Storiella di una povertà pazzesca, come i folli rejetti che ne sono miserandi protagonisti. Poeracci.
Nella miseriaggine della presunta trama - che si può riassumere in un rigo e mezzo - si può rinvenire tutta la pochezza dell'autrice che ha poco da raccontare, ancor meno da metter in scena, se non lanciare qualche "messaggio" privo di alcun interesse (nelle sue cause-conseguenze) a margine di un intro/outro suggestive che suonano di apologo simbolico, ma non trovano sviluppi degni di nota nell'ambito delle restanti pagine.
Ma lo tenevo in contu... conoscendo i suoi precedenti.
Votato 4 1/2.
☉ S ☉ P ☉ O ☉ I ☉ L ☉ E ☉ R ☉ Parto dall'inizio e cioè la
copertina, che è la cosa migliore del pacco: forse la mia preferita finora dei Cestaros, ricorda il Villa di una volta ed alcune di Zagor. Finalmente a loro agio: non so quanto influisca come ascendente positivo il ritorno del logo ufficiale in bicromatico standard
Bene anche i disegni di
Santucci per la desolazione del paesaggio post-nuclearizzato, l'abbandono avvolgente, ed i visi stravolti dalla fatica degli auto-seclusi, in continua tensione muscolare o neurotica. I bambini sono abbastanza inquietanti e certi tratteggi possono ricordare un certo Ambrosini o Camagni più recente. La scuola squadrata con torre-orologio (pp. 9, 21 e 23) ricorda certe architetture del fascio, come nel Sulcis o a Marconia.
[...]
Per la storia in sé l'unico merito come detto prima è di costruire un minimo di atmosfera col discorso stile apologo biblico dell'intro/outro. I dialoghi in linea di massima non sono irritanti e si lascia leggere rapidamente per togliersi abbastanza subito dalla balle, sbadiglianti. Quanto al resto, poco da salvare
Lasciando perdere la banalità dello schianto nel bosco e la solita situazione da Dylan disperso nel paesotto di svitati, in pratica non succede praticamente nulla per una 50ina buona di pagine, a parte il capo-tribù (il cosiddetto "tramite") che spara sermoni a ripetizione, tipo mantra didascalico, per spiegare le circostanze dalla seclusione della sua comunità, con toni vagamente mistici da illuminato fanatizzante di un culto post-nucleare .
A parte questo solo un pajo di scazzottate contro Dylan che prova miseramente a ribellarsi contro dozzine di nerboruti, perché senza una ragione precisa viene eletto a "straniero prescelto" per un non qualificato rito di passaggio, dato che alcuni bambini sono già visibilmente ciechi mentre altri no, in discrepanza arbitraria, facendomi credere che la
Contu non avesse mezza idea in croce da sviluppare attorno a qualcosa di vagamente interessante e giustificato da quanto fatto vedere prima
.
Anche la scena madre (p.51) del fulmine che provocò la creazione della cenere accecante viene buttata lì tantoper come causa di un evento (e conseguente sua sacralizzazione) senza svilupparci nulla attorno. Davvero, come dicevo prima,
la povertà disarmante di spunti su cui ruota tutta la vicenda è per me proprio la cosa che affossa clamorosamente il proseguimento dell'albo, specialmente quando la "città" in sé ci viene mostrata come un ente totalmente
passivo e semi-astratto, buono solo a borbottarsi addosso, senza adombrare qualcosa di mysterioso od occulto in sé come nonluogo, che possa creare appeal per le 90 e passa pagine di sceneggiatura dylaniesca. Qualcosa di più si poteva sicuramente fare, anche senza termonuclearizzarsi in una
Resident Evil all'uranio arricchito rispetto alla povertà di massima
Poi a p.72 arriva la donna gravida (di speranze, pro-prole?), il fattore virtuale di scompiglio, in tutta la sua sterile retorica a corredo, e Dylan ovviamente si affida a lei, piuttosto che il contrario, per tentare di salvare la pellaccia. Abbastanza ridicolo come possano accendere un fuoco fumante pensando di non esser beccati dai fanatici che conoscono a menadito ogni anfratto della città-fortezza...
... e poi giù ancora di scazzottate unocontrotutti o un annaffiamento catartico, col penosissimo e puerile intervento last minute della vigilanza del fuoco, che raccoglie
un'assai verosimile segnalazione tempestiverrima d'incendio da un luogo abbandonato (mentre in realtà Dylan ha agitato
la torcia soltanto pochi minuti prima), ed un Bloch che notoriamente si trova al confine con la Scozia tutti i weekend, per una consulenza presso la forestale, causa licenza pesca credo
.
Degna conclusione di una storiella indegna
.
Magari per un sequel a
Gerione per la radiazioni crescono finalmente altre due teste e quattro braccia come nel mito greco... oppure diventa il mostraccio dantesco che rappresenta la frode, bello di faccia, brutto di chiappe. Un po' come questo albo d'altronde, bella copertina, tutto il resto lassamoseperde.