Il post di febbraio 2012

Ogni promessa è debito, per cui, prima di procedere come di consueto alla premiazione del post del mese, proclamiamo ufficialmente il vincitore del post dell’anno… che probabilmente già conoscerete visto che lo avete votato voi tramite sondaggio, ma un pò di passerella con tanto di tappeto rosso è sempre bella da vedere. Il successo del premiato nel sondaggio è tutto fuorché imprevedibile, visto il consenso umanime che già aveva saputo riscuotere sia sul forum, sia nei commenti alla premiazione mensile.

 Per cui posso finalmente annunciare che il successore di rimatt (vincitore l’anno scorso) è…

Lord Blendings

E ora che i giochi per il 2011 si sono conclusi, possiamo riprendere con quelli del 2012, visto che, come ben sapete, vincere il premio mensile è il primo passo per vincere quello annuale. Come al solito (ma differentemente da quanto successo proprio per il post di Lord Blendings), il post di questo mese proviene dal topic per la discussione sul mensile, l’albo 305, Il museo del crimine, di Giovanni Gualdoni e Nicola Mari, impreziosito da una splendida copertina di Stano, che qui vi mostriamo.

Come successo già il mese scorso, il premiato di questo mese non è al suo primo successo, ma comunque mancava agli onori di questa rubrica da un pò di tempo, per cui sarà un piacere premiarlo di nuovo, vista anche la costanza nello sfornare ottimi post.

Il vincitore di questo mese è…

Cyber Dylan

Ecco il suo post, piuttosto critico nei confronti dell’albo recensito:

Ennesimo albo mediocre. :| Ormai è diventata la norma.
Qualcuno in redazione deve (giustamente) aver fatto notare a Gualdoni che gli vengono meglio le storie brevi di quelle lunghe. Così l’autore ha sfornato un albo omnibus dove un racconto ‘cornice’ fa da contenitore a tre episodi sostanzialmente a se stanti, se non per il tema -molto generico, a dir la verità- del serial-killer.
Buona l’idea, ma la realizzazione proprio non va.
A differenza del recente albo di Mignacco/Brindisi (a me piaciuto molto), in cui il protagonista degli episodi è effettivamente Dylan, qui abbiamo tre racconti in cui il personaggio Tizio o il personaggio Caio ha la faccia di Dylan. Nient’altro.
Il Dylan di Mignacco era effettivamente Dylan, non tanto perchè facesse l’indagatore, ma perchè aveva le caratteristiche psicologiche di Dylan: l’umanità di fondo temperata da un certo disincanto, il misto di romanticismo e rassegnazione… Il Dylan degli episodi di Gualdoni non ha nessuna di queste caratteristiche.
Per citare e parzialmente emendare Dogares :wink: noi non vediamo Dylan in abiti ottocenteschi, ma un tizio dell’Ottocento con la faccia di Dylan. Potrebbe anche avere la mia faccia e non cambierebbe nulla (a parte essere mooooolto meno sexy :mrgreen: ).
E’ questo il principale problema, non tanto il fatto che l’immedesimazione di Dylan ‘non è spiegata’.

I tre racconti hanno anche altri problemi. Passi che non contengono elementi originali (sarebbe stato pretendere troppo!), ma la direzione narrativa presa dallo sceneggiatore è puntualmente la più ovvia e la più banale.

Prendiamo per esempio il primo racconto.
E’ stato giustamente notato che si ispira alla vicenda di Burke & Hare, già trasposta al cinema innumerevoli volte (a parte il recente film di Landis, segnalo Le jene di Edimburgo di John Gilling con Peter Cushing e La jena di Robert Wise con Boris Karloff – recuperateli se potete! Sono bellissimi, specie il secondo!).
Tutti gli autori/cineasti che hanno narrato la vicenda hanno puntato i riflettori sui due procacciatori di cadaveri, Burke & Hare, e NON sullo scienziato che li studiava, il dottor Knox.
Perchè? Perchè l’angolazione era più insolita e permetteva uno studio socio-politico non banale. Le azioni di Burke & Hare rivelano come un tempo, nella Gran Bretagna dell’Ottocento, la vita umana non valesse nulla, mentre paradossalmente valesse qualcosa la morte (i due uccidevano per ‘fabbricare’ cadaveri freschi e poi intascare denaro dal dottore, ignaro delle loro azioni).
Invece, puntando i riflettori sul dottore, cosa ottiene Gualdoni? Nient’altro che la centomiliardesima variante dello ‘scienziato pazzo’!!!!! :? 
La banalità ha un nuovo vangelo: le sceneggiature gualdoniane.

Gli altri due racconti sono in sintonia: banali, prevedibili, senza guizzi.
La cornice affossa definitivamente la storia.
A me sembra ispirata da un racconto a fumetti di Alan Moore del ciclo ABC. Anche lì, guarda caso, c’era un serial-killer che usava il martello, anche lì avveniva uno scambio d’identità e anche lì la colpevole si rivelava una donna… :roll: 
Vabbè, saranno coincidenze.
Quel che è certo è che mentre nella sceneggiatura di Alan Moore tutto quadrava a perfezione, come un puzzle cesellato al millimetro, qui tutto appare pretestuoso e sconclusionato. Inutile sottolineare con la matita rossa questo o quel dettaglio: l’hanno già fatto meglio di me gli altri forumisti.

Mari risolleva un pochino la pericolante baracca, ma si vede che non è ispirato. Come Brindisi e Casertano, è un autore che dà il meglio di sè con sceneggiature buone. Quando la struttura scricchiola, non può far altro che affidarsi al suo (peraltro eccellente) professionismo.

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