NON MI DITE CHE NON VI ASPETTATE
SPOILER [...] comunque, a parte l'irritazione per l'ennesimo titolo fuorviante aggratise in nome dell'amordicitazione (fuori luogo) ... in questo albo i difetti principali sono essenzialmente due:
a) la sceneggiatura è di una scalcagnattagine e squilibrio così penosamente inqualificabile da sembrare di livello amatoriale, abbozzata durante i ritagli di svago dagli impegni della Settimana (Enigmistica)...
b) non si capisce quale stramazza di range di poteri abbia Henry, ehhm Herman. Io non sono un amante degli spiegoni ultra-didascalici da necessitare un patentino esaustivo dell'alone psichico-sovrannaturale appartenente al mostro del mese, ma secondo l'andazzo dell'albo per intero le cose con cui interagisce (a suo favore) il geronto-parassita sono talmente tante da farlo sembrare davvero una malvagia entità onnipotente su tutto/tutti, salvo poi auto-dileguarsi pacificamente in ritirata quando le cose non vanno di un pelo come a lui congeniale, senza quasi batter ciglio
Tralasciando queste ed altre cose, di cui parlerò a seguire, come storia in sé parte da un'idea in parte(-nza) interessante, non tanto sul discorso dei vampiri di affettività/attenzioni/empatia - vi dice qualcosa in questo senso
l'ultima doppia del Rrobe? - quanto per eco verso l "
orrore" molto concreto dell'incedere della vecchiaia, e di alcune mestizie quotidianamente collegate ad essa e chi si deve prender cura degli anziani in questione (beghe da sensi di colpa in famiglia, RSA lagher, badanti di sfiducia, agenda somministrazione farmaci, autosufficienza da stimolare, etc)
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Solo che
Recchioni con mezza idea in croce era capace di camparci sbrodolando due albi diluiti, mentre la Baraldi in 94 pp di sceneggiatura s'ingorga in talmente tanti pasticci di concetti/situazioni che vorrebbe esprimere, senza alla fine dar corpo a nulla di significativo in nessun ambito, sparacchiando colpetti a salve per dire addio a qualsiasi impalcatura di storia, e sua valida conclusione.
La prima trentina di pagine è peggio che esemplificativa in questo senso: un miscuglio di situazioni in serie, tra l'ironico malriuscito ed il mesto mal recepito, legate tra loro in modo scalcagnato e che dovrebbero portare all'affezione morbosa di Dylan verso Herman. Peccato che, ovviamente in pieno Baraldi-style, tutto ciò non è assolutamente concepibile per come viene rappresentato tra le vignette in modo concreto/appena credibile, con Dylan che non manda affank il vecchiardo per avergli interrotto una notte bollente, che se lo carica di botto in camera di Groucho con estrema disinvoltura mancofossedavvero suo nonno, che dopo la sua "resurrezione" gli va a comprare subito i pannoloni, che maltratta Groucho e nuova squinzia giusto per far vedere quanto ci tiene, per contrasto di ricambio, al matusa, etc.
Un autore serio e qualificato con 30 pagine in dote per arrivare a questo nocciolo, avrebbe impiegato ben altre disposizioni narrative, rinunciando alla confusione ed i siparietti di massima che costituiscono invece il repertorio irrinunciabile della Baraldi, come l'insopportabile lite pseudo-coniugale nel parco di cui ho parlato qualche post fa.
Se non altro, dopo questa fase di turbolenza squinternata, cominciamo a vedere davvero Dylan che si "consuma" nel tempo per Herman, dimentico di tutto il resto. L'incubo del rospo è forse la cosa migliore in questa seconda parte dell'albo, anche grazie a ai disegni, dove la spirale della morbosità viene rappresentata piuttosto bene direi e la storia trova certi suoi perché, anche fascinosi.
Purtroppo, come detto prima,
le coordinate dei poteri di Herman sembrano fuori da qualsiasi scala da permetterci un loro completo apprezzamento, nei termini in cui si manifestano: non sono di certo coincidenze le morti/sparizioni di tutti i badanti scelti da Dylan (pp.42-49), come non lo è il terribile rogo della residenza per anziani (p.54) dove il Nostro squattrinato aveva schiaffato a spese suo la vecchia ameba per almeno un mese.
Da queste cose sembrerebbe che
Herman l'Onnipotente possa condizionare tutto ciò che avviene attorno a lui, in modo cruento quanto para-accidentale, per rimanere a tutti costi attaccato da bivalve allo scoglio-Dylan senza destare sospetti... ma la Baraldi invece di sfruttare questi contesti in senso dylaniato, per amor di vaghezza ellittica sennesce con osservazioni appena fra le righe, e non rappresenta di fatto nessuna di queste succulente morti/sparizioni, eccetto quella del primo malcapitato
caregiver (pp. 43-45) guardacaso cannando di brutto - complice
Roi - anche la dinamica del fattaccio, perché secondo nessuna legge della fisica un gancio a catena che si struscia sull'asfalto può
rimorchiare la tracolla di una borsa che si trova almeno ad un metro da terra Ad un certo punto (p.59), quasi d'emblée, si svolta di brutto, e Dylan passa da esser succube del suo
care ciecamente empatico per Herman, a rigido plenipotenziario della sua gestione socio-sanitaria, mettendolo in riga con una serie di attività e modalità poco gradite alla matusa-piattola, che infatti taglia la corda poco dopo (p.70) senza fattacci o disgrazie di contorno, arrendendosi bonariamente alla perdita di certe sue fondamentali abitudini, per svanire da casa. Puff & amen; usare i poteronzi iperspaziali per sistemare le cose no? Epperchemmai?
E la pomata che puzzava di marcio cosa voleva dire alla fine? Una citazione pure quella? Nel mezzo di questa fase, per dovere di testata (e titolo di testa), ci viene ficcato l'incubo della casetta abbandonata con una qualche cisterna di sangue colante, e soprattutto feat. Amy, tra le vittime della trappola affettiva innescata in passato da Herman.
Amy che a sua volta innesca la parte finale della storia, di un grigiore abbastanza sconfortante, dove si cerca di far quadrare le cose in modo vuoto e senza colpi di scena, lemme ma a marce forzate, arrampicandosi su specchi convessi tipo criceti quando si sconfina sul lato pseudo-investigativo, uno dei tipici must rattoppogeni della Baraldi
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Tanto per cominciare
non ha alcun senso che preliminarmente Herman accoppi Ryan col suo carisma pietifero ed ammaliante, abbordandolo già nel parco, quando Blair non era ancora nelle sue mire, ma anzi era all'epoca una sua "rivale" nell'ambito degli affetti dylaniati, quindi gli conveniva che lei flirtasse a tempo pieno con Ryan VIVO lasciando il Nostro più single che mai con nonno a carico. Cos'è, tra i vari geronto-poteri c'era pura la superveggenza, consapevole che Blair sarebbe stata la sua prossima badante sostitutiva , dopo aver mollato lui Dylan per subentrata incompatibilità?
Lasciando perdere la questione bovinoide dei
diplomi a Cambridge - (p.18) ma non andava laggiù al college a laurearsi Amy? - un'altra cosa del tutto priva di senso è il fatto che Dylan, pur
non sapendo il cognome di Herman, lo possa mettere in una struttura per anziani, dove davanti ad uno sconosciuto di certo già si allerta/mobilita la pula o cose simili.
Blair che eredita il ruolo di Dylan è l'unica cosa che salvo in questa parte, mentre al peggio dei truzzi di strada che fanno pure la morale sugli "scorbutici" non c'è fine, temo, perché li rivedremo nel prossimo albo, ci potete scommettere.
Ultime dieci pagine davvero mosce e compilative, scritte in stile pianamente amatoriale, per raffazzonaggine e bathos, con la casetta nel bosco trovata su intuizione al volo... basta poi rinvenire il cadavere del vecchiardo, e plof... finito tutto, perché lui "
ci teneva ad esser fermato", eh - geniale visione di Dylan e del suo quinto fesso e mezzo - ... non prima di aver massacrato nonsisaquante persone nei decenni pur di rimanere avvinghiato alla vittima di turno, e di riprendere il gioco dell'oca nello pseudo-controfinale che vorrebbe non rassicurarci, ma di sicuro non spiazza nessuno.
Se penso ad un altro povero anziano crepato d'incuria, e con diversi poteri a margine dei suoi tormenti, mi viene un certo magone da richiedere il pensionamento anticipato (a spese mie) come lettore di Dylan per staccare la spina a questa agonia ormai attempata da più gestioni...