G/2 - L'INQUILINO DEL TERZO PIANO/TAXI!/ANGOSCIA/MARGHERITESecondo albo gigante scritto da Sclavi. Partiamo col primo e più corposo racconto:
-L'inquilino del terzo piano; angoscioso e compulsivo, il racconto di un uomo qualunque, un contabile disperato che si sente braccato dai suoi stessi coinquilini, che vede una trama oscura che lo costringe a una sorta di prigionia dentro il suo stesso appartamento. È tutto frutto delle sue paranoie, o c'è qualcosa di soprannaturale? È qui che Sclavi può esprimersi meglio: nel suo amato horror, una storia di paura e di "mostri", quelli VERI (ovvero noi stessi, esseri umani). Il finale l'ho trovato vagamente "buttato là" ma da un certo punto di vista è comunque affascinante. Grandissimo Casertano che ci restituisce le visioni grottesche Polanskiane.
-Taxi!; brevissimo racconto di Sclavi e Brindisi. Posso dire tutta la trama in una riga: un tassista va da Dylan e gli rivela di trasportare centinaia di anime di defunti verso il cimitero locale. Dylan scoprirà che è tutto vero, incluso il fatto che il tassista stesso è uno spettro. Carino e ben disegnato.
-Angoscia; il secondo per num. di pagine del gigante e quello che mi ha convinto di meno. Dylan e Shannon, la ragazza di turno, si ritrovano a vedere un vecchio film horror al Fairy, un piccolo cinemino di periferia. Dylan ha una strana sensazione guardando il bizzarro film e si renderà conto di stare sognando: il suo quinto senso e mezzo lo richiama e dovrà tornare con la mente alle ore precedenti a quell'evento. Cosa è successo per ritrovarsi la? Chi è Shannon e perchè ha bisogno del suo aiuto? Carina l'idea del metacinema/sogno/fumetto, quello che volete, ma l'ho trovato un po' troppo confusionario e non mi ha preso fino alla fine.
-Margherite; il MIGLIORE dei quattro. Di gran lunga. Non me ne voglia chi ha preferito l'inquilino, ma qui siamo a un livello altissimo, tra i migliori racconti di qualsiasi speciale. E pensare che...non è neanche un horror canonico! Ma non è nemmeno una love story: anzi è più che mai un'intensa ricerca di noi stessi, di quello che gli altri vedono in noi stessi. Una ricerca di approvazione impossibile che non riesce a farci vivere in pace, questa si, la vera angoscia dell'albo. Decisivi i testi (e i disegni) di Ambrosini, che variano dal solito sviluppo che gli avrebbe riservato Sclavi (che comunque c'è, ma in veste di supervisore). Ma è proprio quel tratto distintivo di Ambrosini che riporta a Il Lungo Addio, quelle bellissime parole pensate (qui c'è davvero poco di parlato, è quasi tutto un monologo interiore di Dylan) che danno un valore straordinario alla storia.
Vorrei dargli il voto massimo, ma devo valutare nel complesso, e nel complesso Angoscia mi fa abbassare il voto finale, essendo, come ho detto, uno dei 2 racconti portanti dell'albo.
VOTO:
4/5