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#316 - Blacky
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 Oggetto del messaggio: Re: #316 - Blacky
MessaggioInviato: sab mag 23, 2020 4:26 pm 
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blacky
ne ho sempre sentito parlare malissimo di queste storia... per me si trova di peggio su dylan dog, gualdoni non ha fatto altro che seguire la "lezione" di altri
solo che quando lo faceva chiaverotti (goblin) si prendeva gli applausi, gualdoni si prende fischi e pernacchie :roll:
vi svegliate solo ora davanti a certe schiocchezze che ci sono sempre state: "accetto a fatica l'idea che un cavallo rischi la vita per salvare dei bambini" :?
anche se devo dire che i cavalli sono gli animali più nobili tra quelli domestici, molto meglio dei cani (infatti fa impressione lo zoccolo mozzato)
un dylan versione edoardo stoppa di striscia, e un groucho che vedrei bene insieme a montesano, mandrake e manzotin :lol:
bigliardo cerca di salvare capra e cavoli disegnando un buon fantasma equino
comunque più che chiaverotti, sembra ruju (la mala)
copertina non un granchè

voto 5


Ultima modifica di Kramer76 il sab set 12, 2020 1:04 pm, modificato 1 volta in totale.

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 Oggetto del messaggio: Re: #316 - Blacky
MessaggioInviato: sab mag 23, 2020 6:58 pm 
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5 a quest'albo? Veramente? Sei serio? :cry: Nella flop-ten all time tutta la vita.

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 Oggetto del messaggio: Re:
MessaggioInviato: sab mag 23, 2020 8:51 pm 
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Storia che all'epoca ho faticato a leggere, ma che forse con un altro disegnatore avrebbe avuto un suo perchè. Comunque dopo tutti questi anni é una di quelle che mi è rimasta in mente.

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...M...


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 Oggetto del messaggio: Re: #316 - Blacky
MessaggioInviato: sab mag 23, 2020 11:05 pm 
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hai visto kramer? qui niente metal! uh uh piccola blackyyyyy uh uh

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 Oggetto del messaggio: Re: #316 - Blacky
MessaggioInviato: dom mag 24, 2020 12:18 am 
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:| Dylan Dog fin dai primi 100 covava già in sé la sua decadenza. Da una parte c'era Sclavi, poi sempre più diluito e solo quegli autori che a lui si rifacevano, se illuminati da genuina ispirazione, potevano produrre qualche, sempre più raro, buon lavoro. Dall'altra c'era Chiaverotti con le sue storie di bassa lega e lì cominciò il declino e continuò sempre più con quelli da lui influenzati, spesso senza entusiasmo, come Ruju, Gualdoni e troppi altri. Il sonno di Sclavi ha generato mostri chiaverottofili. Ed è solo per fuggire da tali nefasti germi che l'avrebbero costretto a produrre chiaverottate su chiaverottate che Recchioni ha dovuto abbandonare la costruzione di storie (ormai indissolubilmente legate ai deleteri modelli chiaverottiani) e rifugiarsi in storie su Dylan, metafumetto, remake e reboot :|

:D

Tornado a quest'albo, uno dei peggiori che abbia mai letto e unico, insieme a I segni della fine dello stesso autore, che tanto mi tediarono da non arrivare nemmeno alla fine, Chiaverotti e Gualdoni possono anche trattare temi simili, ma, a parte che il secondo è sempre stato evidentemente di maniera (si vedeva lontano un miglio che provava a rifare senza originalità e annacquando il Dylan classico), il primo ha prodotto albi che hanno saputo divertirmi, il secondo (e altri) solo annoiarmi. E per me tra divertimento e noia c'è un abisso.


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 Oggetto del messaggio: Re: #316 - Blacky
MessaggioInviato: dom mag 24, 2020 1:43 am 
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Aleksandr ha scritto:
:| c'era Chiaverotti con le sue storie di bassa lega e lì cominciò il declino e continuò sempre più con quelli da lui influenzati, spesso senza entusiasmo, come Ruju, Gualdoni e troppi altri. Il sonno di Sclavi ha generato mostri chiaverottofili.


Detta così sembra che l'origine dei mali di DD derivi dal Claudione nazionale, che equivale al ritornello da ovino espiatorio che Kramer (e pochi altri) incaprettano su questa gogna da decenni :x: .
Sinceramente credo che il buonvecchio Chiave, anche nelle sue prove più incolori o rattoppate, non abbia tanto influenzato gli autori successivi, quanto i lettori, nel crearsi un'idea del "fenomeno" Dylan che non corrispondesse esattamente alle coordinate sclaviane, ma quelle più libere del suo primo discepolo.

I soporiferi (pseudo)gialletti in serie col mostro del mese di :r: non c'entrano molto con l'impronta chiaverottiana, più orientata al trash paraculo o al malinconirico visionario, spesso approfittando di certi tormentoni teen. Non per niente Ruju può tranquillamente scrivere un episodio di Julia o Dampyr, ma non uno di Morgan Lost o Brendon.
Mentre il Gualdo era solo un nerd fanatico del metodo: conosceva a memoria ogni vignetta dei primi 200 Dylan e si organizzava in base a stampini da riprodurre, entro paletti da far rispettare. Una catena di montaggio approvata sulle stesse variazioni del tema horror in ambito dylaniato. Per lui Sclavi, Chiaverotti, Barbato, o Mignacco contavano lo stesso, nella summa: contava più imporre un modello e trovare la via più breve e schematica per riprodurlo, in sicurezza, non disponendo di idee proprie né di volontà di scardinare quei modelli.
L'unico su cui Chiaverotti ha esercitato una parziale influenza è stato Di Gregorio, come stile. Ma non si possono attribuire a lui le colpe di certe ciofeche storiche, che se fosse stato alla supervisione, tanto per fare un parallelo con un certo Rrrobberto da Cremasecca - hhhh asmatico :? - non avrebbero mai visto le bobine di stampa.

Quindi sarebbe meglio piantarla con questa anno(jo)sa storiella secondo cui Chiaverotti ha rovinato l'indirizzo della testata, perché Sclavi ha resistito si è no 7 anni di produzione, e se non fosse stato per Claudione per primo ( 8-) ) che mandava avanti il carrozzone con una certa dignità, la testata avrebbe già sbaraccato con sotto-fenomeni ben peggiori di Gualdoni&co.

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 Oggetto del messaggio: Re: #316 - Blacky
MessaggioInviato: dom mag 24, 2020 10:40 am 
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Capisco, o almeno credo di capire, la sottile ironia celata nel post di Aleksander.
Anche se, oggi come oggi, dato quel che ci stanno propinando, non so quanto senso abbia "ironizzare". In data odierna questo fumetto ha poco senso e zero contenuto.
Si discute su quel che è stato il Chiave, cosa ha prodotto il Chiave, quali sono state le progenie del Chiave...
Ma a conti fatti il Claudione è stato un elemento indispensabile nell'economia della testata, e il suo "trash" è un qualcosa che in molti rimpiangono.
Come, passando ad un'analogia cinematografica, parlando di quello che era il vecchio cinema comico, trash e perché no, anche "pecoreccio" italiano: c'erano Franco e Ciccio, Vitali, i film di Er Monnezza, e soprattutto Lino Banfi. Tutta roba rivalutata a posteriori, e non solo da molti di noi "fruitori popolani", ma anche da parte della critica e da certi registi (non è un segreto che Tarantino ami profondamente il cinema di Banfi). Roba divertente, che sapeva strappare ben più di una risata e soprattutto intrattenere.
Oggi cosa abbiamo? Tra i più famosi i soliti film di Boldi e De Sica, Zalone, Salemme. Più una lunga trafila di cine-inutilità che mi sono perso e aggiungo anche "per fortuna".
Film di gran lunga peggiori di quelli che una volta erano considerati prodotti pecorecci e di genere.
E che hanno spesso il torto di "deridere" gli italiani invece che di "ridere con" gli italiani.
E i fruitori (autentiche volpi) spesso ridono a crepapelle vedendo i loro istinti bovini riportati su pellicola.

A conti fatti rimpiangiamo un Banfi, che ci sapeva far ridere, che sapeva rendere una scenetta gustosa semplicemente con uno dei suoi scatti nervosi. Rimpiangiamo un Lo Gatto o un Allenatore Nel Pallone, dato che la comicità pecoreccia del Nostro era infilata in trame divertenti, che funzionavano, capaci di intrattenere. E molti di noi darebbero cento "Natale Sul Nilo" per avere di nuovo un film del genere. Vecchi film, dove generalmente si rideva con gli italiani e non dell'idiozia degli italiani. Rimpiangiamo quel cinema di genere (serie z? Che importa) che sapeva intrattenere.

E - tornando a noi - in molti rimpiangono quel fumetto di genere fatto da maestri del genere che avevano qualcosa da raccontare, non importa se tendenzialmente più "trash" o dotato di minori raffinatezze. Personalmente darei mille "Anna Per Sempre" dove non si racconta nulla per riavere un "Il Bosco Degli Assassini" del maestro con gli occhiali da sole, o altre robe partorite dalla "cosiddetta" progenie di chi ha inserito il germe trash. Almeno nella "progenie" c'era qualche tentativo (a volte risibile, a volte riuscito) di raccontare qualcosa.
Oggi, chi si distacca dai padri storici e da coloro che hanno seguito, non vuole raccontare niente, e punta il dito contro chi non comprende questi paraculi esempi di "ermetismo narrativo". Siamo reazionari se non comprendiamo le logiche insite dietro un lavoro "denso di contenuti ed emozioni" come il 400. E sciocchi se mal tolleriamo un lavoro ridotto ai minimi termini come "Anna Per Sempre" o un polpettone fatto di ingredienti sbagliati (c'è di tutto dentro, dai wafer ai pezzi di sigaro) come "Oggi Sposi"...

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 Oggetto del messaggio: Re: #316 - Blacky
MessaggioInviato: dom mag 24, 2020 12:39 pm 
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wolkoff ha scritto:
Sinceramente credo che il buonvecchio Chiave, anche nelle sue prove più incolori o rattoppate, non abbia tanto influenzato gli autori successivi, quanto i lettori, nel crearsi un'idea del "fenomeno" Dylan che non corrispondesse esattamente alle coordinate sclaviane, ma quelle più libere del suo primo discepolo.


Vero, vero. (Concordo anche con tutto il resto, ma questa idea mi sembra particolarmente proficua.)

Per come la vedo, la scrittura di Chiaverotti è molto legata al periodo in cui cominciò a lavorare -il che vale quasi sempre per quasi tutti, ma se non altro spiega come mai non abbia avuto eredi, sulla testata. L'angolo da cui ha approcciato l'orrore era ovviamente più limitato di quello scelto da Sclavi, condividendone il gusto scopertamente citazionista e la capacità di trovare spazio per la commedia o il nonsense o il grottesco anche in contesti decisamente drammatici (a memoria, credo che dopo di lui nessun altro abbia saputo usare così bene Groucho). Quelle che mi sembrano le sue influenze principali dal punto di vista narrativo e visivo -il giallo/thriller italiano anni '70, gli slasher movies americani di quel decennio e del successivo- contengono già le principali caratteristiche (pregi o difetti o entrambe le cose insieme, a seconda dei gusti e dei casi) del suo stile: il primato dell'azione sulla riflessione, dell'adrenalina sulla logica, dell'atmosfera sulla trama; la ricerca costante e quasi esasperata del colpo ad effetto; la creazione di singole sequenze di grande impatto ma non necessariamente funzionali allo (o coerenti con lo) sviluppo della storia. In sintesi: l'idea che il lettore vada intrattenuto con ogni mezzo, anche giocando sporco -la plausibilità e la coerenza possono esserci, ma sono comunque subordinate alla meraviglia, o se non altro al divertimento.
Azzardando una metafora cinematografica, se Sclavi era Hitchcock, Chiaverotti è stato Fulci: un Autore di Serie B, quindi anche violentemente discontinuo, ma con un set personalissimo di ossessioni e tematiche, e quel qualcosa di indefinibile ma impossibile da non notare che di solito si chiama Stile.

Tutti gli sceneggiatori principali che sono venuti dopo, a ben vedere, si sono divisi tra quelli più interessati all'aspetto (auto)riflessivo del fumetto, alla declinazione del genere horror nel senso più psicologico e cerebrale (Ambrosini, Barbato, Bilotta, Medda), e quelli che hanno privilegiato (per scelta o per limite) il puro meccanismo del giallo/thriller, con qualche spruzzata di soprannaturale, come Ruju, Marzano, Di Gregorio... in pratica, quelli che hanno firmato la maggior parte delle sceneggiature nel periodo compreso tra il 1998 e il 2013 (e che io non ricordi praticamente nulla dei cento e passa albi scritti da loro è piuttosto inquietante, e/o triste).


(L'assenza di Recchioni non è una forma di damnatio memoriae, ma deriva dalla mia difficoltà nel collocarlo in uno dei due filoni descritti qui sopra. A prescindere da ogni valutazione di merito, forse l'autore che più di tutti si è avvicinato a modo suo allo spirito pulp del Dylan Dog di Chiaverotti è stato proprio lui -per entrambi Dylan Dog è "semplicemente", o comunque prima di tutto, un fumetto, qualcosa con cui divertirsi e far divertire.

Poi ovviamente si può pensare che Recchioni ci si stia divertendo un po' troppo, col personaggio e con la testata, e/o che non ci stia facendo divertire abbastanza: ma questo è un altro discorso. :mrgreen: )

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 Oggetto del messaggio: Re: #316 - Blacky
MessaggioInviato: dom mag 24, 2020 1:42 pm 
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Bell'intervento Stavros, e in linea di massima concordo.
Riguardo "all'altro argomento"... si, probabilmente il sentore è che il Rrobe ci si stia divertendo un po' troppo, infischiandosene allegramente se il suo divertimento coincide con il nostro (almeno con quello di una certa parte dei lettori storici).
Chiaramente, propinando una certa tipologia di prodotto a chi Dylan Dog non lo conosce bene (si vedano i neofiti, che comunque presuppongo non rispecchino alcuna maggioranza), il gioco è più facile, perché chi non è memore del modo ormai "retrò" di gestire il personaggio e le sue storie non può ben comprendere cosa manchi al giorno d'oggi.
Ma il prodotto finisce anche in pasto ai vecchi lettori, e quelli chiaramente si rendono conto della mancata osservanza di certe strutture narrative che vorrebbero il nostro indagatore indagare su qualcosa. Essere "attivo" e non "passivo" rispetto al poco orrore che stanno elargendo nella testata (una volta horror e basata su indagini). Essere un "mezzo" nelle varie narrazioni di eventi sovrannaturali, e non il fine ultimo - fulcro portante di ogni discorso - delle varie storie. Dopo che hanno sviscerato il personaggio in tutte le salse (partendo dal Ketchup e arrivando alla Tonnata), dopo aver ripercorso il suo passato, aver sondato nelle sue paranoie, averlo "torturato" in più di un occasione, a molti di noi gliene frega una cippa di avere ancora storie che parlano di Dylan Dog e non di strani mostri che escono dalla cantina e sui quali il Dog è chiamato ad indagare.
La testata è in preda di uno strano corto circuito.
E invece che rendersi conto del danno taluni lo reiterano con gaudio.
Ma sarebbe simpatico sapere se la testata avrebbe avuto il medesimo successo (inizialmente, quando doveva ancora sbocciare) nel caso in cui avessero optato, sin da subito, per una lunga trafila di storie sulle fisime dell'indagatore invece che su storie horror magistralmente congegnate. Con tutta l'ironia, il surrealismo e l'introspezione che invece (grazie al cielo) ci hanno regalato.

Si vuole "riscoprire il passato della testata"? Direi a chi dirige di iniziare a comprendere i meccanismi che hanno portato quest'ultima al successo, evitando "ermetismi paraculi" (pseudo autoriali, di chi pensa che parlare del nulla è meglio che parlare di qualcosa: Sartre è morto da un pezzo) e rispolverando il concetto di "storia compiuta".

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 Oggetto del messaggio: Re: #316 - Blacky
MessaggioInviato: dom mag 24, 2020 1:46 pm 
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Parto da un leggero OT

Nima83 ha scritto:
passando ad un'analogia cinematografica, parlando di quello che era il vecchio cinema comico, trash e perché no, anche "pecoreccio" italiano: c'erano Franco e Ciccio, Vitali, i film di Er Monnezza, e soprattutto Lino Banfi. Tutta roba rivalutata a posteriori, e non solo da molti di noi "fruitori popolani", ma anche da parte della critica e da certi registi (non è un segreto che Tarantino ami profondamente il cinema di Banfi). Roba divertente, che sapeva strappare ben più di una risata e soprattutto intrattenere.


Quel genere di comicità italiana, post-Totò/Peppino/Fabrizi ha avuto il suo apice cinematografico tra la seconda metà degli anni 70s e gli anni 80s... guarda caso mentre fermentava l'idea di Dylan nella testa di qualcuno. Anche senza trascendere nel pecoreccio, sono a tutt'oggi veri e propri cult del B-Movie che il nostro cinema non è più riuscito a riprodurre, e persino Tarantino lo sa... con parecchi rimpianti.
Proprio jeri davano sul ch34 Cornetti alla Crema che è il top in quel senso, con una serie di equivoci spassosi e ben caratterizzati, anche se non ci fosse stata quella top-a della Fenech accanto al mitico Lino da Canosa :mrgreen: :* :mrgreen: .
Saper divertire ed intrattenere, ma con chi è in grado di farlo. Ed oltre a Banfi si può svariare in quel senso dal trash di Buzzanca, P.Franco, Montagnani, Abatantuono, T.Milian, fino alla comicità più pungente o malinconica di Villaggio, Pozzetto, Verdone o Troisi. Una golden age che non ha avuto più seguito.
Solo (in parte) Aldo, Giovanni & Giacomo ci hanno provato nei decenni successivi al cinema, ma non rendono come in tv. Salemme non fa ridere, Albanese è un guitto depresso, Pieraccioni va compatito, e Zalone fa sempre lo stesso personaggio pur imitandone altri. Le loro attuali pellicole tra trent'anni non verranno cercate da nessuno mentre "Cornetti alla Crema" non lo schioda neanche la Buoncostumeperbenista dall'ennesima replica.

[...]

Stavros ha scritto:

Per come la vedo, la scrittura di Chiaverotti è molto legata al periodo in cui cominciò a lavorare -il che vale quasi sempre per quasi tutti, ma se non altro spiega come mai non abbia avuto eredi, sulla testata. Quelle che mi sembrano le sue influenze principali dal punto di vista narrativo e visivo -il giallo/thriller italiano anni '70, gli slasher movies americani di quel decennio.
[...] se Sclavi era Hitchcock, Chiaverotti è stato Fulci: un Autore di Serie B, quindi anche violentemente discontinuo, ma con un set personalissimo di ossessioni e tematiche, e quel qualcosa di indefinibile ma impossibile da non notare che di solito si chiama Stile.

L'assenza di Recchioni... deriva dalla mia difficoltà nel collocarlo in uno dei due filoni descritti qui sopra. A prescindere da ogni valutazione di merito, forse l'autore che più di tutti si è avvicinato a modo suo allo spirito pulp del Dylan Dog di Chiaverotti è stato proprio lui -per entrambi Dylan Dog è "semplicemente", o comunque prima di tutto, un fumetto, qualcosa con cui divertirsi e far divertire.


Infatti, Chiaverotti sta a Fulci/Bava, come Sclavi sta ad E.A. Poe/Lovecraft. Il suo talento si colloca, come impianto formativo, sul cinema di "genere" di quel periodo, passando dall'horror artigianale dei succitati, ai beceri thriller sempre più slasher sulla scia di Argento&co, fino al poliziottesco nero dai '70s in poi. Poi lui c'ha aggiunto le sue personali visioni/ossessioni, in cui l'ambiente di Dylan calzava a pennello, alcune rimodulate dal genio di Sclavi, ma con una sua personalissima impronta di tipici stratagemmi, controfinalone a parte - v. mini-spaccati di vita di disgraziati in serie, con beffarde didascalie a margine, ne I delitti della Mantide, Il Monastero, Frankenstein!, Partita con la Morte, etc.

Uno stile che non vedo affatto, neanche nei (vani) tentativi di imitazione. Uno stile che non appartiene a Recchioni che a mio vedere, prima del DD666, è stato una specie di Barbato più pulp (in senso da nerd mmeriganofilo però, succube della sua sottocultura cine-fumettistica), perché ama scrivere storie SOLO SU Dylan, farlo soffrire (v. Mater, Corvo, etc)... per poi uscirsene con tamarrate colossali da botteghino per strizzare l'occhiolino ai suoi jovani compari di nerdate e citazioni :o .

CIAO MATER ALOHA
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MessaggioInviato: dom mag 24, 2020 3:39 pm 
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@Wolk chiaramente concordo su tutto. :wink: Analisi cinematografica e disamina del Chiave come contrappunto al commento di Stavros.

E, parlando di cinema, è bene sottolineare - come hai fatto - che alcuni hanno tentato di fare cinema divertente, sia nel comico che nella commedia (finita la golden age del trash), supportato da trame e voglia di intrattenere. Prima gente come Verdone e Troisi, quindi Aldo Giovanni e Giacomo (che, concordo, sui programmi tv risultavano molto più efficaci: del resto uno sketch può tirare fuori il meglio da certi comici. Albanese insegna. Ma anche Maccio Capatonda, che può far rotolare dalle risate con i suoi trailers sagaci e che ha suscitato pietà con i suoi prodotti cinematografici) e pochissimi altri. Forse Bisio, addentrandoci nel settore "commedia".
Si potrebbe fare di più. Tirare fuori una serie di prodotti migliori, in cui la comicità è supportata da una trama (non trame studiate ad hoc per inserire i fenomeni del momento, come lo furono per un periodo Sconsolata, I Fichi D'India, Enzo Salvi, gente che basa/va la propria comicità su 1) sgrammaticature irritanti 2) tichi-tic 3) "mamma mia come sto!" Oppure trame basate solo sul perculare il bove medio attuale).
E allo stesso modo - così esco dall'OT - nel nostro fumetto preferito far si che "l'intrattenimento" (parolona, in questo caso), sia supportato da qualche trama. Uno svolgimento. Personaggi che "agiscono" in un determinato contesto per fare qualcosa. Un indagatore che indaga.

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Nima83 ha scritto:
Capisco, o almeno credo di capire, la sottile ironia celata nel post di Aleksandr.


La mia era un'ironia bonaria ai commenti di Kramer per cui sembrerebbe davvero di vedere l'origine dei mali dylaniati in Chiaverotti e in chi si è troppo spesso rifatto ai suoi modelli.
Ovviamente non sono d'accordo, per me il declino è iniziato molto dopo e non certo per l'influenza di un autore che ho sempre apprezzato (su Dylan) come Chiaverotti. E se in qualcuno, a cominciare da Ruju, è ravvisabile qualcosa di chiaverottiano, poi meriti e demeriti sono farina del sacco di questo o quell'autore, al massimo di qualche dettame dei curatori.
Non si può dar la colpa a Sergio Leone per tutta la dimenticabile paccottiglia di spaghetti western che ha ispirato; non si può dar la colpa a Sclavi o Chiaverotti o altri autori storici per quelli che a loro si sono rifatti in maniera spesso dozzinale.


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MessaggioInviato: dom mag 24, 2020 5:42 pm 
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Assolutamente Alek, e grazie della nota a margine.
Chiaramente mi trovi d'accordo su tutto :wink:

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