La spettacolare copertina Tholeana di Cavenago ha il duplice pregio di essere una gioia per gli occhi e di accordarsi perfettamente all'atmosfera vintage di questa storia, che come già notato da molti sembra guardare al passato remoto della serie (il finale, o pre-finale, mi riporta addirittura a "Il ritorno del mostro", che tra l'altro fu il primo albo di Piccatto, e che mi sorprende non aver visto citato da nessun altro), oltre che agli slasher anni '70/'80.
Forse -sicuramente, dal mio punto di vista- ci guarda un po' troppo, come atmosfere, tematiche, caratterizzazione dei personaggi, svolte e scioglimenti narrativi: la sensazione è di aver letto decine di storie simili a queste, nei decenni, e non aiutano certi vezzi del passato che speravo fossero stati messi in cantina o in soffitta, come la comparsa di un personaggio femminile che ambisce a essere la fidanzata del mese ma viene liquidata dalla sceneggiatura nel giro di tre pagine (mi lascia perplesso anche la scelta del nome, Geltrude, che non solo è piuttosto raro in Italia, ma che mi sembra chiaramente di origine nordica, mentre l'aspetto della ragazza conduce piuttosto verso la Sicilia).
Non ci ho trovato granché in termini di pathos o tensione, purtroppo -al posto del primo, un romanticismo piuttosto incolore e insapore; in luogo della seconda, un po' di gradevole (ancorché intermittente) splatter e una certa stanchezza che porta ad adagiarsi sugli stereotipi del genere (e no, l'autoconsapevolezza esibita anche a livello terminologico -final girl, scream queen- non è un'attenuante, ai miei occhi), senza il desiderio di smuovere un po' le acque, di allontanarsi troppo dal seminato, e varie altre metafore naturalistiche.
Non mi pare che l'inserimento della Meteora, forzato o meno, abbia provocato grossi danni, a livello di ritmo -anzi, la mia impressione è che tutto sia fin troppo diluito, e che un'ulteriore scorciatina alle pagine avrebbe potuto giovare. Sono le modalità di questo inserimento a lasciarmi insoddisfatto, perché l'idea di mettersi a fare un giro in moto proprio quando una pioggia di detriti sta cadendo dal cielo mi suona parecchio assurda (e già che ci siamo, non per fare il professore, ma non credo che sia corretto usare l'espressione "immagine allegorica" come fa Dylan a pag. 71: quella è un'immagine figurata, al più).
D'altra parte, visto che neanche a quindici anni leggevo Dylan Dog *soprattutto* per questo tipo di storie, non mi sorprende che a quarant'anni mi lascino così freddo.
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