Questa storia soffre di diverse problematiche, a mio avviso.
Se Ambrosini era da rispolverare in quanto Ambrosini, e Enna in quanto Dall'Agnol [il contributo di Enna l'ho trovato molto meno incisivo della sua controparte grafica], in questo caso, e non me ne voglia il simpaticissimo Cavaletto, si poteva lasciare tutto in magazzino senza troppi patemi.
Non perché la storia in sé sia orribile, anzi, ma ha davvero poco di particolare da offrire, se non "sesso, tette, culi e sangue", sui quali tornerò dopo.
Cavaletto è l'aurea mediocritas, l'autore che non stupisce mai, né in positivo né in negativo.
Alle sue storie darei sempre lo stesso voto, dal 6.5 al 7. Il che non è necessariamente un male, ma secondo me dovrebbe osare di più, e non solo fra le lenzuola o con i globuli rossi.
Parto dal soggetto, che ho trovato poco corposo e relativamente privo di spessore.
Il sonno è un tema molto interessante, che può godere e vantare molti angoli possibili di lettura, fra i quali quello mitico.
E infatti viene tirato in ballo Hypnos, che però mi è parso un palliativo, un'excusatio non petita per aver ridotto il tema al solito complotto medico-governativo di turno ai fini dell'acquisizione del potere assoluto.
Quando è subentrata la vicenda dei due killer [relativamente presto] ho capito dove voleva andare a parare il tutto, e la vicenda ha perso molto del suo mordente, già in principio di zoppicamento per la ripetitività dello schema di fondo [come ha già sottolineato Cyber Dylan].
Un altro problema fondamentale, che si riallaccia a quello precedente e getta un ponte sul discorso sceneggiatura, è che gran parte della vicenda, o almeno il suo nucleo essenziale, rimane inspiegato [perché i sonnambuli si ribellano ai loro aguzzini?] o, ancora peggio, vive di coincidenze incredibili, che vengono addirittura evidenziate esplicitamente dai loro protagonisti [pag. 95, la confessione allucinatoria].
Insomma, sembra tutto tirato via un po' a caso e messo insieme con la colla, in funzione delle scene d'impatto, che rimangono a loro volta fini a se stesse: la scena del "bruxismo collettivo" è resa davvero molto bene, ma... Perché? Cioè, perché tutti bruxisti all'improvviso, se non per buttarci dentro un momento angosciante quanto gratuito?
Stessa cosa la scena di sesso finale: intrigante [per quanto solo onirica], ma all'inizio mi sono chiesto chi fosse la bionda, perché fra Elisabeth e Dylan non c'era stato alcun collegamento malizioso o erotico, fino a quel momento. Sensazione di straniamento acuita dall'intuizione post-coito di Dylan, davvero poco credibile. Ma appunto, essendo uno scenario onirico si può anche deporre l'arma logica.
Il punto è che la maggior parte delle scene di "sesso, tette, culi e sangue" mi sono parse significativamente troppo invasive, nel senso che la loro pregnanza superava di gran lunga le motivazioni che le reggevano e nutrivano. In sostanza: storia in funzione di singola scena, e non il più sensato contrario.
Mi soffermerei ancora un istante sul quartetto divino, quattro elementi che, né presi singolarmente né collettivamente, hanno fatto la storia di Dylan, se non retti da una storia adeguata. Non vorrei che si esagerasse, o li si usasse come horror vacui, dove il vacuo è lo spessore della narrazione principale.
Per quanto riguarda la sceneggiatura, vorrei mettere in luce un altro elemento di particolare fastidio, un trucchetto consueto ma molto poco onesto: se una donna decide di uccidere il proprio partner simulando un attacco di sonnambulismo omicida o una sorta di possessione demoniaca, cosa farà, nel concreto? Agirà, urlerà, e ricostruirà a posteriori la sua versione dei fatti.
Qui invece, per depistare il lettore, viene costruita la scena
come se effettivamente l'omicidio fosse stato involontario: la donna si risveglia, si spaventa alla vista del sangue e del coltello, e così via.
Avrei fatto iniziare l'albo direttamente con un urlo, per non cadere in questo sotterfugio piuttosto evitabile.
Certo, partendo dall'urlo non avremmo avuto la scena di sesso... Ed ecco che si ricade nella storia in funzione della scena cool [con tanto di cul, in questo caso].
Lo stesso identico trabocchetto fu utilizzato dal fu Gualdoni nella sua Banshee: all'inizio, se non ricordo male, viene mostrato un omicidio compiuto da una creatura sovrannaturale e svolazzante, quando poi, in realtà, trattavasi di delitto puramente umano.
Cerchiamo di riprendere dal passato le idee migliori, se possibile
Messa così, la vicenda si riduce ad un divertissement effettivamente abbastanza nostalgico [le atmosfere, complice anche il tratto di Dell'Uomo, ammiccano spesso e volentieri ai bei tempi andati], ma tutto sommato non imperdibile. Un antipasto gradevole, moderato e di basso profilo di quello che sarà il nuovo corso.
Invertendo il peso specifico delle singole scene e della trama effettiva, secondo me, avremmo ottenuto un altro risultato.
In chiusura, parlando di Dell'Uomo, una prova di valore, ma a tratti altalenante: Dylan e Bloch, in alcune vignette, sono quanto di più brutto sia mai comparso su queste pagine.
Di contro, gli esterni, i nudi, l'assalto finale, la catatonìa dei sonnambuli, alcuni stacchi e angolazioni di ripresa e l'atmosfera generale sono resi a pieno.
Dell'Uomo a mio avviso è una risorsa da mantenere, ha ancora molto da dire e da dare.
VOTO: 6,5