Cravenroad7

"Colui che divora le ombre" penso sia la PEGGIOR storia mai scritta da Alessandro Bilotta. E pure disegnata da uno svogliato Corrado Roi che disegna bambini di 9 anni come adolescenti in miniatura.

SPOILER

E' incredibile che Dylan non si sia mai confrontato con il maggiordomo Christopher (a cui Roi regala una somiglianza con Joe Biden!) sui genitori del piccolo Timothy. Ma che razza di indagatore dell'incubo è Dylan Dog??? Groucho si salva, ma la storia è davvero [edit rimatt: puoi farcela anche usando altri termini]. La figura dell'uomo del parco è inutile e non se ne capisce il senso. Mah. E per fortuna era nei cassetti da 10 anni: immagino che Gualdoni e poi Recchioni si siano guardati bene dal pubblicarla. Qui si è toccato il fondo. Pure la copertina non entusiasma, ma quello è il meno.

Banalità sul bullismo a scuola a go go, personaggi stereotipati (a partire dai bulli). E l'ultima scena con i genitori che insultano il figlio dandogli dello sfigato è da Oscar del trash. Mai più albi simili!

Quello era un capolavoro (anche grazie al tanto criticato Cossu), questo una schifezza

È un indizio fondamentale per la risoluzione del caso. Va bene che non si apprezzi la storia, che non è piaciuta a nessuno (tranne a me), ma è proprio da lì che si inizia a intravvedere la soluzione della vicenda.

Due righe su questa storia, che per me, udite udite, è addirittura una delle migliori di Bilotta sul mensile. Non sto dicendo che sia perfetta (non lo è), ed è innegabile che, in superficie, la lettura dia un'impressione di... sciatteria? Approssimazione? – in effetti, la scansione temporale degli eventi lascia qualche perpessità, il bambino protagonista gode di eccessive libertà, l'indagine viene condotta in modo discutibile dal nostro indagatore, più varie piccolezze che non danno troppo fastidio ma si notano. Eppure, in tutto questo, la storia c'è, Dylan (il suo ruolo, la sua funzione) è quel che deve essere, la vicenda è intrigante, c'è del cuore, ci si appassiona (opinione soggettiva, ma è innegabile che la lettura mi abbia affascinato come non accadeva da un po').

Mille volte meglio, per me, questa sentita imperfezione che la formale correttezza senz'anima del numero successivo, che non mi ha lasciato nulla.

Discorso a parte per Roi: tira via che è un piacere, disegna bambini come adolescenti sciupati, riempie le tavole di nulla. In certe sequenze è comunque efficace, ma in compenso la sua è una prova insufficiente.

Ho letto l'albo senza aver prima letto l'ultimo commento dell'esimio rimatt qui sopra.

Non posso chiaramente discutere sul giudizio soggettivo riguardo alla storia, che del resto si presta abbastanza a letture personali.
Non concordo appieno invece che Dylan sia "in ruolo", nel senso che, al netto dell'oggettività che la storia sia piena di incubi, Dylan non è che indaghi troppo. Gira di qua e di là, un po' a vuoto, a pagina 69 si dice che è "finito a fare il bodyguard di un bambino convinto che ci sia un mostro nel suo armadio", ma è anche clemente con se stesso, perché poteva comodamente darsi del babysitter. Più avanti realizza che "era tutto lì, sotto ai miei occhi... ma, forse, non ho voluto vedere".

D'altra parte, non siamo nuovi a espedienti narrativi di questo genere che spingono verso una forte, a volte estrema umanizzazione di Dylan personaggio volta, credo, a una immedesimazione del lettore in Dylan stesso. Con me, personalmente, a questo giro non ha funzionato. Il campanello d'allarme che qualcosa non tornava ha iniziato a suonare intorno a metà albo, quando il mostro ha iniziato ad apparire in altri armadi. Ed è vero che Dylan questo non poteva saperlo, ma, del resto, se non indaga...
La caduta dal pero di cui sopra, a pagina 87, non mi ha suscitato grossa empatia, devo dire. Ai miei occhi Dylan ne esce un po' troppo sprovveduto da questa storia.

Storia che finisce con un altro classico topos dylaniato, ossia uno stato d'animo umano negativo che diventa/genera l'incubo. La solitudine, in questo caso. Ovviamente il mio non è un attacco alle tematiche. Ben venga che Dylan Dog continui ad affrontarle, come già faceva Sclavi alle origini. Attenzione a non farle diventare la Storia.

Detto questo, a me l'albo proprio non è piaciuto (sigh ). La vignetta col bambino che torna a casa si vede il poster di Dylan Dog in camera, doppio sigh l'ho trovata abbastanza fuori contesto e, del resto, non sostanziata da alcuna altra vicenda narrata nell'albo.

Concordo sui disegni di Roi decisamente non più all'altezza.

Il post di rimatt ha stimolato la mia voglia di commentare. Altrimenti sarei stato ben più sintetico.

Mi spiego meglio. Dylan qui non è un grande indagatore, l'ho sottolineato anch'io, ma del resto l'indagine convenzionale non è mai stata il suo punto forte; eppure il Nostro è empatico, comprensivo, naturalmente intuitivo; ed è, più di tutto, il motore che aiuta il giovane protagonista a sconfiggere i propri incubi e a liberarsene. Non a caso ho parlato di "funzione dylaniana": è grazie a lui che il bambino scopre la natura dei propri problemi e inizia il proprio percorso di guarigione. Questo Dylan mi piace, lo riconosco: che differenza con il protagonista insopportabile, pedante e giudicante della prima storia dell'ultimo Old Boy, a cui vien voglia giusto di mollare un paio di ceffoni.

Poco da dire: a distanza di qualche settimana dalla lettura, questa storia mi è veramente rimasta dentro. Sono strano io, probabilmente.

Ci mancherebbe, se togliamo il fattore soggettivo a Dylan Dog rensta ben poco