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Inizio a scrivere queste righe alle 23.59, è ancora giovedì 26 giugno e sono a Praga. O in chissà quale altro posto. Righe che hanno l'unico scopo di ringraziare tutti coloro che hanno apprezzato, letto, parlato, discusso, criticato "i Raminghi dell'autunno". In vita mia non ricordo di aver mai ricevuto una simile mole di complimenti, per nessun altro lavoro, e dico questo senza alcun intento sbruffonesco: è solo una stupita constatazione, al netto delle centinaia e centinaia di messaggi pubblici e privati, sul web e fuori, che tanti di voi hanno voluto regalarmi. I complimenti fanno sempre piacere, ma personalmente acquistano un senso solo quando ti suggeriscono che forse hai fatto qualcosa di buono, che la tua fatica ha avuto un senso per qualcuno, gli ha donato qualcosa. Soprattutto per uno pieno di dubbi come il sottoscritto. Ecco, leggere o sentire che in tanti sono stati toccati da certe atmosfere o suggestioni, da qualcosa che -anche se non sono riusciti a spiegarsi fino in fondo- li ha emozionati, è per me la cosa più bella che potesse accadere. E mi dice che forse un senso quella fatica, protratta in un momento della mia vita così difficile e particolare, l'ha avuto davvero. Sentire poi che a tantissimi questa storia ha ricordato quelle dei primi cento numeri di Dylan, o addirittura alcune di Tiziano Sclavi, va ben oltre ogni mia aspettativa e mi frastorna un po'. Non voglio dare spiegazioni sulla storia, che ha suscitato tante domande, tante interpretazioni. Non per ora, almeno. La multilettura era parte del gioco, in ogni caso, in una storia che per me ha comunque un senso, anche quando è, o appare, come un non-senso. Rimane il mio, e non è detto che sia più giusto di quello che percepirà ciascun lettore nel proprio cuore. Questo periodo mi ha insegnato, o meglio ricordato, che non sempre si può avere il controllo, e che talvolta ci si trasforma nostro malgrado in foglie nel vento d'autunno, sballonzolati tra corpo e anima senza riuscire a poggiare i piedi per terra, a trovare la risposta, la "verità" secondo logica, desiderio o rabbia. Per quanto protestiamo, continuamente ci sfugge. Forse non la possiamo intravedere nelle stagioni, ma nel loro scorrere. Bene, era ancora giovedì 26 quando ho iniziato a scrivere e ora si è fatto venerdì 27, giorno di uscita del nuovo numero di Dylan. Il tempo passa o si arrotola, e i raminghi si allontanano dalle edicole per far posto al nuovo arrivato, dopo un inchino di benvenuto. Ovunque stiano andando, li saluto e li ringrazio per quanto mi hanno insegnato, rimettendomi in viaggio anch'io. Sono stato con loro a visitare circhi neri, oscuri, che fanno paura, ma che nascondono da qualche parte un'uscita, se riusciamo a venir fuori dal labirinto di specchi. Olio le ruote del carro e parto.
_________________ - Boy, that's scary stuff! Should we be worried about the kids in the audience? - Nah, it's all right. This is culture!
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