L’uomo di… carta e inchiostro – Intervista a Bruno Enna
Abbiamo avuto occasione di incontrarlo personalmente al Lucca Comics and Games (la foto qui di fianco è stata infatti carpita in tale occasione), ma già qualche giorno prima era finito nel nostro mirino. E così Bruno Enna, l’ “anima d’acciaio” di Dylan Dog, al pari di altri suoi colleghi dylaniati ha risposto con cortesia e prodigalità alle nostre domande, spaziando da Disney a Bonelli, dagli esordi della sua carriera ai progetti futuri, dai gusti fumettistici a quelli letterari, cinematografici e musicali…
Dunque godetevi quest’intervista e buona lettura!
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Benvenuto su Cravenroad7.it, Bruno, e grazie del tempo concessoci.
Grazie a voi!
A Lucca Comics sei stato annoverato tra le “giovani promesse mantenute”, ossia fra gli esponenti della nuova generazione di autori dylaniati. Domanda di rito: com’è iniziata la tua collaborazione con la testata (e con la Bonelli in generale)?
In realtà, non sono poi così giovane. Ho cominciato a pubblicare per Topolino a partire dal 1996. Per la Disney ho scritto di tutto, da Witch a X-Mickey, da Monster Allergy a PK. Un bel giorno, anche grazie all’appoggio morale dell’amico e collega Tito Faraci, ho deciso di provare a far leggere alcuni soggetti per Dylan Dog a Mauro Marcheselli e lui (che non smetterò mai di ringraziare) ne ha approvato uno. In breve, ho trasformato quel soggetto nella sceneggiatura de L’uomo di plastica (storia pubblicata sul Maxi del 2004). Più avanti, ho scoperto che Sergio Bonelli conosceva e apprezzava da tempo le mie storie disneyane: una scoperta emozionante, che mi ha dato la carica per continuare a proporre idee per l’indagatore dell’incubo. Oggi la collaborazione per Dylan continua, in modo proficuo, con Giovanni Gualdoni.
E quali sono state le principali difficoltà nell’approcciare un personaggio complesso come l’Old Boy?
Il problema dell’approccio, con Dylan, non è mai esistito. Nel senso che io sono, come voi, un suo fan della prima ora. Ho letto tutti i suoi albi. Ho amato ogni singola storia di Sclavi. Quando mi è stato detto che potevo provare a scrivere per Dylan, ho esultato e tremato allo stesso tempo. Il tremolio sta svanendo, anche se molto lentamente.
Come Faraci, Celoni e Mastantuono (un terzetto – con la tua aggiunta quartetto – mica male!), anche tu hai alle spalle – e peraltro l’hai rievocata – una lunga militanza disneyana, che tutt’ora prosegui tra l’apprezzamento generalizzato del fandom. Quanto e come è stata formativa tale esperienza? Ci sono differenze tra il lavorare per la Disney e il lavorare per la Bonelli?
Per scrivere sul Topo, bisogna possedere una certa “cultura Disney” e tenere conto di una miriade di fattori. All’interno della stessa rivista, infatti, convivono un’infinità di serie e sottoserie. Per farvi due esempi banali: le storie sui “viaggi nel tempo”, con Zapotec e Marlin, sono del tutto diverse da quelle “alla Cimino”, in cui il maestro in questione tratteggia un genere a parte (giustamente imitato da molti altri sceneggiatori). Persino le storie di Paperino Paperotto seguono una loro logica narrativa, ben diversa da quella delle avventure classiche disneyane. Nel caso di PK, poi, si potrebbe scrivere un trattato a parte (qualcuno gli ha dedicato addirittura la tesi di laurea). Al di là del background specifico e della tecnica di sceneggiatura (anch’essa codificata appositamente per questo tipo di fumetto), ogni storia aspira a colpire il cuore dei bambini e a stimolare il cervello degli adulti. Il target di riferimento, dunque, è trasversale e variegato. Passando alla vostra ultima domanda… le differenze esistono e credo siano palesi. Per quanto riguarda la mia personale esperienza, penso di poter azzardare un paragone tra Disney e Dylan. Disney è fantasia e rigore. Dylan è rigore e fantasia. Nel primo caso, l’esplosione fantastica dev’essere molto calibrata. Il bambino/lettore ha bisogno di sentirsi rassicurato. Tutto quello che accade, per quanto incredibile, deve poi tornare a muoversi entro i binari giusti (a loro modo logici). Nel secondo caso, si parte da un assunto realistico e poi ci si dirige verso approdi fantastici. Così, una storia può concludersi in modo spiazzante e, spesso, ben poco rassicurante.
Domanda complementare alla precedente. Soprattutto nella tua produzione disneyana emergono, molto spesso ben amalgamate in un insieme unitario, due sfaccettature (per non dire facce) della tua scrittura: quella ironica e brillante e quella emozionale, finanche poetica. Su Dylan Dog – eccezion fatta per lo straniante divertissement o «sadico loop» del Color Fest Humor – prevale sinora decisamente il secondo aspetto, con un “incupimento” dei toni consentaneo alla serie (ma sotto questo profilo anche alcuni albi firmati per PK non scherzano…), e però tanto quanto l’umorismo surreale. Come mai questa scelta?
Molte storie umoristiche hanno un retrogusto amaro. Molte storie drammatiche hanno un risvolto umoristico. Non è facile mantenere il giusto equilibrio, dato che spesso tali storie “trasportano” gli autori (e, di conseguenza, i lettori) in questa o quella direzione. Nel caso di Dylan, forse, questo trasporto è più evidente. Le tematiche affrontate vanno alla radice delle mie/nostre paure. Facile lasciarsi andare. In quest’ottica, io amo scrivere storie imperfette. Preferisco esprimere emozioni, piuttosto che far quadrare tutto.
Quali sono le tue fonti di ispirazione e come lavori nello stendere una sceneggiatura?
Leggo parecchio (libri, fumetti, riviste), guardo molti film, ascolto il più possibile. Le fonti d’ispirazione sono talmente tante che non saprei elencarle. Poesia? Videogiochi? Teatro? Figli? Tutto alimenta tutto. Chi fa questo lavoro vive in una sorta di mondo alternativo, in cui ogni cosa che gli accade passa nel tritacarne. Questo provoca, talvolta, un pericoloso/meraviglioso scollamento dalla realtà. Scrivo prima i dialoghi e poi passo alle descrizioni.
Quali sono i tuoi fumettisti (ma anche scrittori, registi, musicisti: è a tua discrezione) preferiti?
Sono cresciuto con Disney e Bonelli. Tutti gli autori che lavorano o hanno lavorato per queste grandi case editrici sono per me oggetto di appassionato studio. Pochi supereroi e pochissimi manga (è un mio limite, lo so). Non ho neppure una cultura musicale raffinata. Se proprio volete saperlo, vi dico che amo ascoltare De Gregori, Simon & Garfunkel, Queen, Bennato, Eagles, Cat Stevens, Beatles, Luis Armstrong, R.E.M., Police, Janis Joplin, Blues Brothers, Radiohead, Pearl Jam, The Cure, U2, Sting, Penguin Café Orchestra, Lucio Dalla, Samuele Bersani, Foo Fighters, Red Hot Chili Peppers, Elio e le storie tese, Skunk Anansie e via così fino a certe cose dei Coldplay e di James Blunt. Gli scrittori che seguo non posso davvero elencarli, sono troppi e troppo diversi tra loro, ma posso dirvi quali sono quelli che mi piace, di tanto in tanto, riscoprire: P.G. Wodehouse, Shakespeare, Dickens, Borges, Carver, Tolkien, Stoker, Calvino, Lovecraft, Allan Poe, Rodari, Milne, Harper Lee, De Saint-Exupéry, McCarthy, Lansdale, Terzani e molti altri che adesso non mi vengono in mente. Infine, tanto per stimolarvi il sonno, ecco un breve elenco di registi che ammiro: Hitchcock, Ford, Peckinpah, Spielberg, Scorsese, Cimino, Zemeckis, Scott, Gilliam, Cronenberg, Allen, Edwards, Brooks, Eastwood, Lynch, Mamet, Tarantino, Coppola, Miyazaki, Guillermo del Toro, Shyamalan, fratelli Coen. E aggiungo due film a scelta: Il Cacciatore e Life of Brian.
Per chiudere, altra domanda di rito: qualche anticipazione sui tuoi progetti futuri dylaniati e non? (Si mormora da qualche tempo del ritorno della Bonelli alla serie potenzialmente infinita, proprio per mano tua! Già ci sembra di sentire la tua risposta: «Ancora non posso dire nulla», ma ci proviamo comunque…)
Per Dylan è in lavorazione un albo disegnato dal grande Dall’Agnol. Si tratta di una storia forse meno introspettiva del solito, a tratti un po’ splatter, ma che mi sono divertito a scrivere. Devo invece terminare un’altra sceneggiatura, molto più cupa (tanto per cambiare, direte voi), in cui Dylan insegue un serial killer fissato con certi… balocchi.
Per quanto riguarda i progetti “non dylaniati” (Disney a parte), quest’anno ho pubblicato un albo francese disegnato in modo sontuoso dal grande Giovanni Rigano, intitolato Coeur de Papier (edizioni Soleil, collana Metamorphose). Inoltre è in uscita, a partire (spero) dal 21 novembre su Rai Due, una serie d’animazione di cui sono co-autore insieme ai bravissimi artisti Andrea Greppi e Maria Claudia Di Genova e al campione pallavolista Andrea Lucchetta. La serie s’intitola Spike Team e – come forse avrete intuito – parla di pallavolo e di sport in generale.
Ultimamente, però, sto dedicando tutto il mio tempo, il mio impegno e la mia passione alla nuova serie avventurosa targata Bonelli che avete citato. Serie di cui, per l’appunto, “ancora non posso dire nulla”.
Di nuovo grazie e in bocca al lupo per il futuro!
Che crepi in fretta e senza inutili sofferenze.
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