Alla fine una storia non direi phenomenale né con l'argento vivo addosso, ma piani-ficata con stile convincente, per cui... nonostante diverse mancanze non proprio scivolate sul velluto grigio, un
7 stiracchiato senza traumi o suspirie particolari riesce a carpirlo questo
Profondo Nero & Rosso sangue, per cui Stendhal non andrebbe svenendo causa ammaliamento estetico. E magari anche la Quarta Madre di Recchioniano stampo ne sarà fiera a modo suo... coredemater
Effettivamente, come detto da altri, mi aspettavo ben di peggio senza togliermi il sonno... non tanto perché ritengo il genio di
Argento esaurito con
Opera (1987), ma più che altro perché non mi fidavo del suo impatto da guest star con l'impostazione di un fumetto particolare ed ostico come DD. In questo senso c'è da dire che l'ha ajutato notevolmente un esperto del settore come
Piani, di cui non conosco le attività dampyresche, ma ho un buon ricordo su
Nathan Never, preferendolo di gran lunga ad
Ostini laggiù
.
E difatti quest'ultimo su Dylan continua a stentare a più riprese, mentre Piani al primo colpo sembra aver capito meglio come funziona la scrittura del personaggio, ispirato da un input di argentiana fattura, e caricandosi - a mio vedere - di oltre due terzi della sceneggiatura, perché credo il regista si sia limitato all'ideazione di massima del soggetto ed una serie di raffronti per portarlo a termine su 94 pagine di vignette... e questo viene tradito anche da qualche divergenza di veduta tra i due, che non ha reso ogni punto della storia coerente in sé.
Uno dei punti di forza di questo albo è che l'atmosfera e la struttura narrativa argentiana riprendono proprio il Dylan dei tempi storici, e anche se difetta del classico controfinale mescolacarte, sono molti i punti-Chiave di raccordo col Mastro Cartajo
Claudione, mi sembra evidente, nell'impostazione del thriller spruzzato di sovrannaturale
***La copertina colpisce per l'effetto argentato e traslucido in modo very cool, ma tutto il resto mi lascia indifferente, con un Dylan svuotato della sua personalità, una tizia-più-osé-di-così-non-si-poteva-osare-in-SBE, e delle bestie perverse di contorno che si fatica ad intravedere. Forse
Cavenago non era l'ideale per questo tipo di stampa
Disegni molto belli in alcuni punti, troppo abbozzati in altri. Sembra che
Roi certe volte lasci la tavole ancora a livello di matite, e che l'inchiostrazione sfumi di continuo in grige macchie vaporizzanti. Un passo indietro rispetto ad
UT o
Il bianco e il Nero. Fa sempre molto piacere vederlo perché è un artista unico e di altissima caratura, ma in certi punti le sue "bionde" (Chastity, Mary Anne, Elsie) sembrano tutte uguali, e fa una certa fatica nelle scene di colluttazione con i personaggi in movimento
.
*** Parlando della storia...
SPOILER || SPOILER SPOILER || SPOILER
SPOILER || SPOILER SPOILER || SPOILER
Alla fine non è nulla di strepitoso, senza guizzi, e molto semplice nell'impianto, ma ha diversi punti a favore. Il ritmo tiene molto bene, Dylan si muove comediocomanda nell'indagine, non ci sono troppe forzature irritanti, e lo psicodramma familiare del casato decaduto ha un certo appeal, tra morbosità viziose e slanci carnali para-incestuosi. Bene anche Groucho, l'uso limitato di Rania+Carpenter, i dialoghi sciolti senza frasi ed effetto(pirla), il parco di personaggi secondari... per quanto non ci sia troppo tempo per approfondire i loro scompensi mentali ed affettivi. In palla davvero,
à la Argento, la scena muta della morte di Chastity, inframmezzata con Dylan che insegue Lais/Bea nel Tamigi: quando la sceneggiatura da film incontra quella da fumetto
.
Forse con un Roi in dotazione si poteva cercare un impatto iconografico maggiore o un approfondimento più insinuante verso il lato tenebroso/degradato del BDSM, che qui si limita soltanto a far capolino tramite le foto sullo sfondo della mostra modajola, oltre ad un pajo di incubi del Nostro - per quanto lo scenario del teatro degli animajaloni sia il top della top-a, bramata sbavando dai guardoni di turno. Mi sembra che da questo punto di vista sulle perversioni in chiave orrida abbia fatto meglio
in
Vietato ai Minori.
Non ho capito questo fossilizzarsi sul
Codice da Vinci - il film poi...
- o
50 sfumature di grigio come riferimenti insistiti per portare avanti la storia, ma ognuno ha le sue fissazioni... come Dylan che si lascia ossessionare da subito dallo spettro fotografico di Bea è un po' deboluccio come starter del tutto. Meglio le citazioni di
Holbein o
Parini, egli stesso precettore nel '700, e forse partecipe di qualche frustata per la dissolutezza del "giovin signore"
.
La cosa che ho gradito meno sono le
due pagine dedicate ad Irma .
Vabbene recuperare gli indizi, ma questa interazione vocale con uno strumento digitale senziente più che futuristica - e non mi parlate di
Siri, che a proposito di zozzerie l'unica che prendo in considerazione
è questa - mi sembra come approccio vicina alle scenette puerili con Supercar-KITT golaprofonda e D.Hasselhoff. E poi craccare i dati di una smartcard senza possedere il PIN o la password di accesso per la firma digitale mi sembra un po' forzoso.
Come già detto in precedenza ci sono nella sceneggiatura diverse scollature - escludendo le poppe in evidenza
- nel lavoro a tre teste condiviso tra gli autori di testi & disegni, ma lì forse bastava una supervisione valida per arginarle. Ed anche la mannajata finale per accoppare l'ultima rampolla(stra) non è proprio questo grande colpo di genio, con cui risolvere una situazione bassamente pruriginosa... nel senso del grattarsi le palle per uscirne vivi
Malamente intellettualoide e ficcata senzartenéparte la citazione coatta di
De André a sigillo finale. Non la vedo molto in sintonia col resto e suona come epitaffio-predicozzo superfluo, sul calco/falsariga del Guccini altrove visto con Sclavi per chiudere baracca. Capisco che in famiglia Argento non siano nuovi
a citare Francesco fuori luogo, ma preferisco menzionare in questo contesto altre icone del cinema anni '80... e come buon controfinale trash per questa pletora di pseudo-recensione riprenderei il "
Vieni avanti, cliente" del bottegajo Milford Chapman (p.58) con un pezzo giustamente pulp di pugliese memoria, in attesa che qualcuno si pronunci
:
VIENI AVANTI ALOHA