Dico la mia sulle singole storie:
<b>L'eclissi</b>
Si scomoda Antonioni per un titolo che prende spunto da un particolare di nessuna importanza nell'ambito della storia. Il soggetto è una rimasticatura della "Zona del Crepuscolo", ma ben vengano le rimasticature di questi tempi. Infatti potenzialmente ci troviamo di fronte a molte scene da Dylan Dog vecchio stile: le numerose scene splatter (M&G permettendo), l'ironia e l'indifferenza con cui i dannati si scannano tra di loro, l'entrata in scena di un diavolo che maledice tutti con fare scazzato, l'impossibilità di allontanarsi dal castello, eccetra.
Peccato che Mignacco si riconfermi un autore stanco e sfinito. La sceneggiatura è di una piattezza indescrivibile, con alcuni dialoghi che fanno cadere le b... braccia per la loro banalità. Come se non bastasse Mignacco in più punti sembra pericolosamente perdere il contatto con il personaggio di Dylan: è l'indagatore dell'incubo quel tizio spaventato che di punto in bianco si chiude in cameretta tappandosi le orecchie per non sentire le urla? E da quando in qua Dylan Dog prende subito per buona l'ipotesi soprannaturale? La possibile - per quanto banale - spiegazione degli effetti speciali gli viene in mente solo in un secondo momento. E da quando Dylan Dog si mette a parlare di "mostri" con aria quasi indignata? E il Dylan che mira alle gambe ma becca le teste è lo stesso che, modello Clint Eastwood, stendeva tre poliziotti come se niente fosse ne "I vampiri"?
Incongruenza bella e buona: perché durante la prima notte la moglie si suicida, sapendo di non poter morire e che il marito è indifferente al suo dolore?
<b>Blackout</b>
Non ho letto il romanzo di Saramago ne visto il film che ne è stato tratto, quindi non so quanto di originale ci sia nel soggetto. Posto che al di là di Saramago l'idea non sarebbe stato comunque originale (anni fa lessi un romanzo di fantascienza che parlava di una epdemia di cecità, non ricordo il titolo), alla fine è il classico canovaccio dei romanzi e film che parlano di epidemie, a cominciare da "La città verrà distrutta all'alba" di Romero.
Okey, il finale è ammosciante e, okey, la spiegazione finale con la Morte è appiccicata lì con lo sputo (ma meglio lei che qualche nuova entità "simbolica", temevo saltasse fuori l'incarnazione dell'Indifferenza o peggio qualche scienziato pazzo moralista), però Dylan si muove da Dylan e pensa da Dylan come non mi capitava di leggere da un bel po' e a Groucho è finalmente restituita tutta la sua lucida follia.
Mediocre, ma ho letto infinitamente di peggio negli ultimi anni.
<b>Gli "Untori"</b>
Quanto mi stanno antipatiche le virgolette in un titolo! La pedanteria Bonelli ormai non conosce limiti [:(!]
Storia caruccia, senza infamia e senza lode. La progressione degli avvenimenti non è un granché, la fine è intuibile, ma il tutto è narrato in maniera abbastanza corretta e scorrevole. L'interesse non cala mai e mi aggrada parecchio il finale pessimista (o quasi). Ho temuto fino all'ultimo che Dylan riuscisse a "rinsavire" i linciantori. Bene che non ci abbia neanche provato.
In definitiva un maxi sui generis, migliore senz?altro di quello dell'anno scorso (affossato dall'orrenda "Meteoropatia" e quell'altra robaccia di Ruju), uguale a tanti altri.
Riconfermo che Montanari & Grassani sono però in caduta libera, risfogliando il volumetto mi sono reso conto che molte tavole sono davero pessime, anche se non viene mai meno la leggibilità. Credo sarebbe davvero ora che qualcuno in redazione si ponesse il problema di ripensare la formula di questo Maxi.
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