio. Lo preferisco come disegnatore, certo, e il suo John Doe mi ha annoiato come pochi fumetti hanno fatto in vita mia. Ma il problema non è Recchioni. E' la libertà che una casa editrice come Bonelli sta dando a Recchioni di destrutturare un fumetto che vive da 30 anni secondo regole di scrittura che prima di adesso non erano state violate in questo modo. Bloch in pensione? Era così necessario mandare a coltivare fiori un personaggio che in trentanni era stato faticosamente costruito e modellato fino a restituirci una delle spalle più riuscite dell'intero universo bonelliano?
Per cosa poi? Per leggere l'ultimo albo, "in fondo al male", e trovare le conferme a questa nuova linea editoriale? Un albo dove la storia è piatta, se non inesistente, dove i passaggi narrativi sono veloci e incongruenti, e dove domina l'effetto visivo, l'atmosfera di fondo, le sensazioni e le impressioni, ma dove alla fine ti chiedi cosa è successo che valesse la pena di leggere 100 pagine?
Questo non è Dylan Dog. Se nella mia vita, e richiamo Zerocalcare, ho scelto di leggere Tex, Dylan e non altro, è perchè ho sempre apprezzato il valore della semplicità del fumetto popolare, della serialità, della conservazione di personaggi e universi. Altrimenti avrei comprato e letto altro.
Con Dylan Dog la Bonelli ha inaugurato un precedente che mi preoccupa. In passato, se c'erano problemi di vendite, la Bonelli non rimediava mandando il personaggio in lavatrice: cercava di risolvere il problema editoriale, se c'era, ma coerentemente con la storia del personaggio. male che andasse, il fumetto chiudeva (e di chiusure dolorose ed eccellenti ne ho passate, Magico Vento in primis). Ma Dylan Dog forse è una roba troppo grossa per chiudere ("too big to fail?"), o forse la Bonelli sta cambiando.
Quello che so, per concludere, è che se il futuro di Dylan Dog è quello dell'ultimo albo, avrei preferito che chiudesse. Perchè l'affetto sta lasciando il passo alla tristezza, quando apro l'albo e non ne riconosco più i tratti distintivi di trentanni passati assieme.
Non disprezzo il lavoro attuale, nè lo ritengo un pessimo lavoro. Ma sta andando in una direzione che non mi piace, e che in Bonelli non si è mai vista, tutto qui. Ed è una direzione che, soprattutto, non mi interessa. E che se verrà consolidata, mi vedrà molto probabilmente mollare il colpo tra non molto.
Vi ringrazio per avermi letto sin qui.
Concordo con le opinioni da te espresse, zanzisap, ma sarei meno critico nei confronti di Recchioni.
Lungi da me dal fare il suo difensore d' ufficio, vorrei soltanto ricordare che Dylan Dog, seguendo proprio quelle politiche conservatrici ( che io appoggio quasi sempre, per inciso ), stava agonizzando da più di dieci anni sia sul piano creativo che economico.
Ed in un momento di tale crisi la Bonelli ha scelto di fare un salto nel buio affidando il compito di rilanciare il personaggio ad uno degli autori più temerari del panorama fumettistico attuale.
Insomma, potrai non apprezzare le storie odierne ( e concordo con te sul fatto che spesso il personaggio sembra un perfetto estraneo ) ma vorrei domandare una cosa a te e a tutti gli altri : chi si ricorda di quanto belle erano le storie sei - sette anno fa ?
Vi siete forse dimenticati di
roba come :
Gli artigli del drago,
La strage dei Graham,
Il signore delle mosche,
Lavori forzati,
Senza trucco né inganno,
Una affezionata clientela,
Il baule delle meraviglie ...
Recchioni potrà anche non piacere ma è innegabile che, pur coi suoi difetti, stia quantomeno cercando di migliorare la situazione.
Rivolete per caso Gualdoni a ruota libera ?