Il post di luglio 2013 – Diary of the dead
Questo mese ci va di essere innovativi, per cui mentre molti discutono di Dylan e delle sue ultime avventure, vogliamo per una volta premiare la competenza e la passione che i nostri utenti sanno mettere in campo anche quando si parla di altri argomenti, dalla politica, al cinema alla letteratura allo spam più sfrenato (si, ci vuole competenza e passione anche per quello) o qualsiasi altro argomento. Ma vedrete che il post prescelto non manca di un certo fil rouge col nostro Old boy, visto che si parla di un regista cui Sclavi e i suoi epigoni devono molto, a cominciare dal titolo dell’albo numero 1… si, stiamo parlando proprio di George Romero, e della recensione che uno dei nostri utenti ha voluto dedicare al suo Diary of the dead.
Il recensore in questione è uno dei più cinefili del forum, per cui a vincere questo post del mese non poteva essere altri che…
Lucignolo
Di seguito il post prescelto:
Quasi un capolavoro horror nell’era moderna, nettamente il migliore della nuova trilogia sui morti viventi; nell’epoca del digitale Romero decide di rinnovare il genere che lui stesso creò decenni addietro e lo fa stupendo ancora una volta tutti, adottando lo stile meta-cinematografico POV alla Blair Witch Project o alla REC, scegliendo però la via del realismo totale: la protagonista ad inizio film ci spiega infatti che quello che stiamo per guardare è un film girato originariamente dal suo ragazzo, che lei ha terminato, montando più riprese di varie camere (quelle a spalla, quelle sugli elmetti dei soldati, quelle a circuito chiuso delle camere di sicurezza etc..) su di un laptop, le musiche drammatiche che sentiremo sono altresì aggiunte dalla ragazza perché l’intento dichiarato non è solo quello di documentare una due giorni da inferno dantesco, ma quello di spaventare per bene chi ritroverà il filmato e lo guarderà, mettendolo così in guardia sull’estrema pericolosità del contagio.
E così una piccola troupe di 7-8 persone che sta girando un filmino horror apprende dalla radio il diffondersi di un’epidemia che fa risvegliare le persone appena decedute con un pericoloso istinto cannibale. Decidono quindi di tornare in città con un camper, il tutto è documentato da Jason, regista del film, ritrovatosi ora suo malgrado regista di un documentario che vive sulla sua pelle.
Il film evita in questo modo sin dall’inizio lo spiacevole effetto che tutti noi abbiamo guardando i POV moderni: filmini amatoriali che però hanno colonne ed effetti sonori innaturali che non sai come possano essere presenti. Qui è tutto spiegato, scanso equivoci.
Nell’era dell’upload, della trasmissione in streaming , l’ammontare di dati provenienti da tutto il mondo è sconfinato, chiunque sia munito di una camera, perché no anche di cellulare, può documentare, chiunque può raccontare la verità o distorcerla come meglio crede nel montaggio; il web è il paniere di migliaia di voci, la verità oramai è irraggiungibile, i mass media tradizionali, obsoleti, sostituititi da bloggers e utenti di siti sharing come Youtube. Quando ci capita di assistere a un incidente per strada, non rallentiamo per aiutare, ma per la morbosa curiosità di vedere coi nostri occhi gli effetti dell’incidente; è proprio la stessa morbosità che porta la gente a guardare filmati sconvolgenti sul web e allo stesso tempo quella che porta altra gente a non poter smettere di filmare e caricare su internet le tragedie che si vivono in prima persona, scrivendo così le pagine di un diario “della crudeltà”, un tipo di cronaca che ci fa tornare in mente il lavoro dai cine-reporter in Vietnam.
Quindi Romero dimostra di sapersi svecchiare, esplorando territori diversi da quelli della critica alla società consumistica chiusa in se stesso (che comunque non abbandona, vedere la parte finale) che aveva affrontato in Zombi e poi, a livello di caste cittadine, in Land of the dead.
Ma il significato di un film si annulla se poi la realizzazione è mediocre; invece in questo film si eccelle anche in questo: partiamo dal fatto che è un film realizzato con un budget misero (2 mln $ stanziati preventivamente!) che grazie a un infinità di accorgimenti (Agli SFX non c’è Savini stavolta ma l’altrettanto eccellente Greg Nicotero) sembra essere 10 volte più grande di quello che è in realtà, con l’uso incredibilmente efficace della CG.
Inoltre in questo film Romero non sbaglia la caratterizzazione di nemmeno un personaggio, tutti incredibilmente interessanti (su tutti l’ottimo attore che interpreta il professor Andrew, Debra e anche l’attore di colore tostissimo che, come tradizione, appare in ogni film del regista).
Ho lasciato per ultimo come menzione speciale quello che dovrebbe balzare agli occhi per primo e cioè un grandioso lavoro di regia di Romero, qui davvero in stato di grazia: la visuale in prima persona gli dà linfa nuova, nuovi spunti quindi per poter spaventare in modo originale lo spettatore, come quando ti ritrovi davanti a scene come:
-La scena in ospedale con l’attacco inaspettato del paziente attaccato alla flebo
-Nel capanno controllato dagli afroamericani, la testa dello zombie che si scioglie a vista d’occhio dopo che gli viene versato l’acido addosso
-Debra che torna a casa e viene assalita dal suo fratellino e dalla madre, poi abbattuti a colpi d’arco
-Praticamente ogni scena con zombie nella villa di Ridley (torna il vecchio Romero con la gente barricata dentro un luogo lussuoso e gli zombi di fuori che vogliono entrare)
Proprio nella parte finale Romero dimostra di aver preso spunto dai film pseudo-amatoriali con camera a mano e di averli saputi portare ad un livello superiore: nel finale ad esempio riesce a sfruttare due persone che tengono in mano contemporaneamente 2 camere per farci un campo-controcampo, riesce a farci passare da una stanza all’altra grazie ai monitor delle security cam, dando quindi nuova e sconosciuta dinamicità a un genere di film finora monoprospettico, gioca sapientemente con le ombre, con lo sfumato, col ralenty e la voce fuoricampo nei video televisivi di mezzo, con l’effetto sorpresa, mai abusandone, sentendosi a ragione padrone sicuro del mezzo.
Ancora una volta Romero ha dimostrato come gli sia possibile prendere qualcosa che non esisteva quando lui era giovane, qualcosa che è invece intorno a noi da diversi anni, che non dovrebbe turbarci, come la tecnologia multimediale, costringendoci a guardarla sotto un inedito punto di vista, facendoci spaventare di noi stessi, ancora una volta a distanza di decenni. Quelli sotto esame siamo di nuovo noi, gli zombie sono solo parte dell’imponderabilità degli eventi, attori non protagonisti di qualcosa che a Romero oramai interessa solo marginalmente, esseri deambulanti riflesso di quello che siamo da vivi, ritrovatisi a soffrire una seconda volta senza un perché, costretti a vagare nuovamente su di una Terra prossima al collasso.
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