Il post di marzo 2012
Smaltiti postumi della premiazione del post dell’anno, possiamo tornare alla ‘solita’ e più sobria cerimonia mensile, che vedrà tutti gli utenti della vostra community dylanyata preferita (cioè sempre voi) scannarsi per l’ambito titolo. A sceglierlo siamo noi dello staff, ma se sentite la mancanza delle votazioni, potete consolarvi votando per il galeone d’oro… in attesa di rivotare poi per il post dell’anno prossimo. Almeno di queste votazioni non vi pentirete sistematicamente a elezione avvenuta.
Dopo vari post prescelti dalla discussione mensile, per marzo abbiamo deciso di rivolgere nuovamente le nostre attenzioni sulle pubblicazioni fuori serie, e, più precisamente sull’almanacco della paura, la cui storia, L’eliminazione, è stata sceneggiata a quattro mani da Roberto Recchioni, Mauro Uzzeo e disegnata con sole due mani da Bruno Brindisi.
E veniamo ora a presentarvi l’autore del post prescelto, che frequenta da poco il forum, ma già è diventato celebre grazie alla sua scrittura, tanto logorroica quanto ricca di spunti e minuziosa nelle analisi. Per non parlare della j pirandelliana.
Avrete capito che sto parlando di…
wolkoff
Di seguito il suo post, che non descrivo perchè è già lungo di suo…
Riprendo il discorso, e mi riprendo non poco quanto ad umore passando alla storia finita per chissà quale sorte oscura (televoto telepatico autoriale? Radiovoto radioattivo redazionale?) nella scarsa cornice di visibilità fornita dall’Almanacco .
Scelta discutibile o meno, su 7 storie lunghe uscite quest’anno, il podio delle migliori 3 è facilmente assegnabile a delle fuori serie – in tutti i sensi, visto la media di quelle “base” no optional, si e no semiasse ed inchiostro – e questo lascia grossi puntini di sospensione sospesi sulla mia testaccia inerme […]
Allora diamoci un’occhiata a questa (bella) storia (fratello!) per vedere se merita la sopravvivenza sul virtual-voto della sezione sondaggi senza finire nel sangue…o con l’eliminazione delle altre dal database – che male proprio non farebbe…
Premessa per produttori/autori televisivi a corto d’idee: tenete lontano Maria De Filippi da queste pagine perché potrebbe venirgli qualche idea deviante su come rimpolpare l’audience con trovate analoghe .
Je manca solo quello…anche se a Uomine e Nonne un’eliminazione corporale in diretta non starebbe così male per gli esclusi…con tutto quello che ci risparmierebbe l’INPS. Sospetto la Fornero sia a favore, e già smanetta sul telefonino per sopprimere qualche 60enne in più.
Prima vignetta: si parte direttamente col titolo, pessima tradizione degli ultimi 10 anni.
E poi qui il titolo è davvero bruttarello, anche se era difficile trovarne uno più ad effetto. Quello in fase di preparazione “Guardami” colpiva davvero a segno, tra Almodovar e le Hotline, ma è stato purtroppo rimosso. Che altro metter in padella? “Eliminazione a catena”? – sa di Nathan Never ; “Ne resterà uno solo”? – sa di Cristopher Lambert; “Se esci muori”? – sa di Ciudad Juarez; “Votami sennò crepo” – sa di PD
Comunque la storia inizia in telepromozione con lo spot esaltato di una ciurma di poveracci in gara per non sparire dal video. Una tragedia quanto mai contemporanea, dato che da una manciata di anni a questa parte le uniche aspirazioni post-adolescenziali proposte in tv sono ballare e cantare ad oltranza, auto-plagiandosi all’idea di un talento che non c’è…se non in casi rari. Dopotutto l’orrore dei talent show è nel fatto che sembrano enormi uffici di collocamento fictional-izzati, quando tutti sanno che anche nel mondo dello spettacolo si fa la fame…e ci marciano, sulle illusioni di questi giovinetti in fila per una telecamera cannibale .
Fame deve avercene anche la nuova squinzia di Dylan, che però si accontenta di semplici patatine davanti alla tele. Finalmente una tipa un po’ realisticamente stupida e non romanzata: in mutande in giro in per casa, console sulla console (il mobile), mediamente sciroccata, divano per attività extra. Ormai le sceglie per puro piacere di documentazione (psico)sociale, pare
E si parte con lo show: lo stato di lobotomizzazione esaltata del pubblico è reso bene dall’atmosfera e dai dialoghi, come l’idea (arrogante) di entrare nell’intimo dei protagonisti per sancirne la sopravvivenza o meno. Quando danno la parola a questi elementi si intuisce un’altra sub-specie di parassiti abortiti dai ranghi catodici: gli opinionisti di mestiere dagli spalti, perfetti nessuno (perdonami Sclavi, rigorosamente minuscolo però ) che sbraitano su individui che non conoscono, pur di diventare dei “personaggi” fissi da gettone garantito a loro volta. Ancora una volta Maria ha fatto scuola da tempo immemore…e credono esistano master specializzati per esser titolati in questa professione. La truzza di p.50.v è perfetta per la categoria. Complimenti a Brindisi .
Poi comincia lo spettacolo che ci aspettavamo noi lettori di DD: la violenza, la follia, il sangue. Ed ognuno parteggi per i propri diletti nel dilatarsi del delirio in gioco. In questo caso molto in palla Groucho, che non spara solo battute a salve, ma interagisce direttamente con la storia da personaggio e non da figurante – cosa che pochi autori concedono ancora. Un milione di dollari sull’unghia per sapere la domanda sul pulcino pedonale stile Millionaire – come il presentatore (p.56) – o cosa gli abbiano detto di così sconcio in quel di SanPietroburgo per il suo show scalcagnato da procuragli un soviet-ceffone aria terra (p.47. iv)
Anche Bloch è un vero poliziotto consumato da prima linea: s’incazza, storce il muso, dissente conto i superiori, e sa che nulla è dannatamente semplice. Niente fotocopie da consegnare o paternali spente, e ci si può solo guadagnare.
Lo show delle citazioni incornicia a ripetizione il pacchetto narrativo: me ne saranno sfuggite a decine,ma su Andy & Capp, il Gerry Scotti indiano, la rinnovata visita a Pinewood e l’omaggio all’irruzione di Zed (p. 72. iii) dico “presente”. Per le altre marino l’aula. Quanto allo show televisivo qui in onda, non è molto chiaro se s’intitoli “Per far nascere una stella” (come dice Tiffany, p. 38.i) o “Natural born stars” come si vede su tutti i loghi in studio, e suona notevolmente meglio. Comunque nascere-natale-natura sono collegati etimologica-/semantica-mente come termini.
Spietato e squallido quanto basta il cinismo manageriale degli odiosi produttori/autori/funzionari del network che premono per prolungare ad libitum la diretta televisiva, nella sciagurata idea che gli sponsor si ringalluzziscono e si faccia il picco di tele-guardoni (p.59). Questo enfatizza la loro sfacciata brutalità…dopotutto i veri folli sono loro…ma ci perde quanto a realismo – che non è il cardine della storia comunque. Se si fossero smeningiati a share freddo, serviva poco per capire che illudere i nostri Columbine Boys, assecondandoli con una messa in onda fittizia e dei voti altrettanto tarocchi – non lontani dalla pratiche correnti – bastava ed avanzava per tarpare le loro pretese di truce ribalta.
Per spezzare la catena di tele-eliminazioni interviene un Dylan non troppo convinto e disarmato, che le prende per benino, giusto in tempo per inquadrare la follia della sua Tiffany, ormai ingurgitata dalla spirale di follia ed allineata ai suoi colleghi per deontologia coatta da showbiz (pp. 64-68). Il suo stato da tele-hominide demens forse andava qui un po’ più esasperato da Brindisi, che non sembra dipingere la pazzia sul volto di Tiffany, un ghigno, una foscaggine, una stortura, nada: troppo lineare nel suo autismo candido da ebete…ma probabilmente era proprio quello che si voleva rendere in queste tavole. Più in avanti il suo lato grottesco verrà messo meglio in luce, con e contro Dylan-pasticcino .
A questo punto (p. 70) si fanno avanti i reparti speciali col loro esponente di punta alla Morgan Freeman. E qui l’azione entra nel clou, i ritmi si fanno incalzanti, la lettura preme e si getta il telecom(m)ando da un’altra parte. Bella tosta l’idea di mettere Eric contro Harris per farne altro show, e molto riuscita la scorrettissima scelta del biondo schizzato: non sempre l’amicizia premia, non in TV…a meno che non si parli di raccomandazioni. Tra l’altro ci toglie dalle scatole il lato debole del duo di Columbine Boys, molto simile ad un incrocio tra un cantante nu-metal palestrato e un Costantino Della Gherardesca vanesio .
Dietro il suo americanissimo tazzone fumante di caffè il nostro Morgan-Elijah gongola per la strategia (discutibilmente) efficace (p. 79) e si prepara ad una fase2 tutta da gustare…mentre Bloch giustamente non approva… perché stè cose le lascerebbe volentieri a Criminal Minds, NCIS, ed altri baracconate da para-criminologi stellestrisce (di coca, hollywodiana) .
Per una dozzina di pagine i ritmi calano e la cesura narrativa si fa un po’ farraginosa. Dylan, non bastassero le lezioni precedenti (p. 55, 63, 85, e poi 121), cade ancora nella topica di buttarsi a corpo morto contro un fucile a pompa come espediente risolutivo, mentre il duetto illuminante nei bagni con Tiffany poteva consumare qualche vignetta in meno – escluse ovviamente quelle magistrali del Brindisi più visionario, stile incisore (p. 94.iv) ,e poi raccapriccioso nel gargantuesco mostro del pubblico impoltroneggiante (p. 95.iii) .
C’è di buono che l’Old boy le assesta un bel colpo dopo l’ennesimo “pasticcino”/ “orsacchiotto” vagante…ed è il minimo che potesse fare per la glicemia di tutti i grizzlies – io avrei fatto molto peggio – , mentre qualche accortezza in più la poteva pur prendere per la sua (ex) compagna, magari legandola per evitarle altre alzate d’ingegno in studio.
L’interventismo plateale del saputello Elijah è punito, come merita, con un bel pallettone nel capoccione (p. 102) , vista la sua trovata da psicologo teledipendente di quarta categoria di fare una piazzata da “caso umano” nel confronto a tutto schermo tra il “trascurato” Harris ed i suoi poco allibiti/affranti genitori. Davvero, mi ha fatto molto piacere quando è stramazzato, perché non sopporto a pelle tutte le solfe di quei criminologi saccenti, acutissimi conoscitori dell’animo umano (mandove?), che imperversano a ripetizione su dozzine di serie tv al solo scopo di ringalluzzire il piccolo investigatore/analista fallito che è in noi. Spero solo che i suoi nipotini non fossero sintonizzati, perché ci ha fatto una figura da cioccolatajo con la sua strategia buona per CSI Tor Vajanica – o Milano2, Palazzo dei Cigni, fate voi.
Ci si avvia alla risoluzione con le forze speciali che irrompono col loro diktat da dentro o fuori. Non ho gradito molto la solidarietà tra concorrenti-ostaggio in questa fase (pp. 106-07), mentre fanno muro contro i militari per proteggere Harris…anche perché non sono molto chiare le loro pulsioni durante tutto lo show-ricatto.
Alcuni accennano qualche sudata fredda (p. 61.i), altri frignano a frittata fatta (p. 75.iii)…ma nel complesso non si fanno prendere da isterismi di troppo né psicodrammi annunciati – come forse sarebbe stato più opportuno – né sembrano esaltarsi troppo nello show a fucili puntati. A differenza del pubblico (in sala o davanti alla tv, vero protagonista della storia) ben ritratto nel suo lato grottesco e surreale fino al parossismo aberrante, i concorrenti appajono un po’ troppo passivi .
Insomma, sembra prevalere alla fine in loro il cameratismo da combriccola buonista al posto della ferocia da survivg reality. Un zinzino di cattiveria e barbarie caricata in più non guastava…proprio per il grottesco prevalere del delirio e della tensione in queste sequenze – per intenderci, sulla falsariga di I nuovi barbari. Sono “mostri” da sbattere in prima pagina/camera anche loro, al pari di Harris, e l’abbiamo visto. Amiconi alla “Maria” potevamo anche non vederlo .
A questo punto Dylan si prende nuovamente tutti i riflettori e pensa di battere i suoi antagonisti sul loro stesso piano : al televoto, su due piedi, tornare a casa tutti sconfitti o continuare nel video-massacro in cerca di un vincitore. Troppo ingenuo (ed a digiuna di tv) per capire che con un pubblico del genere, tra le due opzioni, la sua è destinata inevitabilmente alla sconfitta.
Ma lui si getta comunque al ballottaggio suicida come un qualsiasi candidato di Bersani alle primarie, ed abbozza incerottato un discorsaccio che più retorico non si può, con fare serafico e rilassato come se parlasse di una campagna a favore dell’8 x 1000 ai monaci tibetani. Forse anche nella frase ellittica “Io voglio tornare (solo) a casa” c’è qualche citazioni di fondo…ma non riesco a coglierla al momento. Tra l’altro il tipo in sandali (p.115.ii) ricorda un po’ uno Sclavi incanutito .
Molto meglio di Dylan la sola pagina che impiega Harris per colpire allo stomaco la voglia di spettacolo dei suoi tele-supporters, a cui già formicolano le dita sulla tastiera-gogna non più solo mediatica. Verdetto spietato e scontato quindi, ma la polizia anti-ludica non ha il tempo di fare un sondaggio di consensi sul fascino delle divise, e la mena in rissa/mattanza…come purtroppo succede non di rado nella bagarre generale (pp. 121-22).Forse un po’ spropositata la strage generale di proiettili sfreccianti nel fumo, visto che decine di agenti armati fino ai molari dovevano fronteggiare un solo fucile mezzo scarico, ma in certi casi meglio sventagliare per sicurezza .
Davvero azzeccata la conclusione diseducativa per mancanza di alunni: nessuno del pubblico bambalucco ha capito nulla (di sé), nessuna lezione a latere, si aspetta un’altra edizione a momenti, la bimba impigiamata piange perché pensa si sia interrotto il segnale (123.ii), la catena di eliminazioni proseguirà…perché the show must go on (the tv)….ed è ora che Dylan cambi quella televisione con l’antennina mesozoica…perché trovare uno che la ripari sarà molto arduo.
E pertanto, in sintesi (ma no?!) e per il gusto di tirare le somme occulte sottratte al fisco:
Soggetto: 6 -I reality si erano già visti nello speciale di Medda, ma qui colpiscono per il loro vero orrore morboso, nei rapporti col pubblico.
Sceneggiatura: 7 ½: -la cosa migliore, regia coi fiocchi, ritmi disinvolti, scambi di scenari, personaggi ben caratterizzati, per una storia che cattura. Non è perfetta, ma vale comunque molto.
Copertina: 5 -più sintetica non si poteva. Dà l’idea di una match da videogioco picchiaduro e nasconde la parte migliore, il pubblico bestiale in 4a di copertina. Un po’ di ComputerGraphic in meno non guastava .
Disegni: 7 – Brindisi è (attualmente) il mio disegnatore preferito e quindi non sono molto imparziale .
Un gradino sotto Il delitto perfetto per la cura del tratteggio e dei dettagli…ma uno studio televisivo non offre molto in sé. Ogni viso distingue pienamente un personaggio dall’altro, e la sua espressione, il suo stato d’animo, come nessun altro disegnatore sa fare: una galleria infinita di volti unici che rimane impressa e prende vita da sé.
Non ho capito tanto quella sgranatura stile carboncino delle prime pagine vagamente Stano-ide. (v. pp. 39 e 43 per esempio). Per fortuna da p.59 in poi viene auto-boicottata.
Adesso vi lascio perché devo correre a mettermi gli scaldamuscoli per improvvisare una seduta di Flashdance a tutto volume davanti alla dirimpettaja guardona 60enne. Chissà che non mi riprenda col cellulare per candidarmi su una web-votazione tiratissima? Se sopravvivrò la colpa sarà solo loro .
ALOHA
1 commento
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