<blockquote id="quote"><font size="1" face="Verdana, Arial, Helvetica" id="quote">quote:<hr height="1" noshade id="quote"><i>Originally posted by dylan7679</i>
<br />Non replico un'altra volta perche' la questione sta diventando stucchevole.
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In realtà, la questione è sempre la stessa, perché ...
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Nel post appena sopra ho risposto a questa stessa ripetuta ridondante osservazione.
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... hai aggiunto una intepretazione al fascino che il soggetto ha esercitato su di te.
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Eppure mi dicono che in italiano me la cavo abbastanza
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Forse bisgnerebbe parlare da "rozzi fumettari" per capirci meglio![;)]
EDIT:
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EDIT. anzi a distanza di un bel bagno caldo mi e' venuto di rispondere anche a questi appunti per quanto poco inerenti con quello che ho detto e sto cercando di dire da post e post.
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Poco inerenti... Vabbé!
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Un dialogo,qualsiasi esso sia, puo' assumere uno spessore diverso a seconda di chi lo esprime ? Assolutamente si.
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Sì, ma anche - e soprattutto - da COME lo esprime. Qui sta la forza del "dialoghista".
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I dialoghi e le parole che li compongono di per se' non hanno alcun valore. Non sono entita' indipendenti e per questo giudicabili in se'.
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Nessuno analizza l' "in-sé" perché NON ha alcun senso.
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La parola e' solo un mezzo, un tramite attraverso il quale manifestare significati,i significati di chi tali parole usa in quel momento e in quel preciso contesto. Ecco perche' leggere tanti " arghh" "ohhhh" "buuu" in una situazione normale non avrebbe senso,tanto per fare un esempio, di contro in bocca a una manica di zombie gia' assumerebbero una prospettiva diversa.
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Questa è l'ABC del buon senso di qualsiasi fumettista e non.[:)]
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E' ovvio,che nello specifico di un fumetto il dialogo usato deve poi avere una chiave di lettura che sia capibile o spiegata cosi' come chiaramente Di Gregorio fa piu' volte durante il racconto e soprrattutto alla fine dello stesso dove chiarisce senza metafore come interpretare quanto appena letto.
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Il ruolo dei dialoghi ( nel caso della storia in questione, sennò facciamo troppa teoria) è quello di costruire i personaggi e di conferir loro uno spessore; ma qui lo spessore ( pupi a parte ) è sacrificato totalmente per un colpo di scena finale, che non può giustificare i posticci stereotipi messi in scena ( incluso il protagonista della testata).
I dialoghi dei personaggi <i>dovrebbero</i> esprimere sentimenti, caratteristiche psicologiche, non essere il tripudio delle storture e del ridicolo semplicemente perché è un bambino a raccontare.
Ricorda che uno scrittore NON può uscire dall'esigenza narrativa e sbattersene per poi rientrare dalla finestra con una giustificazione.
Questa la deve fornire in sede di sceneggiatura, con l'apprezzamento che ne consegue di tutto l'impianto.
In questa storia, per dirne una, Di Gregorio non è confusionario in modo sublime ma nel peggiore dei modi.
La spigolosità del cambio delle scene è tale da essere irrazionale invece che fantasticamente surreale.