Lette anch'io tutte e tre. Per me un Maxi da 7; non li rileggo da anni (con la rilettura sono ancora piantato al '6) ma di primo acchito lo annovererei tra i migliori.
Passando al dettaglio (possibili, ma non fondamentali, spoiler):
CHIAMATA DALL'INFERNOLa storia della Barbata pareva, sulla carta, quella più prevedibile del lotto. Paolo invece ci frega tutti: scherza dichiaratamente fin dalla prima vignetta con il tema, abusato dall'horror giapponese, e imbastisce una sceneggiatura irresistibile con abbondantissime dosi di grottesco e ironia, come credo mai nella sua produzione dylaniata. La voglia di proporre qualcosa diverso dal solito si nota anche dall'atteggiamento di Groucho, dall'insolito ruolo di "assistente" di Jenkins e soprattutto da Dylan, preso in giro (l'acconciatura alla Elvis
) e fatto fesso alla fine.
Tante, tantissime citazioni da albi precedenti faranno la felicità dei nostalgici come me, vedasi in particolare le pagg. 66 e 70 (bravi M&G). C'è spazio anche per un momento di grande atmosfera, vedasi incontro tra Dylan e suo storico avversario. Interessante, non solo per la gnoccaggine, il personaggio di Cecilia Sanchez: speriamo di rivederla all'opera in futuro.
Ah, altro particolare insolito per la Barbato: la "doppietta" di Dylan! Anche in questo caso mi pare trattarsi di prima volta in una sua storia, se non ricordo male.
VOTO 8
LA VERITA' SOMMERSAOmaggio di Marzano al mitico "Fog" di John Carpenter. Delle tre è la più scontata, si capisce presto dove si andrà a parare. Però non è scritta male e gli zombi nella nebbia disegnati da M&G hanno fatto palpitare il mio cuore dylaniato nostalgico di Inverary; vederli emergere dall'acqua è poi un bel momento horror. Interessanti anche alcuni primi piani del "dinamico duo".
In sintesi una classica storia da Maxi, che paga la sua prevedibilità. Voto: 5,5
VITE GEMELLEInteressante idea di Gualdoni per questa storia dal vago sapore chiaverottiano. All'inizio, confortato dall'incipit in metropolitana, avevo ipotizzato una trama in stile "Sliding Doors", invece si va subito a parare da tutt'altra parte. La sceneggiatura testimonia lo sforzo di Gualdoni di creare un'atmosfera vecchio stile, grazie anche all' utilizzo di espedienti surreali, finti flashback (la scena del cinema, ottima trovata), strizzatine d'occhio ad albi del passato e il momento nostalgico col vinile di pag. 235 (particolarmente riuscito a apprezzato dal sottoscritto). Gualdoni però cede a ridondanti tentazioni, così come capitava proprio al buon Chiaverotti e imho esagera citando
del tutto inutilmente nell'economia della vicenda. La soluzione del caso è tenuta ben celata e, grazie ai pochissimi indizi disseminati, rimane praticamente insolubile per il lettore sino alla fine; peccato si scada un po' nella banalità a pag. 289.
Voto: 7+
Prova di Montanari&Grassani in generale a livello dei precedenti Maxi, con però alcuni piccoli guizzi di bravura dei tempi che furono che la rendono accettabile.