N.1 MORTE DI UN PITTORE
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In Jan Dix si mescolano livelli: questo nasce esplicitamente da una costola di Napoleone, ne riavvolge le esperienze, ingoia le suggestioni, mastica e risputa sotto nuova forma. E? una serie assolutamente originale, nessun dubbio; MORTE DI UN PITTORE affonda subito nella testa del suo protagonista, riprendendolo in fieri, segnalandone un vissuto tormentato e dipingendolo come antieroe dai vizi umani ? geniale a proposito l?incipit: partenza onirica, profondamente ambrosiniana, che si rivela poi un sogno post-sbronza ?, quindi si lancia nella specialità dell?autore: il noir a tinte classiche. Qui scatta un contrasto devastante: più sono archetipiche le figure che popolano la storia (l?artista miserabile, il mercante avaro, gangsterame di varia risma ? anche a livello figurativo: il magro, l?obeso, il nano, il gigante?), più la trama suona secondaria e va incontro a uno scioglimento di prammatica, più il cuore dell?albo è affidato al divino potere della suggestione. Tornano le qualità che conosciamo nell?autore ? un equilibrio miracoloso, un senso della tavola spiazzante: la virata silenziosa di pag.61-62, colpo di genio -, e quel tratto caratteristico che dai lineamenti entra nell?anima (con una trovata speciale: la resa pittorica dei volti ? es. pag.130: la faccia della signora Redoorf è un quadro, logico che affascini JD), ma stavolta c?è un nuovo essenziale ingrediente: attraverso lo spunto dell?arte, con una forte dichiarazione di intenti (le prime 10 pag. spiegano la cifra della serie: ?Siamo tutti in quel caos? ma lui ne ha saputo trarre della bellezza?? ?Esiste la bellezza??), JAN DIX non ottiene il canovaccio di genere né l?esattezza della realtà ma la sua impalpabilità, il frammento, l?articolazione della mente.
L?intervento di Freud nel finale svela il significato degli uccelli, prima grande metafora della serie (ancora una volta, un pazzo che dice la verità): questi sono messaggeri divini, da intendersi come segnapunti dell?interiorità di Jan, subito tormentata dalle controversie sentimentali e quindi persecutori del protagonista. ?Non è colpa loro se gli dèi ogni tanto dicono cose che non ci piacciono??. Tra l?altro il riferimento trascendente, che stride pesantemente contro le stimmate naturaliste del personaggio (JD è un analista di quadri, non dimentichiamolo), si legge come conferma ulteriore: il dibattito è aperto, la collana già in continua evoluzione. E siamo solo al primo albo.
Mai si era visto un sostrato metaforico/simbolico/figurativo così ricco ma non ingombrante, intelligente ma non tronfio, composito eppure perfettamente integrato nella narrazione ? paradossalmente, più scollato era Napoleone: laddove lo slittamento reale-onirico era annunciato dalla celebre didascalia baudelairiana, qui il passaggio è più continuo, fluido e funzionale al tessuto (JD incontra <i>naturalmente</i> Vermeer, senza bisogno di sottolinearlo).
Carlo Ambrosini è il più grande scrittore di fumetti italiano, superiore anche a Sclavi (nota bene: su questa definizione ho appena messo il copyright), e lo conferma con un n.1 di altissima fattura a compimento del percorso autoriale più coerente in circolazione: la cultura nel fumetto, l?enigma della visione, la riflessione filosofica universale, la riscrittura del genere nero, il filo con l?inconscio. Ambrosini accetta un?altra scommessa e la vince, applicandosi a JD con il medesimo, immutato entusiasmo e lanciando una nuova spallata alla prassi del riempitivo dilagante (autori e responsabili di Dyd si accomodino a lezione); un colpo che non abbatterà la gabbia del fumetto, quella in cui i suoi mercanti vogliono comodamente costringerlo, ma che serve a farla vacillare e ricordare che esiste ancora un?ipotesi alternativa.
Ambrosini: <i>La qualità è trasversale e se ne sbatte del cosiddetto alto o basso. La qualità sono le idee e il rispetto dell?intelligenza propria e del pubblico.</i>
Note a margine.
1 ? Le prime pagine ricalcano l?ultima sequenza de <i>Gli uccelli </i> di Hitchcock: Rod Taylor e Tippi Hendren che lasciano la casa assediata dai volatili.
2 ? Sul rapporto Jan/Annika c?è l?ombra di Freud: ?Annika è morta, ipocrita, e tu lo sai??, afferma il doppio di JD a pag.21 segnalando una scomparsa di tipo affettivo (la rottura della coppia); a pag.81 Annika è trasfigurata nella ragazza con l?orecchino di perla, ideale di bellezza, a rimarcare l?esatto contrario: la fascinazione che l?inconscio del protagonista ancora ne subisce. Inoltre, non serve <i>L?interpretazione dei sogni </i> per cogliere il significato sessuale nelle apparizioni dei pennuti.
3 ? Il giudice Hillman <i>è </i> Frederich Durrenmatt (
http://www.nonsolobiografie.it/personag ... enmatt.jpg): in questa figura Ambrosini coniuga l?aspetto estetico del grande scrittore svizzero con la sostanza di alcuni suoi personaggi. Il giudice pensionato è protagonista del capolavoro <i>La panne </i> ? ma c?è un rovesciamento: nel racconto l?uomo replica per hobby i processi più celebri, tentando a ogni costo di scovare e dimostrare una colpa; in JD sembra invece prendersi cura della piccola delinquenza (?gli scioperati a cui dà da mangiare?), ne sapremo di più nei prossimi albi -; e citerei anche il romanzo breve <i>Il giudice e il suo boia</i>. La Legge è da sempre materia del nostro: vedi Napoleone n.23 IL CANE DI CORALLO, l?albergatore ?entra? in un racconto di Kafka.
4 ? Jan Vermeer. A pag.92, da destra, compaiono <i>La merlettaia </i> (1669), <i>Fanciulla con cappello rosso </i> (1665), <i>Suonatrice di chitarra </i> (1672). Pag.98 è una rilettura di <i>Allegoria della pittura </i> (1666). In generale, sono continue le influenze letterario-cinematografiche dell?artista. Ambrosini forse non avrà visto il palloso <i>La ragazza con l?orecchino di perla </i> (2003), film di Peter Webber sulla genesi dell?omonimo quadro, ma sicuramente conosce Peter Greenaway, regista de <i>Lo zoo di Venere</i> (1986), dove il pittore-chirurgo psicopatico Van Hoyten intende riprodurre proprio le opere dell?olandese.
5 ? ?Imitare, secondo Aristotele, non significa ?copiare? bensì carpire nella Natura il segreto della creazione?? (pag.97). Vermeer cita il trattato <i>La poetica </i> (la plausibilità è un mistero, data l?indeterminatezza della sua biografia) e conferma la predilezione di Ambrosini per la filosofia classica; Napoleone, personaggio platonico per eccellenza, ha più volte incontrato l??idea di cavallinità?. Che sia avvenuto il passaggio da Platone ad Aristotele, dall?Idea alla Natura? Ma non esageriamo, per ora fermiamoci qui.
Voto: 9