Non male questa storia… anche se il vero caso umano da studiare non è il marmocchio afflitto ma l’autore che ci affligge con le sue marmocchierie, da buon baco che non spicca il volo né fila seta…
Nel senso che qui il solito Gualdo si lascia andare ancora una volta alla sua personale hit list di citazionismi da sfoderare per imbastire una specie di storia, carente di soggetto, ma straboccante di auto-omaggi e sfruttamenti d’immagine.
In pratica un sotto-prodotto da
nerdismo
fanfiction-aro, come altri hanno suggerito.
Non si può neanche dire che senza questi rimandi forzosi la storia se la caverebbe più egregiamente, perché tolti quelli perderebbe ragione di esistere, e si affloscerebbe sulle sue carenze prive di ossatura.
Altrove si era limitato a camei funzionali o più giocosi, di riesumazione in riesumazione, qui invece è quasi tutto integralmente abbarbicato a qualche retrologismo storico in vena di riscaldata, nel microwave del rimestamento meccanico
.
Non ci facciamo mancare nulla dal menu. Coperti compresi.
In disordine sperso (nella memoria):
A parte questo l’albo ha i suoi pregi, nell’appeal “umano” emozionante e nella rappresentazione di alcuni orrori.
La sceneggiatura ingrana molto bene per tensione/avvicendamenti – eccetto l’ultima dozzina di pagine – e i disegni sono davvero piacevoli (con riserva).
Complici anche certe revisioni recchioniane, da Ottobre in poi ho avuto poco da recriminare sulla serie regolare… eccetto che per l’isola daa munnezza di Mignacco (Gennajo) e la ninfetta reclusa di Marzano (Marzo). Mi sembra una media alta a conti fatti, rispetto alle stagioni precedenti, ed un buon segno per il futuro prossimo non-deteriore
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Se non vi deteriorate le diottrie residue posso pure scrivere qualcosa più nel dettaglio:
^^^^ SPOILER ^^^^^ SPOILER ^^^^^ SPOILER ^^^^^Vabbé, si era capito già da pagina 11 che la Morte c’entrava qualcosa [
ancooooooooora ] e che si puntava alla massime aforistiche di vita (o Vita) per tirarsi fuori da questo nuovo impiccio architettato su misura.
La parte (melo)drammatica punta a decantare sul magone facile… ed in parte ci riesce facendo leva sui tasti classici ... anche perché trascina pienamente il lettore nel per-/de-corso di un lungo calvario, ora clinico, ora umano, ora quasi mistico – v. scena della chiesa.
Sono le cose più riuscite, non c’è dubbio: la tragedia della perdita di un figlio lascia sempre il segno, e vissuta sulla pelle di Dylan non poteva che calcare certe angosce -
anche se Bloch non menziona Virgil. Almeno qui una citazione ce la siamo risparmiata. Fffiuu .
L'anima della storia quindi è proprio questo
iter-calvario di lancinante sofferenza, mano nella mano, padre-figlio controtutti, che porta da un malore in classe all'obitorio, passando per l'infermeria scolastica, un pronto soccorso, un reparto di medicina generale, ed uno di malattie infettive
.
Quel ping pong tra dottori imprecisanti e reparti irresponsabili - un orrore molto reale, ahinoi
- verso un'escalation ruvida di impotenza e fatalità, sembra quasi un richiamo ospedaliero alla burocrazia asfittica ed indisponente del
Modulo A38, rimbalzata su un' ambientazione da
Mater Morbi.Il dolore di Dylan non cede mai allo stucchevole, specialmente quando ha il coraggio di ammettere le proprie paure (p.25) o quando gli tremano le mani davanti ad un telefono in auspicio di cattive notizie (p.71)
Lo stesso non posso dire del suo appello accorato alla Morte (pp.82-83), che suona abbastanza... a morto, per inutilità. Ma almeno si ricconnette al Cristo crocifisso ed il suo personale Calvario, sul Golgota, in sacrificio.
Molto buono in parallelo anche il dramma della memoria/perdita - che ostacola la vita -
nella famiglia Shore.
Alla fine il vero auto-plagiato (e raggirato) è lui, mentre nella consorte persiste la "sana" ombra di una maternità ancora in vita
.
Splatter inserito a fatica, per ragioni quasi decorative o comunque collaterali (incidente ad Amelia, scuola di mostri, decapitazione in casa Shore)
.
Dialoghi rivisti...e si vede... ma certe battute di Dylan ad effetto (ricercato) mi sembrano un po' forzose e rigide, nello snaturalizzare certi scambi. Come "figlio di satana" (p. 27) "mio figlio, il mostro" (p.30).
Ed anche Johnny sfoggia spesso un frasario semiforbito, non adatto alla sua età...
Come già detto, puro fanservice gualdoniano il ricorso allo stesso ospedale di
Fra la vita e la morte ..."ekkitiritrovo!" nei sotterranei allucinati (pp.42-47). Un Cameo tira l'altro. Come le torte, in faccia.
Pessima (se non ruffiana) comunque l'idea di chiamare il pargolo proprio Johnny e rifarsi furbescamente a quella pietra miliare
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Per come la vedo io qui Dylan è un padre troppo "riuscito" ed, a parte qualche siparietto imballato, vive la convivenza col figlio - prima della malattia - in modo sin troppo dinamico ed empatico/comunicativo.
Me lo sarai immaginato più inettamente confuso, tra conflitti ed incertezze. In più tra vertenze alternative-style ed imborghesimento di routine risulta ancora meno credibile.
Abbastanza ridicolo che Dylan viva la sua paternità nella completa trasognanza..... e non pensi/accenni mai da quale utero sia uscito il pargolo, che altrimenti sembra piombato da chissà quale volo di cicogna lowcost, come bagaglio in eccesso… o trovato sotto i cavoli…a merenda. Sempre meglio del McDonald!
L'uscita isterica (di scena, ammazzata) di
Amelia ha un senso, nonostante la caccia-allo-stereotipo messa su da
Bertuccia&co.
La reazione assurda - quindi non tanto stereotipata, al massimo fictionalizzata - è un segno della sua debolezza fuori dal coro. E lo ammette lei stessa, tra un'ipocrisia e l'altra, nel passeggiatino squilibrato di rimpianti
post-coitum-interrruptum (dall’imberbe)
.
La sua morte non è così arbitraria ed ha un senso fra le righe: primo perché è introdotta da un Dylan bello che divanato mentre annuncia che “l’orrore sta per cominciare” al figliolo (p.9).
Secondo perché richiama al bisogno di sentirsi viva di Amelie (p.12.v) mentre la Morte aleggia alle sue spalle… e proprio la sua, di morte, con un cric per ammutolirla, garantirà al pirata della strada di farla franca… e non compromettersi la sua, di vita.
Un giochetto di richiami alla dipendenza Vita-Morte che sarà riflesso a breve nei traumatici guai della famiglia Shore
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Abbastanza insopportabile il solito vecho (malato) mysterioso in vena di dritte (pp.54-55)
Perla di sciocchezzeria clinica la sindrome del cigno - - seee... sull'Avon
Su Groucho non ci siamo: troppo teso, asciutto e cattivello. Davanti ad un bambino sofferente dovrebbe buffoneggiare un po' di più, sorridente... col nasino alla Patch Adams? Magari facendo tesoro delle sue ultime esperienze in un certo circo...
Lo spiegoncino finale non pesa più di tanto, ma ha l’aria insipida del solito escamotage topolinesco partorito dopo una montagna di accidenti
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In più si copre di ridicolo, aggravando la posizione dell’orchestratrice di tutto quanto.
Per salvare un matrimonio derelitto, in pratica, la geniale Vita induce Dylan al quasi suicidio, fa rivivere due volte al bimbo lo stesso calvario, e ottiene un massacro familiare mica da poco
.
Non mi meraviglio se nell’ultima pagina, al cospetto di una Vita di strazi così cialtronescamente sciagurata, persino la Morte appaja un’opzione saggiamente preferibile.
******Martinello: buon esordio sulla regolare, ma ci perde un 30% rispetto alla versione a colori.
Il tratto è appesantito e le dimensioni della gabbia Bonelli rimpicciniscono troppo le sue creature, facendole soffrire di sovraccarico d’inchiostratura. Certe sfumature sgrattate sembrano invece a livello di matite pre-china.
Quando è più pulito si difende con molto stile (pp. 52-53)
.
In alcuni casi sembra un
De Vincenzo un po' più cartoonesco (pp. 13, 26, 32, 36, 67), in altri più adatto a
Dampyr, come "dark mood".
Johnny ha un testone troppo grosso - come molti bambini a fumetti - e per Dylan si insiste sulle stesse espressioni poco riuscite (specie quelle di stupore, a dozzine) - p. 10.iii; 17.iii; 27.v; 31.v; 36.i; 48.i; 50.v; etc.
La notte che cala mestamente sul maggiolone sonnolento poteva essere resa trenta volte meglio... qui sembra roba made in Cossu (p.65)
Confusione sui generi: nei paesi anglo-germanici la Morte è un'entità maschile. Nell'italico Dylan ovviamente è una lady. Ma perché rappresentare ancora la Vita con quelle fattezze maschili se non asessuate? Nun me garba...
Ottime comunque le scene d'orrore nella scuola (pp. 20-21), lo scontro contro l'aborto di Hicks, la battaglia persa contro la malattia (p. 36)…
…e Mrs Shore in stivali e lentiggini (p.25) all'uscita da scuola
è un vero schianto. Avrei volentieri rinunciato a mia madre, all'epoca, per una tipa così che mi venisse a prendere...
Mi ha ingannato con Goldrake (p.9.vi), ed il controller del preistorico Atari, facedomi presagire uno sbalzo temporale non-detto perché a pag 19 nella stanzetta di Thomas compare una Wii, un Transformers gigante generazione 2000, ed un poster dei Radiohead.
Ma forse anche Dylan vuole un figlio più vintage; lo dice più tardi per l’isola d’ Y'd. E magari gli farà pure ascoltare i Deep Purple
.
Copertina buona per il concept, abbastanza pauroso, meno per la fattura. Non evasa.
Come per il mese scorso acquista spessore solo dopo la lettura. Non refusa.
******Adesso vi lascio perché sono scivolato su una medusa lasciata a macerare sulla sabbia ed al pronto soccorso non sanno dove mandarmi, visto il braccialetto etnico multicolore che porto. Prevedo una lunga degenza.
ALOHA REPARTO PATERNITA’