Sono appena tornato a casa dal freddo, e visto che mi ritrovo ne approfitto per spedire il post già da tempo congelato ma a cui mancavano colori e faccine
.
La mia faccina intanto non è smunta per niente dalla delusione, visto che la birra mi riscalda le gote senza pudore: tanto mi aspettavo, e tanto ho trovato… cioè dei disegni molto belli ed una storia che lascia bellamente a desiderare.
In questo senso sono del partito di
Cyber, di
Bertuccia – con cui ho avuto parecchio da ridire il mese scorso sui dialoghi di GDG
– e di
Dogares.
Pur trattandosi di Neve questa storia fa acqua (liscia) da molte le parti, e per arrivare alla sufficienza non gli basterebbe neanche una raccomandazione dalla P4… anche per rispetto ed onestà verso le bordate
che non sono state risparmiate a Mignacco e Di Gregorio per i due precedenti albi.
Almeno ha un valore esemplare per i posteri: è il genere di storia che non voglio più rivedere da qui all’eternità nelle prossime gestioni… e vale anche per i nipotini dei miei nipotini. Son ragazzi svegli, eh…
******
SPOILER _____SPOILER_____SPOILER____SPOILER______SPOILER
Molto bella e fiabesca l’introduzione: nelle segrete di chissà quale laboratorio segreto, l’incantevole creatura si risveglia stupita dal suo sonno senza sogni per bussare alla vita, dietro un vetro di bollicine. Le bollicine si solidificano in cristalli di neve; non ne esiste uno uguale all’altro, non è possibile clonarli.
Ma questo candore è destinato a sciogliersi sotto l’impatto di una Londra estranea, caotica e feroce, di cui l’ignara fatina finisce preda prima di capirci qualcosa
.
Fin qui tutto bene. Poi ci tocca confrontarci con l’insopportabile maleducazione non richiesta (ed inverosimile nella sua idiozia) della bobby-ona thatcheriana,
che se vede un capezzolo a petto libero sotto un cencio (p.10.iii) giustamente pensa ad una straniera tossica che dovrebbe sfilarsi i documenti da nondicodove (
), ma che cade di pieno culo alla prima gracile spintarella innocente, perché non sa pattinare sul ghiaccio
.
L’unica unità di supporto per fermare la nostra ardita criminale albina giunge dal maggiolone del serviziosociale in pattuglia da quelle parti… ed il gioco è fatto. Almeno Dylan dimostra di possedere un neurone in più della vigilessa poco vigile, e quindi capisce subito che la fanciulla innevata è nei guai e parecchio sotto shock
.
Non si capisce per quale proprietà estetica debba improvvisamente mettersi il rossetto (p.13.iv), mentre s’intuiscono subito i gusti tremendi di Bloch nell’infilarsi quel gilet a rombi che gli fa un panzone da otaria pezzata (p.15)
Scopriremo che la ragazza è senza linguaggio, senza identità, senza polpastrelli, e senza organi sviluppati. Un motivo in più per proteggerla o per approfittarne?
Non saprei, ma mentre il Dottor Chrichton spiegava che il suo polso era quello di una (almeno) maggiorenne (p.18) ho temuto che questo fosse un alibi per la futura ravanata di Dylan col piccolo fiocco smarrito. Insomma, piccole donne hanno da crescere….
Ma prima diamogli un nome almeno! E sotto la neve, la nostra soffice creaturina trova un nome appropriato, mentre ci vengono mostrati con una certa delicatezza naturale a Nizzoli tutte le sue pose spaurite e apprensive, come l’emozione davanti alla neve e l’attaccamento alla coperta di Linus
.
La coperta della sceneggiatura è invece abbastanza corta e lisa, se dopo l’infermeria di Scotland Yard
ci tocca subito incastrarci ancora tra i camici del Nonsoqualhospital per una lunghissima e sbrodolosa macro-sequenza che impantana quasi metà albo.
Si comincia malissimo con i referti della TAC e gli illustri luminari della faciloneria che spacciano da subito un essere umano artificiale per un clone, così… a prima vista(orba), su due piedi(zoppi)… senza capire neanche di che stanno parlando, come d’altronde Bloch che s’indigna aggratise peggio della casalinga sbirra più bacchettona di Voghera, per una sparata a tutto gas contro la clonazione umana che (cit.) “
va contro ogni legge. Dobbiamo trovare i criminali che hanno compiuto questo abominio!” (p. 24.vi)
La pecora Dolly se ne rincresce sinceramente. Le Love Dolls riprodotte in serie per far da ovine un po’ meno
.
Ancora più sgangherata la coerenza dei nostri dottoroni, che invece di tenersi il fenomeno stretto in esclusiva,
non vedono l’ora di spiattellare il notizione a reti unificate, senza prima aver fatto una qualche ricerca approfondita di contorno (p.26.ii).
E Bloch fa malissimo a scommettere i suoi trenta denari (p. 26.vi) sull’affidabilità professionali di questi giuda imparruccati
.
Dylan grazie alle neve copiosa trova una scusa per ritrovare quella copia di Neve, visto che tempaccio e giacchetta non vanno molto d’accordo, e la salute è importante… come scansare un’ambulanza non ancora per te, né molto salutare tra i reni (pp. 28-29).
Abbastanza superfluo il dialogo con Chrichton sugli sviluppi del caso (pp. 30-31).
Mentre loro chiacchierano del poco più e del molto meno, va in scena un tentato rapimento che non lascia rapiti i sensi, ma almeno ci mostra un Dylan piuttosto abile nell’arte marziale del lancio del cestino (da 3, senza lunetta, p. 33.iv) ma non quanto basta per non beccarsi dei bei calcioni, mentre
la security più imbe(ci)lle del millennio (p. 35.i) assiste a codafralegambe – però a pistola sguainata! – mentre i farabutti di turno se la svignano senza il maltolto, ma con un’ambulanza in più come indennizzo per le spese .
La sagacia di Dylan se non altro ci ajuta come depistaggio, pensando che i mandanti fossero i creatori della fanciulla albina, salvata per due volte in meno di ventiquattr’ore dal nostro Old Boy/angelo custode – di un altro angioletto, che ronfa.
Non c’è due senza tre diremmo noi?
No, perché Neve non sa ancora contare, come non contano granché i reparti speciali-commandos messi a guardia della sua incolumità, che si fanno infinocchiare peggio dei
Kakkientruppen di
Gianfranco D’Angelo da un elicottero da troupe televisiva – d’assalto – e che si dilegua tranquillamente alla chetichella nella campagna inglese,
senza pensare di venire intercettato, rintracciato dai satellitari, o dirottato da uno stormo di oche stridule di Sua Maestà (pp. 52-53) .
Ma forse la Corona inglese non dispone più dei mezzi per questi inseguimenti da film action, vista l’austerity di Cameron ed i radar tutti puntati su Kiev.
La bella figura mediatica (p.54), intanto, andrà in onda per la gioja di Putin che potrà rapire quante Pussy Riot vorrà dal Regno Unito, viste queste misure
.
Tra il mancato ed il riuscito rapimento, finalmente Dylan ci fa prendere un po’ d’ossigeno dopo la clausura ospedaliera, ma solo per 2 pagine casalinghe (pp. 40-41) di intermezzo grouchiano – a tema con la neve – ed un excursus nel parcheggio per spalare la medesima, ma senza pupazzi
.
Tremendo, per l’infornata di luoghi comuni a scatafascio, l’assalto dei giornalisti-pupazzeschi con i loro domandoni sulla bioetica, come abbastanza imbarazzante l’arrivo dei nostri dottoroni in odore di Nobel (pp. 45-47) che fanno il loro ingresso trionfale con tanto puzza sotto il naso, annunciando soltanto che il soggetto in causa [
i.e. Neve] rimarrà da loro e… no comment.
Persino Mourinho era meno canaglia nelle conferenze stampa
.
Passa un mese e la bufala mediatica si ammuffisce in una pizza, mentre gli scienziati cattivacci sferruzzano sulla povera Neve (pp. 57-59).
Sconfortante per implausibilità della faccia tosta tutto l’ardire che sfodera il duo Chrichton&Scottfield nel ricattare immondamente Dylan per indagare sulle candide origini di Neve – io gli avrei risposto come l’
Arcangelo Gabriele “Dal cielo. Da dove volete che provenga la Neve? Amen e Spirito Santo”
Sarà che almeno ci vieni risparmiato il “
sentimentalismo d’accatto” di Dylan (p.62.vi), ma il cinismo da operetta di Lady Pharmapix elemosina solo reazioni scontate & pataccare, mentre la rinata ambizione professionale di Chrichton suona balbettante ancora prima di aprir bocca.
Infatti la sua parola non vale nulla, e glielo ricorda pure l’indignato Dylan (p. 65.vi)… che però si fa mettere spalle al muro da questa storiaccia, per quanto in altri tempi avrebbe preferito metter spalle alla libreria Mrs Scottfield ed approfittare della generosità “intima” offerta dalla Pharmaphix (p.66)
La scena seguente (pp. 67-71)
è probabilmente quella più suggestiva dell’albo, tolte le prime/ultime pagine: l’anima persa (in sogno) di Dylan vaga sotto la neve dei parchi per trovare la sua, di Neve, che intanto prende magicamente forma da un cumulo senza vita e chiede riparo dal freddo.
Soltanto per qualche attimo però, perché la giacchetta di Dylan non basta a darle quel calore che le servirebbe, e l’indifferenza dei gelidi uomini-pupazzo finisce per farla dissolvere nella tormenta
.
Una coperta da scoprire e si passa alla indagini vere e proprie.
Cadenzate e ripetitive, come il metodico gironzolare per tappezzai del nostro, ed il ping-pong di osservazioni da parte dei suoi pedinatori,
che ci provano in tutti i modi a far i simpaticoni alla film di Tomas Milian, ma il più delle volte sforano nel patetico coi loro scambi telefonati in pre-selezione.
Fortuna che Groucho sblocca un po’ quest’empasse con un tè caldo a domicilio in auto, ma non ci è dato sapere se i due delinquenti hanno restituito dopo il servizio in ceramica
.
La loro idiozia persevera nel pedinare Dylan nonostante sappiano che lui ha mangiato la foglia, e per il colmo dell’ironia modello
Una Affezionata Clientela, la poliziotta ex-stronza finisce per empatazzire pentita con Dylan, rifilando una bella multa ai suddetti, come in ogni buona gag di fiction per famiglie riunite nello sciroppaggio submentale
.
La scampagnata dell’Old Boy nella fabbrica di tessuti dismessa/malmessa da decenni – un non-luogo nel cuore di Londra, dove ogni centimetro quadro edificabile è manna che gronda oro – rimane piuttosto mysteriosa (pp. 83-84) grazie al gattaccio di passaggio, come sono misteriose le indicazione che dà ai due sgherri in vista dalle resa dei conti più placida – e candida? – del decennio.
Tempo un pajo d’ore ed ecco la rimpatriata nel sottoscala per ascoltare Dylan che vuota il sacco sul gabinetto alchemico… mentre io stavo per tirare lo sciacquone nel timore che apparisse il nano malefico cocco-di-De Nardo o qualche passaggio segreto di routine
.
La Scottifield è abbastanza chiusa mentalmente ma abbastanza determinata da superare i problemi alchemici con un buon filologo che gli ricostruirà il testo originale (p.89).
Non basta: Dylan frega tutti prima col bluff delle pagine eliminate e poi con la soffiata alla polizia, per quanto il parapiglia dopo
l’irruzione sia dia una goffaggine sperticante alla ScoobyDoo (p.91), con quel colpo gratuito contro BianchissimaNeve ed il tomo scagliato sulla testaccia marcia di Lady Pharmapix. Speriamo abbia buoni sconti sugli analgesici, in prigione
.
Ricostruzione tiepidina di Dylan che spiega come è arrivato a risolvere il caso, partendo da un lenzuolo, anche se è storicamente
accurata la presenza di rifugiati ugonotti presso le filande di Shoreditch tra XVII e XVIII secolo, e quel tono un po’ arcano potrebbe anche incuriosire… con un certo ritardo
.
Insomma, senza sorprese rispetto al prologo nel sottoscala, alla fine la nostra homuncula del-
La
Neve - aaaah… ecco chi mi ricordava il gabinetto alchemico e certe sinfonie letali
– è nata dal nulla per un esperimento di secoli fa, ed è destinata a sparire mestamente nel giro di pochi giorni, senza capire nulla di ciò che la circonda, come la crudeltà di chi non la può capire
.
Io intanto continuo a non capire che bisogno ci fosse di inserire un accenno ai
mysteriosi “nemici della conoscenza” – alter ego posticci degli
Uomini in Nero Sotto la neve si notano di più…– che dovrebbero aver ostacolato/oscurato l’opera dell’ambizioso alchimista e lasciato in sospensione liquida Neve per un tempo imprecisato.
Una traccia lasciata nelle neve da non percorrere all’indietro, perché inutile
.
Delicato nel silenzio l’epilogo: anche con tuta&sneakers la magnifica fanciulla non può fare a meno di provare freddo, quando l’ultimo abbraccio con Dylan se la porta via, in dissolvenza, come la neve innocente che non si posa.
*****Soggetto: 5+Non è male l’idea di partenza, quella di confondere alchimia con clonazione pseudo-scientifica… ma alla fine il fascino dell’
homunculus innevato si scioglie in una brodaglia di mandragola, trascurando i possibili risvolti horror di cabala&bisturi per confezionare invece una favoletta saporita di
delikatessen solo ai margini – prologo, epilogo, e sogno nella neve
.
Questa eco fiabesca ha il pregio di viver di suo senza affidarsi al fantasy, ma trova spazio solo a (minimi) sprazzi, per poi dilagare nel qualunquismo poliziottesco a più non posso… sfiancando verso la bojata quel poco di atmosfera centellinata in precedenza
.
Sugli esprimenti farmaceutici alla “
Nathan Never” sono d’accordo fino ad un certo punto: bastava leggersi un pajo di albi decenti e qualche idea migliore si poteva scroccare, per le basi della storia… mentre i soliti mostri disumani della case farmaceutiche ormai fanno più paura nella realtà che in queste bagattelle annacquate (v. scandalo Avastin)
Neve qualcosa d’interessante lo possiede in sé, ma non ha il tempo/modo di esprimersi, e dispiace.
Alla fine se si parla di storia commoventi sotto la neve, preferirò per otto vite+reincarnazioni quella dell’alieno in
La Quinta Stagione.
Sceneggiatura:
4 ½Note ancora più dolenti, e mi sembra strano perché di solito Marzano scarseggia in idee di base, ma poi se la cava con buon mestiere di sceneggiatura
.
E’ vero che abbiamo una “diversa” braccata come tante se ne sono viste a decine su Dylan Dog, ma qui non c’è l’inseguimento perenne a tenere alta la tensione: la suspense è davvero da coma diabetico, piatta, liscia come una birra andata a male, prevedibile, senza ambiguità, naif di ripiego, e non per vocazione
.
Castrante la gestione per blocchi, che vede l’intreccio bloccato sino all’asfissia tra uffici ed ospedale (pp. 15-59) senza che qualcosa di dinamico prenda corpo, e togliendo spazio al “macabro” che meritava più variabili.
Sulle fasi action mi sono già espresso sopra… e meglio rinunciare al bis.
Lo spiegone non è malvagio in sé né tanto dettagliato sul mystero, quanto sulle mosse e le ragioni delle mosse di Dylan, ricucendo in extremis la coperta di stracci logici (e logori).
Dialoghi telefonatissimi ma che hanno il merito di essere abbastanza brevi, comprimari di pongo-velino quando non beoti o zotici, Bloch inconcludente e Groucho in discreta forma.
Su Dylan non saprei che dire: siamo alle consuete tirate retoriche contro vivisezione, essere≠oggetto, e bieca inciviltà. Ma lui è fatto così, e sembra che ormai sia un alibi per gli autori accomodarsi su questi ritornelli sermoneggianti o pre-riscaldati per imbastire le sue scarse attività dottrinali
.
Disegni: 7 ½ Strano, ma non avrei mai pensato di scendere sotto l’otto per Nizzoli, dopo i fasti di
Napoleone e
La Dea Madre .
La storia qui non lo ajuta perché spesso confinata tra anguste stanze dove prevalgono i vuoti sterili e le inquadrature di circostanza.
Ho l’impressione che si sia un po’ troppo risparmiato nel non slanciare i personaggi e nel renderli poco dinamici. L’effetto rimpicciolimento legnoso rischia di avvicinarlo a Cossu, per quanto la qualità plastica e di tratteggio sia imparagonabile.
Incantevole Neve è dir poco, come la soavità innocente delle sue espressioni. Ancora più bella con i capelli mossi sott’acqua, e con quella sua boccuccia sempre socchiusa
.
Viceversa Dylan mi sembra abbastanza monoespressivo e troppo ringiovanito in chiave Dall’Agnol (pp. 15.i, 24.iv, 30.i, 32.iv, etc).
Ho notato anche qualche tentativo di mescolare le carte della gabbia bonelliana e svariare sul suo scheletro (pp. 31, 57, etc)
Resta comunque un grandissimo acquisto, e se lasciato a pieno ponteziale (v. laboratorio alchemico, scene sotto la neve, dettagli di Londra) offrirà sempre un eccelso contributo alla testata
.
Copertina: 8 ½ Già detto tutto da voi. Sublime applicazione del tratteggio.
Unica micro-pecca logica: se Dylan porta il colore in questo luogo grigio fuori dal tempo/realtà, lo deve portare per intero: non solo solito rosso della camicia strainsistito dalla recente gestione; anche jeans, pelle, & Clarks appartengono al suo mondo
.
******Adesso vi lascio perché prima di addormentarmi devo capire se quella là fuori è neve mentre scivola all’orizzonte, o la traccia alchemica lasciata dalla mia forfora dopo aver arraffato dal tavolo accanto il capello di una tipa che ho visto al bar, nella speranza di clonarla un giorno tuttaXme. E se fosse stato di un bikers zazzeruto?
ALOHA MEGLIO SOLI CHE (MAL) SDOPPIATI