<blockquote id="quote"><font size="1" face="Verdana, Arial, Helvetica" id="quote">quote:<hr height="1" noshade id="quote">Una domanda per Fabio, sul disegnare in genere, sul fumetto e anche più in generale. Mi incuriosisce sapere se -come per sceneggiatori e scrittori si fa riferimento al "blocco dello scrittore" (intesa come momentanea incapacità di far progredire la trama in forme coerenti con la propria ispirazione e con quello scritto prima)- esiste qualcosa di simile anche per un disegnatore.
Stephen King dice che la chimera ispirazione non esiste, è solo un'invenzione (In On Writing dice chiaramente Siediti e scrivi 2000 parole al giorno Scrivere è un lavoro che richiede solo applicazione, non ispirazione). Tu credi che abbia ragione? Che anche per un disegnatore possa valere questa massima? Siediti e disegna!
Ci sono volte che senti mancare ispirazione o non ci credi nemmeno tu a questa cosa?
Dato che sei anche sceneggiatore ora, puoi rispondermi su entrambi i versanti, magari evidenziando le differenze delle due forme di ispirazione, ammesso che secondo te esista davvero sta cosa impercettibile ma tanto discussa.
So stato complicato, ho corretto qua e là è sempre un casino, ma si dovrebbe capire.
Grazie!
Ecco sono riuscito a rientrare, dopo qualche tentativo, nel frattempo è comparso un'arma d'offesa in fondo alla pagina.
Vorrei chiarire e ampliare, onde evitare mal di testa.
Ci sono scrittori che dicono di aver immaginato una singola scena e di aver inventato tutto l'ambaradan intorno solo per giustificarla, per darle un senso. A te, come sceneggiatore, è capitato? Immaginare questa scena vividissima coi tuoi disegni, provare a costruire tutto il prima e tutto il dopo e incappare in buche colossali che ti hanno fatto pensare "Ed ora che faccio?"
Grazie ancora. <hr height="1" noshade id="quote"></font id="quote"></blockquote id="quote">
Bella domanda. Che meriterebbe una risposta adeguata, e adeguato approfondimento. Cercherò di risponderti per quello che posso.
L'ispirazione e il "blocco dello scrittore". L'incapacità di procedere secondo un filo coerente. Forse per il disegnatore non avviene proprio questo, ma qualcosa che gli si avvicina. Ecco: abbiamo dei personaggi che si muovono in una scena. Sappiamo cosa fanno, in linea di massima. Ma... dargli vita è un'altra cosa. Non è solo meccanico. Credo che la risposta sia in una semplice denominazione: il disegnatore, alla stregua dello sceneggiatore, è un narratore. Un narratore per immagini. Un corpo racconta, uno sguardo racconta, ma non solo: la disposizione dei pesi in una vignetta racconta. Il bilanciamento delle ombre racconta. La totalità della tavola racconta. Ecco, forse da questo punto di vista si può capire che può esistere qualcosa del genere, l'incapacità di procedere in una determinata narrazione, perchè il disegno può cambiare ritmo, respiro, emozione alla storia. Può capitare di bloccarsi perchè non si trova la soluzione giusta per proseguire nel modo corretto. Magari si potrebbe farlo lo stesso, sì, ma non sarebbe il modo più appropriato. Personalmente, mi è capitato di perdere ore (a volte giorni!) su una tavola che non voleva saperne di venire fuori. Si opponeva, per qualche ragione, a nascere.
Seconda cosa, ci sono difficoltà di carattere tecnico, a volte alcune cose proprio non vengono, un conto è pensare una scena, un conto è disegnarla: ci sono delle regole diverse, e problemi che si vedono soltanto davanti al disegno (in)compiuto. Un braccio, in una posa: il personaggio deve fare quella cosa, ma è brutta, sembra goffo. Come fare? Come raccontare quel momento? Ci si blocca, può capitare.
E poi... e poi c'è naturalmente quella cosa che ogni disegnatore conosce e che nessuno si spiega. C'è, a volte, un momento benedetto nella giornata (a volte non capita proprio) che può durare minuti, o ore. E' molto raro e prezioso. Quel momento benedetto annulla le barriere, sembra che qualcosa crolli, e che il percorso tra cervello e mano si annulli. L'immagine arriva, il disegno con lei, con facilità spesso solo sognata. Bisogna sfruttare qual momento magico, quando capita, perchè per la maggior parte del tempo, purtroppo, non è così che va... anzi, è una fatica, una fatica bestiale! E all'opposto, ci sono le volte in cui non va proprio, quando malgrado tutti gli sforzi del mondo, dopo ore di lavoro, ci si ritrova solo ad aver cancellato per la ventesima volta tutto. E' una sensazione di grande frustrazione, ma c'è poco da fare... o si decide che per un giorno si può anche fare a meno di guadagnare qualcosa, o si va avanti, come disperati, finchè qualcosa, lentamente, a notte fonda, si decide a saltare fuori!
Non so se essere d'accordo con King. Di certo ha ragione quando dice che serve una grande, grandissima applicazione. Ma non credo sia tutto. Si può imparare a far nascere le idee, ad allenare la fantasia. Che non stimolata, si atrofizza. Ma sono dell'idea che ci sia qualcosa, magari anche in percentuale minima, che arrivi da un'altra parte. Ma da dove venga e cosa sia, non ne ho la più pallida idea.
Fabio
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