La Barbato continua a proporci il suo Dylan, in una vicenda lugubre e originale. Ormai è chiaro come per questa grande autrice Dylan sia "solo" un mezzo (seppur congeniale) per esprimere se stessa. La passione che si percepisce in ogni pagina rende tutte le sue storie estremamente interessanti, e questa non fa eccezione. L'incipit (prelevato "di peso" [:o)] da Stephen King) è agghiacciante e terribile, però, nel prosieguo della sceneggiatura, il "gioco" inizia a diventare lievemente ripetitivo, anche se ingegnoso. Poi, ho avuto l'impressione che, al momento di tirare le somme, non tutti i conti siano tornati, e la chiusura mi è sembrata spiccia. Ma vabbé, si tratta di una storia che merita a prescindere, la cui qualità è IMO indiscutibile.
Mari è strepitoso: la prima e l'ultima tavola, da sole, varrebbero l'acquisto dell'albo. Angosciante, cupo, claustrofobico, espressivo: un Artista sublime, che è tornato al top delle capacità artistiche. Graficamente, l'albo è un capolavoro. In complesso, un numero IMO meno valido del precedente, in quanto meno "dylaniano", ma sicuram,ente di buon livello.
Ciao
Teo
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