Mi sa che le discussioni su quest'albo ormai sono finite, ma aggiungo un altro paio di pensieri in libertà. Ri-premetto a quanto detto in precedenza che non seguo Dyd da moltissimo tempo, non ho letto nessun albo della fase uno o due e parlerò solo di quello che conosco (ovvero il Dyd postsclaviano abbastanza avanzato, diciamo intorno all'albo 250) perché sento comunque delle affinità tra gli albi di quel periodo e le critiche sugli albi attuali che leggo qui (se poi queste affinità ci siano oppure no, lo giudicheranno altri).
Prima di tutti togliamoci il pensiero. Per quanto mi riguarda, le scopiazzature e i plagi ci sono, e abbondanti, anche nell'era Sclavi. Non so quanto consapevoli e nemmeno mi importa, ma oggettivamente ci sono sequenze molto lunghe letteralmente estrapolate da film/libri a volte molto poco conosciuti, per cui non così facili da individuare come citazioni. Questo influisce sul giudizio sull'albo? Per me sì. Non ho problemi a dire che ho ridimensionato di molto il mio giudizio su certe storie quando, anni dopo averle lette, ho scoperto che certe scene, fatte proprio in quel particolare modo e basate su quel concept di base (che mi aveva fatto pensare: ma questo sceneggiatore è un genio!) in realtà comparivano pressocché identiche in altre opere (una su tutte: le procedure di ricostruzione dei non-morti ne La Zona del Crepuscolo, letteralmente rubate - come tutto l'albo, d'altronde - a Dead and Buried di Gary Sherman: guardate qui da 1:43 in poi e se potete recuperatevi il film
https://www.youtube.com/watch?v=dWitBOJP-80 ). Non ho dubbi che le diatribe sul tema delle scopiazzature ricompariranno in mille altre discussioni, ma per quanto mi riguarda non ho altro da aggiungere.
Ora. Epoca Sclavi/Chiaverotti ed eredi più o meno presentati come tali. Del fatto che Dylan secondo me sia nato in un periodo culturale particolarmente utile e fortunato per l'horror e il fantastico ho già detto, e ribadisco anche che quel periodo è per me del tutto irripetibile. Detto ciò, il fatto che creativamente Sclavi e Chiaverotti non siano stati sempre limpidi nei loro "prestiti" non implica automaticamente che fossero anche dei cattivi sceneggiatori. In realtà erano molto abili; e soprattutto Sclavi riusciva a fondere influenze tra loro anche molto contrastanti in albi che, prima ancora che socialmente "utili" (la componente sociale di Dyd anzi è quella invecchiata peggio, ci sono albi storici che personalmente trovo quasi insopportabili) erano divertenti e coinvolgenti. Questa per me è la chiave: quella dell'entertainment, non semplicemente scacciapensieri, ma un intrattenimento intelligente che ti restava dentro anche dopo che avevi finito la storia. La cosa più bella di Dylan Dog, per me, era che cominciavi a leggere l'albo, non lo mettevi giù fino a quando non avevi finito e dopo continuavi a pensarci sopra, perché ti aveva emozionato e coinvolto. In questo coinvolgimento c'è anche una componente anagrafica, sono sicuro che molti in questo forum hanno scoperto Dyd intorno ai 13-16 anni, e quindi erano molto ricettivi al tipo di stimoli che offriva.
Se uscissero oggi albi come Jack lo Squartatore, sarebbero aspramente criticati come certe Gualdonate? Forse sì e forse no. Valutare col bilancino la quantità di splatter, il grado di improbabilità di questa o quella scena mi sembra un esercizio da tempi moderni, da facebook o da forum. Personalmente non ricordo una sola volta nella quale, a "caldo", dopo la lettura di una storia "celebre" abbia sentito l'esigenza di valutare in manera così precisa le componenti dell'albo. Sia perché credo che l'albo sia superiore alla somma delle sue componenti, sia perché quando leggevo le storie "storiche" internet non esisteva (e nemmeno 300 e rotti albi precedenti di Dyd con cui fare il paragone...), sia perché, con tutte le loro magagne quelle storie (parlo in generale eh) avevano comunque delle qualità che facevano passare i difetti in secondo piano. E secondo me la qualità principale delle storie di Dylan Dog non era lo splatter, l'umorismo, l'elemento sociale, ma la consistenza degli albi. Si aveva sempre l'impressione di avere in mano un oggetto compatto, sostanzioso, in cui l'autore si era impegnato; un lavoro ricco di stimoli, di trovate e di svolte narrative, pazienza se spesso improbabili o addirittura ricopiate da altri autori.
Ora, io non so se l'era Recchioni meriti le critiche (e le lodi che in mezzo ci saranno pure) che si sta attirando (anche se, promozionando il rilancio in maniera così forte e personalizzata su internet, aumentando di conseguenza le aspettative soprattutto su te stesso, intendo personalmente, la fustigazione la devi automaticamente mettere in conto). Però se devo paragonare il Dylan "storico" a quello postsclaviano, direi che il primo era robusto e sostanzioso, e il secondo era una pappamolla. Che il primo era scritto da degli scrittori, e il secondo da dei fan. Che il primo era l'Armata Brancaleone e Il Sorpasso, e il secondo era Benvenuti al Sud o Viva l'Italia. Il fatto che mi vengano in mente paragoni positivi con opere del tempo che fu (Risi, Monicelli) non è un caso: sono abbastanza convinto che negli ultimi anni la cultura italiana (anche quella pop, fumetti ecc) e non solo italiana sia stata vittima di un processo di depauperamento inesorabile, che ha coinvolto anche i fumetti. Al di là delle critiche sul politicamente scorretto, sulla ripetitività della situazioni, al di là di tutto questo, per me anche una storia come I quattro elementi è, detta molto semplicemente, robetta.
Nostalgia? Fino a un certo punto, perché quando qualche anno fa ho preso in mano per la prima volta la ristampa di Nathan Never in alboni di formato triplicato ho ritrovato la stessa qualità di consistenza, di forza, che avevano i Dylan storici. Non ho continuato la lettura perché non appartengo più a quel target di riferimento (l'età...), ma ciò non toglie che - sia pure con tutte le citazioni "disinvolte" pure presenti - io riconosca quella "sostanza". Credo che sia un modo di fare fumetti che ormai non si usa più, per una varietà di ragioni che sarebbe troppo lungo indagare. Ribadirò solo che per me la componente culturale ha un peso molto forte, e per "culturale" mi riferisco anche alla cultura cosiddetta alta, ai libri, alle "buone letture". Mi è sempre sembrato che Sclavi si presentasse come una specie di spugna assorbiinfluenze, ma che oltre a essere un divoratore di film e di fumetti fosse anche un lettore accanito, e non solo di Stephen King. In Sclavi per me c'è più Buzzati e Vonnegut che Fulci. Non mi interessa in questo momento impiantare una discussione sui vari livelli a cui si può presentare la cultura, letteratura popolare contro accademismo, fumetto contro Graphic novel, è un discorso fuorviante e fine a se stesso. Dico solo che oltre alla "pancia" in Sclavi c'era anche molta "testa", rifuggiva dal genere, e sono convinto che sia per questo che l'unico fumetto davvero paragonabile a Dyd sia stato il Napoleone del coltissimo Ambrosini. Ecco, senza voler individuare nomi in particolare (anche perché molti li ho ormai rimossi) ho l'impressione che a lavorare sul Dyd postsclaviano siano stati autori che erano stati in primis accaniti lettori di Dylan Dog o di fumetti analoghi, e quindi non avessero molto da offrire perché risultavano inevitabilmente derivativi. Come Zampaglione con Dario Argento, per intenderci, o Rob Zombie con Carpenter e Hooper (e questo quando proprio andava bene). Mentre qualcuno che avesse una formazione in ambiti della cultura non solo fumettistici, magari più ricchi e consistenti (sbaglio o la Barbato nasce come sceneggiatrice teatrale?) disporrebbe anche di più campi nei quali "pescare" per rinnovare il personaggio.