<b>Oggetti smarriti</b>
S
P
O
I
L
E
R
Dissento: forse sono stato troppo viziato dai precedenti lavori (per Dylan e non) di Bilotta, ma purtroppo la prima storia su formato di 94 tavole ha qualcosa che mi risulta "sbagliato". E proprio laddove pensavo che l'autore fosse più solido, cioè nella forma: c'è un ritmo discontinuo nella narrazione, dove l'ingranaggio degli eventi procede anche bene, ma forse fin troppo bene, quasi ingenuamente. L'idea che ho percepito è che ogni fatto sembri essere concatenato in modo univoco al successivo, come se le singole parti fossero prive di una propria autonomia ma fossero necessarie solo alla progressione degli eventi: nell'assemblea di quartiere scoppia una rissa, fatto necessario a provocare la disattenzione di Dylan verso la richiesta di colloquio di Dianne, fatto che induce quest'ultima ad aspettare Dylan fuori come richiestole, ma sempre la rissa richiama l'attenzione di Paul che per caso passava di lì, fatto che induce Dianne alla fuga (cosa che risulta giustificata alla luce di quanto verrà svelato in seguito)...
...o ancora la cena fra Dylan e Rachel, necessaria all'incontro col professor Baldry, necessario all'inivito di quest'ultimo per la disamina delle lettere il giorno successivo, necessario alla visione di Dylan del registro in cui si scopre che Bobby e Dianne frequentavano la stessa classe ed avevano una relazione... e così di seguito. Insomma, accadono determinate cose solo perché devono essere messe in moto altre cose.
Inoltre Paul dice di apparire "casualmente" due volte, una alla già citata rissa, l'altra davanti al garage di Katherine, e due casualità, vista la sostanziale assenza del personaggio nel resto della storia, non appaiono poi così aleatorie; lo stesso discorso vale per Rachel, anche lei scomparsa per circa 40 tavole, salvo poi riapparire per giustificare il proprio ruolo narrativo nel finale. Inoltre mi chiedo perchè siano sempre le persone a nascondere i segreti più torbidi ad avere l'impellente necessità di rivelarli al detective/ficcanaso di turno: infatti è Rachel a parlare a Dylan dell'incidente del fratello maggiore di Paul, Ralph, quando avrebbe potuto tranquillamente essere vaga nel rispondere e non fornire una pista che avrebbe potuto condurre anche al <i>proprio</i> passato scomodo, oltre che a quello degli altri.
E le casualità non finiscono: per puro caso sembra che nessuno fosse a conoscenza dei rapporti che legavano i quattro giovani (o meglio, è Dylan a non porre le domande giuste alle persone giuste) e per puro caso la notte dell'incidente nessuno aveva visto o sentito nulla...
Molto macchinoso, come il <i>deus ex machina</i> del camion fantasma che fornisce la prova risolutiva sul mistero dei due omicidi di Dianne e Bobby al momento opportuno. Non che ci siano contraddizioni o "errori" nello sviluppo della trama, ma di certo c'è una sana dose d'artificio.
Passando ad altro, anche l'atmosfera che si cerca di fornire del sobborgo-bene è ambigua: da un lato sembra voler trapelare il rimando a precedenti illustri quali <i>Twin Peaks</i> (dove tutti hanno un segreto da nascondere dietro placide apparenze) o al più recente <i>Desperate Housewives</i>, ma manca nella storia quella cappa di sospetto sottilmente morboso e inquietante di questi due sceneggiati; sembra piuttosto di assistere ad una piccola ed asettica <i>(Dylan)Dogville</i>, dove l'indifferenza e le nevrosi sono freddi e trasparenti.
Una nota a margine: oltre al rimando più o meno esplicito del finale al film <i>So cosa hai fatto</i>, mi sembra di vedere nel tema del camion fantasma un rimando al racconto di King <i>Il camion dello zio Otto</i>, contenuto nella raccolta <i>Scheletri</i>.
Ultima considerazione: una storia centrata completamente sulla riflessione dell'accettazione del dolore del passato, senza la minima riflessione del protagonista a riguardo (...e considerato il protagonista, Dylan Dog, che ha parecchi scheletri sepolti nella propria memoria...), forse in parte ne risulta sminuita nel proprio valore e nell'apprezzamento che le si può riservare.
Questo per quanto riguarda le cose negative.
A seguire quelle che invece che ho apprezzato.
...
Per quanto riguarda invece le cose che mi sono piaciute, c'è da dire che i personaggi della storia sono molto interessanti: non tanto per i personaggi in sé, quanto per quello che non riescono a non far trasparire. In un certo senso si sente che non si sta scrivendo una storia soltanto per avere qualcosa da pubblicare, ma che il livello di scrittura è tale da sentire una sensibilità autoriale non banale che permea tutto il racconto. Questa è una cosa abbastanza rara, perché mette in risalto il fatto che non c'è solo mestiere, ma anche personalità. In particolare due cose mi hanno incuriosito:
1) Da un lato c'è una sorta di "dissociazione" comportamentale, un eccesso di cautela, volendo di formalismo (molto letterario) unito ad una sconcertante naturalezza e spontaneità di reazioni e comportamenti (riguardo il formalismo, in generale è l'atteggiamento di Dylan ad essere molto discreto e signorile, "desueto": "eppure, durante l'assemblea, sembravate molto <i><b>appassionata</i></b>"; riguardo la naturalezza invece l'umanità dei personaggi emerge un po' ovunque, nella lucida follia di Katherine e nel suo amore severo per Bobby, nella bellissima scena della torcia con Linney e Cliff, ma soprattutto in piccolissime sfumature, come nello scambio di battute fra Rachel e Dylan a pagina 228, che (come in molti altri punti) ha qualcosa di eccedente il semplice fatto che debbano venir dette determinate cose fra i due personaggi, come se ci fosse davvero una <i>tensione</i> emotiva che trasuda dalla carta).
2) Dall'altro lato invece emerge una sorta di "tono medio" caratterizzato da una certa stanchezza nei rapporti interpersonali, a volte un distacco, latamente divertito, quasi un'insofferenza ed una difficoltà nel sopportare il genere umano.
Si offrono ancora una volta due chiavi di lettura: questa sorta di compassatezza abbassa momenti potenzialmente comici rendendoli inefficienti (ad esempio, è stato notato da altri che nonostante alcuni momenti brillanti e circostanze sostanzialmente ben confezionate, Groucho non fa ridere, ed in effetti è vero); inoltre in un certo senso la compassatezza immunizza la storia da vere cadute di stile (anche il camion fantasma appare plausibile e non riesce a risultare veramente ridicolo, nonostante fosse facilissimo cadere in questa trappola) e fa emergere una comicità molto sottile e <i>diversamente abile</i>: ad esempio, la prima vignetta di pag. 225, con lo scambio di battute da soap opera fra Bobby e Katherine e la livida saggezza pragmatica di quest'ultima.
Insomma, è come se i personaggi non si aspettassero nulla dalla propria vita, ma per riflesso si intuisce che questi personaggi <i>hanno</i> una vita, che non si riduce alle apparizioni nel numero di vignette loro assegnato.
Ripeto, in tutto questo ci sono sensibilità e personalità molto spiccate.
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Più o meno è tutto, ma anche se ci fosse altro, vista l'abnorme lunghezza del commento, mi guarderei bene dall'aggiungerlo.
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