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?I conigli rosa colpiscono ancora?: già il titolo denota tutta la svogliatezza con la quale Mignacco & Piccatto hanno realizzato il loro ultimo lavoro. E? difficile crederlo, ma si tratta degli stessi autori che firmarono i due episodi precedenti della trilogia di Pink Rabbit, ?I conigli rosa uccidono? (1988) e ?Il paese delle ombre colorate? (1995).
La prima delle tre storie era la più riuscita ed è oggi considerata un classico: Dylan Dog aveva due anni di vita editoriale, i dialoghi li scriveva comunque papà Sclavi e l?idea di un cross-over fra mondo dei cartoon e mondo reale poteva sembrare originale (per la cronaca, il film disneyano ?Chi ha incastrato Roger Rabbit?? risale allo stesso 1988, anche se è basato su un libro pubblicato nel 1982).
SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER
<b>Dalle ombre colorate?</b>
Ciò che dovrebbe far riflettere, invece, è che persino un sequel come ?Il paese delle ombre colorate? (un ?tributo? questa volta piuttosto evidente al film della Disney), paragonato all?attuale media qualitativa dylaniata, risulta un albo incredibilmente piacevole. Le sequenze in stile cartoon erano esilaranti e facevano a pugni con gli avvenimenti del mondo reale: uno stupro di gruppo con teste e piedi mozzati; un pirata della strada che investe i pedoni senza fermarsi, preoccupato solo per la carrozzeria della propria auto; un bambino malato terminale che muore felice dopo aver scoperto che Pink Rabbit esiste davvero. Era proprio questo contrasto fra cartoni animati umoristici e tematiche horror la peculiarità della storia.
Inoltre, con lo ?straniamento? del coniglio rosa - un personaggio di fantasia trasportato nella Londra dei ?90 - Mignacco mostrava come anche nei cartoon più innocui la comicità è basata, in fondo, sulla violenza.
L?albo non era affatto lineare, aveva pochi dialoghi e molta azione, l?ironia dominava, c?era voglia di rompere gli schemi (Pink Rabbit infischiandosene della ?gabbia? bonelliana salta da una vignetta all?altra e dice a Dylan: ?Non c?è tempo! Siamo a pagina 93??) e la caratterizzazione dei personaggi era adeguata (nel 1995 era la norma?). Persino i dialoghi di routine fra Dylan e Bloch erano brillanti e capaci di destare interesse nel lettore.
Anche il finale era godibile: un disegnatore in coma era finito nei cartoon da lui stesso ideati e, così facendo, aveva aperto un ?passaggio? fra il mondo di Pink Rabbit e quello nostro. Pink Rabbit ne aveva approfittato, così la bella Betty Bloom si era messa alla ricerca del coniglio tuffandosi anche lei nella Londra dylaniata.
<b>?a un sequel (del sequel) che più grigio non si può</b>
Cosa è successo a Mignacco in questi ultimi quattordici anni?
Prima aveva libertà creativa, oggi teme la censura di Marcheselli (che a sua volta teme le minacce del Moige)? Prima era preso per mano da Sclavi, oggi deve fare tutto da solo? O, molto più semplicemente, il tempo gli ha portato via idee e passione? Probabilmente non avremo mai una risposta. Resta il fatto che, nella trilogia dei conigli rosa, fra il livello delle prime due storie e quello della terza c?è una distanza abissale.
?I conigli rosa colpiscono ancora? non ha né splatter (salvo qualche accenno), né ironia (i pochi commenti di Pink Rabbit sono relegati alle didascalie e sono la brutta copia di battute prese dai due episodi precedenti). Tornano alcune vecchie conoscenze (Daisy, Peter, Hyckers), ma non sono altro che comparse, attori che recitano a memoria un copione sbiadito. I personaggi nuovi sono altrettanto evanescenti (Mia si fa ricordare solo per il colore della pelle, Falke solo perché è l?assassino), Groucho è un assistente qualunque, Bloch un vecchio ispettore qualunque.
Tolto ogni elemento destabilizzante, ogni residuo di anticonformismo, resta solo un giallo lineare e scritto con superficialità, i cui tempi sono scanditi dalle interminabili indagini di Dylan. Dylan parla con Bloch, poi con Daisy, poi con Peter. Dylan si reca al luna park, interroga i gestori, incontra Mia e vaga per il parco. Gli omicidi si susseguono e Dylan continua a meditare sul da farsi (che noia tutti quei monologhi?): chi sarà mai l?assassino? Ma è ovvio: uno degli indiziati. Uno a casaccio. Ad identificarlo non saranno né le indagini dei protagonisti, né l?arguzia del lettore, bensì il più classico dei deus ex machina, vale a dire un sogno rivelatore. Sulle macroscopiche ingenuità dell'intreccio e della sua soluzione ha già fatto chiarezza MisterRaven.
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L?ultimo Almanacco mostra un Dylan Dog autoreferenziale, appiattito e ?normalizzato? dagli anni. Meno ironico, decisamente edulcorato, senza alcuna voglia di stupire.
I disegni di Piccatto (e Sommacal) sono qualitativamente disomogenei: certe vignette sembrano più curate (penso al primo piano di Hyckers a pag. 61 o a quello di Peter a pag. 76), altre sono solo abbozzate; fra quelle abbozzate alcune sono comunque efficaci, altre sono semplicemente brutte, altre ancora sono veri e propri sgorbi (si guardi, ad esempio, l?ultimo volto di Dylan a pag. 58)_
V.M. (vietato ai minori)
V.M. -dal 1986-
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