Il post di novembre 2014 – Mai più, ispettore Bloch
Devo dire di essere emozionato a introdurre il post di questo mese, probabilmente si celebra l’evento più epocale della storia di Dylan Dog, con tanto di citazione spidermaniana in copertina… e ora come faremo senza il nostro ispettore? Ce lo spiegherà il vincitore del prossimo post del mese, dedicato all’insediamento dell’ispettore Carpenter.
Tornando però alla storia di questo mese, il titolo è Mai più, ispettore Bloch, ed è opera del ben rodato duo Paola Barbato & Bruno Brindisi, rispettivamente a testi e disegni, per i pochi che non lo sapessero.
Ora si passi a introdurre il vincitore, non è un pesce, non è un agrume, lui è…
MandarinoFish
Di seguito il post che gli è valso il premio:
Un celebrativo che celebra poco.
E paradossalmente è la cosa che mi è piaciuta di più.
Avevo il timore reverenziale che questo numero si palesasse come un evento traumatico e sensazionalistico. Invece la narrazione quasi sommessa della Barbato me l’ha fatta apprezzare. Tutto scorre decisamente bene tra siparietti divertenti (la scena tra Dylan e Jenkins è da applausi a scena aperta. Alzi la mano chi non ha riso? ) e momenti davvero emozionanti.
I cambi di toni dal grottesco al reale, dai momenti di serietà a quelli prettamente più ironici sono gestiti davvero bene e con naturalezza.
Si ride in una pagina, in un’altra siamo perplessi e nell’altra ci sorprendiamo. Per tempi narrativi e per i risultati conseguiti, la Barbato riesce dove la precedente gestione aveva clamorosamente fallito: la costruzione di una black comedy credibile.
Riguardo comprimari e non: lasciando stare Jenkins, che si rivela ancor di più meraviglioso per la sua genuina stupidità, e lo stesso Bloch, che è l’emblema dell’umanità di un trio che ha bisogno un personaggio così cinicamente legato alla realtà per compensare i voli pindarici degli altri due, i due nuovi personaggi, che per come sono stati presentati e per come si è conclusa la vicenda torneranno ricorrenti o almeno questo fanno pensare, sono piuttosto interessanti.
Lei: bruttina con un background alquanto “particolare” e folle. Lui: con le sembianze di Tony Soprano, probabilmente più macchietta ma gestito indiscutibilmente bene.
In loro due, ho rivisto la cura minuziosa dell’autrice nella costruzione dei personaggi. Perché, per me, se i personaggi hanno lo spessore di una sottiletta influenzano negativamente il risultato finale di una storia, nonostante l’idea e lo sviluppo della stessa siano brillanti. Perché i motori sono sempre loro, e se hanno qualcosa da raccontare, qualcosa da comunicare, bello o brutto che sia, l’esito finale sarà diverso. Cercare di creare un canale preferenziale fra personaggio e lettore è ostico, se non impossibile. Puoi farlo in maniera paracula e con il cuore e Johnny Freak è lì a dimostrarcelo, oppure stuzzicare mentalmente il lettore con personaggio complessi, narrativamente parlando (penso ad Angelique di Sciarada).
Il tutto condito con un splatter di misura, dialoghi abbastanza brillanti ed un Brindisi in forma ma non al suo apice.
In tutto questo però voglio sottolineare due cose che non ho apprezzato:
1.L’utilizzo della morte. Non stupisce più per l’abuso che se n’è fatto negli anni. Oramai questa figura così macchiettistica ha perso la sua natura e carica horrorifica.
2.Per quanto mi sia piaciuta la scelta di una narrazione più sobria, è mancata, dopotutto, la Barbato più viscerale e selvaggia dei primi numeri. A questo punto mi chiedo, visto le sue ultime sceneggiature, se tornerà mai come prima oppure se questa è una Barbato 2.0.
Voto 7
1 commento
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