Rieccomi a commentare le storie (che finora ho letto solo io, pare!). Forse c'è qualche piccolissimo SPOILER, ma niente di che.
L'avamposto: storia ben sceneggiata dal curatore Gualdoni, sebbene il suo stile sia un po' troppo piatto (nel senso che la narrazione non subisce scossoni, né ci sono momenti di forte tensione). L'atmosfera non è male, l'insieme si lascia leggere e il colpo di scena finale è talmente prevedibile da risultare sorprendente (ovvio com'è, l'avevo scartato subito). Prevedibilità del soggetto a parte, ammetto che lo stile di Gualdoni, che definirei garbato ed elegante, non mi dispiace.
La nave nera: a Marzano manca la fluidità di Gualdoni, e la storia procede a saltelli, alternando sequenze gradevoli ad altre abbastanza pesanti. Anche in questo caso, lo sceneggiatore sceglie la via della prevedibilità (i personaggi che sembrano subito cattivi poi lo sono davvero), e anche in questo caso non me lo sarei aspettato (ero in attesa di chissà quale colpo di scena o ribaltamento... Che volete, ieri andava così). Sebbene non sia stato sviluppato al meglio (almeno per i miei gusti), lo spunto di partenza è molto interessante, e mi ha fatto pensare alle recenti storie di Cavaletto. Una curiosità: anche in un romanzo (splendido) che ho letto di recente, Drood di Dan Simmons, si parla del Tamigi, e si dice che già nella seconda metà dell'Ottocento il fiume era una gigantesca fogna a cielo aperto, tant'è che si poteva sentirne il puzzo a diversi isolati di distanza.
Il vigilante: storia ben sceneggiata e piacevole, che omaggia il Dylan di una volta (più quello di Chiaverotti che di Sclavi, mi pare) e che dimostra ancora una volta la familiarità di Recchioni con i personaggi principali, tutti perfettamente in parte e ben gestiti. Divertente e splatterosa (ma lo splatter non era stato bandito?), è però costruita su un soggetto semplice semplice, che non riserva particolari sorprese (ancora!) e svela presto le proprie carte, lasciando l'impressione che Il vigilante non sia altro che un elaborato divertissement. Peraltro, nel post precedente ho forse sbagliato a parlare di un Recchioni in tono minore: l'autore gioca con gli stereotopi dylaniani con fare divertito ma consapevole, e non ho dubbi che se la storia è venuta fuori così è proprio perché Recchioni voleva che venisse fuori così. Il fatto è che a me questo tipo di soggetti non piacciono particolarmente, per quanto non voglia negare i meriti della "messa in scena"; e insomma, non so se Il vigilante sia nato come storia da Maxi (si sa che il RRobe voleva lavorare con M&G), ma alla fine della fiera trovo che quella del Maxi sia la sua collocazione ideale.
M&G, ahimè, sono al loro peggio: il loro tratto - chiaro, leggibile e visionario - ha sempre il suo fascino, ma i volti dei personaggi sono sempre più sbilenchi e sgangherati. Se li si vuol far lavorare ancora (il che non è una brutta cosa), sarebbe necessario che la redazione desse loro meno tavole da disegnare, chiedendogli esplicitamente di rallentare il ritmo e di curare di più i dettagli. A continuare così, i due fanno un brutto servizio sia ai lettori di DyD sia a se stessi.
Una curiosità: in due delle tre storie compaiono delle gustose sequenze metafumettistiche; è senz'altro una coincidenza, ma è comunque interessante.
_________________ È la mia opinione, e la condivido.
Ciao, Teo
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