Il post di settembre 2011
Dopo lunga pausa dovuta alle vacanze estive e a un po’ di impegni personali, il titolare di questa rubrica (che sarei io) ritorna a premiare il post del mese… datemi il tempo di pulire tutto il macello di sangue di cavallo (passi, è il suo marchio di fabbrica) e di sgombri avariati (e questi da dove escono?) e sono tutto vostro, come al solito.
Questa premiazione poi è speciale, perché, come senz’altro saprete se non siete stati decerebrati da un mad doctor di recente –nella speranza che nel caso non sia stato un troppo rapido lavoro-, questo mese è uscito il trecentesimo albo delle avventure del nostro Dylan (ad opera della premiata ditta Ruju & Stano), per cui non vogliamo essere da meno e per rendere al meglio l’acceso dibattito che si è visto nel nostro topic, premieremo non uno ma due utenti, che facciano da portavoce degli opposti giudizi riguardanti l’opera in questione, e si dividano il generoso premio offerto dalla nostra redazione… cioè un bel niente, come al solito!
Il primo utente a essere premiato è uno dei più controversi della storia recente di questo forum, nato come fake (o forse no), poi misteriosamente sparito all’improvviso, e altrettanto all’improvviso ricomparso proprio per commentare a dovere questa storia.
Avrete capito che sto parlando di…
dogares!
Questo è l’entusiastico post che promuove il celebrativo con grandi lodi, soffermandosi in particolare sugli aspetti più emotivi della lettura:
Ci sono opere, ( film, musica, pittura, disegno, fumetti…) che colpiscono direttamente, come un gancio di un pugile, chiunque ne usufruisca. Altre si immergono in una atmosfera sottile, velata di sfumature tenui, come i colori del mattino.
Il risultato è che spesso, dopo una prima superficiale analisi e lettura o ascolto, certi particolari e certe tematiche escono lentamente perraggiungerti, e per farti apprezzare cose che prima ritenevi superficiali, trascurabili.
“Ritratto di famiglia” rientra in questo contesto.
Si è detto sino alla nausea che “La storia di Dylan Dog ” con la sua chiusura anticipata delle tematiche Sclaviane sul futuro del mondo, sulla vera famiglia di DD, su tutto insomma, è stata di fatto un Everest impossibile da scalare per chiunque intenda mettere mano al passato di Dylan, a Xabaras, al suo rapporto con Morgana… Ruju qui da una lucidata all’album di famiglia, attingendo ad atmosfere e a concetti forse risaputi ma perfettamente radicati nel mondo di Dylan e dei suoi lettori.
E’, nella sua opera, aiutato in modo sublime da uno Stano perfetto, che disegna una Morgana di una bellezza sconvolgente, tenera e sensuale, ora quando è dolce madre, ora quando è tenera amante, ora quando è spaventosa non morta.
La sottile malinconia che pervade l’albo, è la malinconia dei concetti di Dylan, del suo modo di pensare e di vedere la vita, che troppe volte era stata abbandonata nel corso degli ultimi anni per scelte editoriali su cui tutti abbiamo discusso, qui riaffiora in modo sottile, delicato, figlia di una storia come sempre dalla doppia sfaccettatura ( ciò che abbiamo letto è realmente accaduto, oppure è un fumetto di Creed che non viene mai nominato e che forse è realmente Stano stesso ) che parte dal disperato ed umano bisogno di ritrovare un amore perduto, una madre sconosciuta, una nostalgia lontana.
Inverness immersa nella nebbia scozzese non è solo un banale omaggio alle atmosfere dark e noir dei vecchi horror Hammer, ma il luogo della memoria, l’immergere Dylan nel passato più lontano e nel futuro ancora da decifrare e da risolvere.
E’ stato giustamente osservato come i colori, meno brillanti e vivi di quelli del ventennale, mostrino una realtà da tela, da dipinto ad olio, da fotografia sbiadita e carica perciò di ricordi e di sensazioni.
Il futuro senza speranza sognato o meglio predetto dalle fantasie oniriche di Morgana ( la scena di Sybil Browning che scende zombie dal treno..) sarà cancellato da Nessuno con il suo colpo di pistola. E’ questo il vero sunto dell’albo. La cancellazione di un universo tanto sbagliato quanto inumano, parte da un uomo qualunque, un nessuno appunto, carico di malinconia ed umanità.
Che Morgana, Nessuno e lo stesso Creed posseggano il potere della preveggenza, del vedere e anticipare il futuro, di entrare in contatto con ciò che sognano e creano ( in vari modi: il disegno, il sogno, la fantasia ) e che in fondo siano tutti creature di Xabaras ( Creed venne ucciso da DD in “Morgana”eppure da immemore si ritiene il solo vivo nella desolazione ) cioè in fondo tutte creature che contribuiranno alla sua disfatta, è una catarsi narrativa e anche filosofica.
La bimba è chiaramente Morgana…ma ciò che significato ha ? Ritornerà, crescerà di nuovo per interagire con il destino o è un semplice sogno di una mente complessa e fragile ? Lei è l’elemento della fusione fra vita e morte, fra l’essere madre e donare la
vita e l’essere il viatico della distruzione futura.
Dylan si muove come elemento di continuità e di sunto fra ciò che resta della sua vita ed il drammatico passato che diventerebbe un mostruoso futuro. Torna il feeling con Groucho, tornano gesti e sguardi che temevo perduti per sempre nell’universo di DD.
Il galeone che vola nel destino è lo stesso del futuro previsto nel color fest, che invece pare modificato dall’intervento del solo capace di cambiare un copione scritto troppi anni indietro e nel futuro. Concludo questa filippica, con qualche piacevole annotazione personale. Le espressioni, i volti, i tratti di Stano sono arte allo stato puro. Morgana che morde Dylan dicendo: “cipicchia che fame ” ricalca la stessa frase detta nel numero 25, qui abbellita da una espressione e da un viso angelico, leonardesco quasi. Gli zombie sono sfumati, quasi emergessero dalle ombre della mente di Morgana o di Creed/Stano e si sciogliessero in una narrazione metafisica.Personalmente un capolavoro. Forse non a livello di intreccio, in quello Paola Barbato era molto più complessa, ma a livello di emotività e sentimento. Che, viva Iddio, non dovrebbe mai mancare in DD.
All’opposto, il secondo utente a essere premiato ha avuto un comportamento più irreprensibile nella sua carriera di forumista, ma invece passerà per cattivo, perché è stato ben più critico (come già era stato in un precedente post già premiato).
Il secondo vincitore è …
tommaso!
In realtà il suo non è un unico post, ma mettendo insieme i suoi tre post viene fuori un discorso articolato e coerente che seziona freddamente l’albo, prima esordendo così:
Mi ha sinceramente annoiato. Acqua fresca, insapore e innocua. Un bigino dylaniano fatto apposta per accontentare tutti e non disturbare nessuno. No grazie, il “mio” Dylan Dog era un fumetto che (mi) disturbava eccome. Per questo, pur con tutti i loro difetti, il 100, il 200 e (soprattutto) il ventennale mi erano piaciuti… anche per il loro essere spiazzanti e “sbagliati”, ma vivi e pulsanti. Confezione di lusso, ma anche Stano ormai è gelido e distaccato dalla materia.Fosse un albo qualsiasi il mio giudizio sarebbe più generoso, ma tanto impegno nel produrre il prodotto “celebrativo” più medio possibile merita un voto altrettanto medio: 5, mediocre.
Poi replicando a Bo.82, risponde così:
Mah. Perdonami, non è molto elegante autocitarsi, ma se era tanto “impensabile, insperabile, incredibile” allora devo fare il mago che legge nel futuro perché il 29 luglio nel topic in anteprime scrivevo… “Facile invece immaginare che questo albo sarà un abile esercizio di scrittura dylaniana, corretto quanto innocuo. Piacerà a tutti. Anche a me probabilmente.”, dove ho sbagliato solo l’ultima predizione (anche se non è che mi sia proprio dispiaciuto: l’ho trovato noiosetto, ma perfettamente leggibile e a suo modo elegante… solo che nel contesto degli ultimi anni un tale esercizio di retorica nostalgica sul “Dylan che fu” mi sembra solo una gran presa per il sedere). Visti i presupposti con cui è nata a me questa storia sembrava più difficile sbagliarla che non cannarla. Non mi pare questa impresa improba solleticare i sentimenti dei lettori dylaniani mettendo in fila una lunga serie di citazioni di storiche storie di Sclavi, avendo per altro la furbizia di non modificare niente e non aggiungere nulla di nuovo, che è stato il Peccato Originale degli altri “centenari”. Un po’ di abilità e mestiere (che non mancano di sicuro a Ruju… quando ne ha voglia) e il piatto era praticamente pronto ancora prima di iniziare a cucinarlo. Questo albo è un albo conservatore e rassicurante: devo dare atto alla redazione di aver capito che evidentemente alla stragrande maggioranza della “affezionata clientela” formata dai lettori piace proprio questo: un Dylan “imbalsamato”. E ogni citazione è puramente voluta…
Per poi rispondere, proprio a dogares citando anche i precedenti celebrativi:
Non volevo assolutamente riaprire il confronto con i vecchi numeri celebrativi. A me erano più o meno piaciuti (per la cronaca: il 100 e il 200 mi erano piaciuti e mi avevano lasciato perplesso allo stesso modo, il ventennale e il 250 mi erano piaciuti con qualche riserva, solo il 121 mi era piaciuto tantissimo), ma capisco che potessero infastidire.
Di sicuro andavano a toccare alcuni punti molto delicati della serie e del personaggio, e nessuno a conti fatti era stato probabilmente all’altezza di quel compito (neanche il 121, che per quanto fosse drammatica la storia con Lillie, non era abbastanza forte per giustificare l’alcolismo del personaggio: perché NIENTE poteva giustificare una cosa che non sarebbe dovuta essere raccontata, ma sempre e solo lasciata immaginare). Ma tra criticare (magari, appunto, giustamente) degli albi che raccontano “troppo” e andare in visibilio per un albo che non racconta niente di niente, ci dovrebbe essere una via di mezzo. Qua mi sembra che dopo essersi scottati con la minestra calda si finisca per apprezzare l’acqua tiepida. E quando dico “raccontare” non mi riferisco a boiate di continuity di cui mi interessa meno di zero, o peggio a nuove inutili rivelazioni sul passato o il futuro del protagonista, ma proprio al raccontare una storia con un capo e una coda, con qualcosa che minimamente giustifichi l’alternarsi delle varie situazioni, come è sempre accaduto anche nelle più deliranti storie di Sclavi e anche in quelle più sgangherate di Chiaverotti. Sono il fan numero uno delle storie a scatole cinesi, ma qui non c’è nessuna scatola cinese, ma solo una serie lineare di autocitazioni, talmente gratuite che l’ordine di molte di esse poteva essere invertito senza che l’albo cambiasse di una virgola. Ogni citazione è totalmente chiusa in se stessa, senza reale necessità di prolungamento e sviluppo. Significativa, nella parte finale, la sovrabbondanza di potenziali finali: l’albo poteva finire tranquillamente a pagina 73, a pagina 81, a pagina 84, a pagina 94… Ripeto: anch’io da dylaniano di vecchia fede (classe del 7: “La bellezza del demonio”), ho subito l’inevitabile fascino di quest’albo. Come non provare qualcosa nel rivedere (soprattutto disegnati da Stano) tanti personaggi e luoghi diventati mitici? Solo che sotto il vestito, ANCHE STAVOLTA (come quasi sempre negli ultimi anni), non c’è davvero niente. Il tutto sarà anche raccontato con grazia, leggerezza e soavità come dici tu, ma resta il fatto che se c’è una cosa che questo albo a mio parere ben rappresenta è il grande nulla che il personaggio e la serie sono diventati. Tanto che, per rimetterne in scena i vecchi cliché della serie, c’è bisogno dell’occasione speciale e dello svolazzo manieristico fine a se stesso, quasi che solo con l’espediente onirico e l’Amarcord totalmente gratuito si possa giustificare il momentaneo ritorno del “vecchio” Dylan Dog.
Per questo mese è tutto, complimenti a entrambi i vincitori, partiti tramite approcci diversi a conclusioni molto diverse, ma ugualmente valide… e in bocca al lupo a tutti coloro che cercheranno di emularli!!!
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