Sinceramente a queste storie stile Dylan-desperado in afflizione labirintica (v.
...e cenere tornerai), parlando di roba recente, preferisco di gran lunga, pur con tutti i loro difetti, il fanta-vintage di
La Rosa sul bis o
la Barbato cervellotica del mese scorso.
Quindi per me un
6+ come voto e non oltre, anche per proprietà equativa rispetto agli albi sopra citati. Dalle
P&M mi sembrava lecito aspettarsi qualcosa in più, ma dopo questo albo, abbiamo la riprova che sulla storia singola da inedito, fuori dalla saga di Cora, pure loro galleggiano a fatica sempre su livelli poco più che accettabili. E questo apologo underground pro-resilienza rimane nel medio anonimo della rapida dimenticabilità, a mio parere .
S ⓤ P ⓤ O ⓤ I ⓤ L ⓤ E ⓤ R Copertina ottima, finalmente azzeccata rispetto alla storia, e l'effetto vorticoso ingrana
.
Disegni eccessivamente sovraccarichi per i miei gusti. Intendiamoci, la qualità di
Armitano è elevatissima e tanto di cappello (con visiera, dato il caldo), ma dopo un po' l'eccesso di mezzetinte a muzzo ed effetto "macchia/pennarello" mi risulta stucchevole. Meglio quando si asciuga e interviene di retino, con campiture nette e cariche di "nero" di china, anche se digitale.
Buone le scene di movimento/linee cinetiche della metro, in piena azione.... come l'espressività di Dylan, ora torva ora sconfortata. Malino lo splatter (si fatica a capire cosa succeda al volto del tizio contro il muro di p.33 o alla gambe della tizia a p.38). Sembrano delle bozze le pagine da 69 a 71
.
Non ho capito sinceramente il collegamento del titolo col romanzo di
Moravia, ma forse basandosi tutto (a livello IPERGENERALIZZATO, per sommi capi, de sarsizza arkilo
) tutto sulla passività/incapacità di reazione alcune cose tornano. Ma questo varrebbe per diverse forme di depressione anche, tanto per dire...
In linea di massima comunque dialoghi accettabili e Dylan abbastanza in character, senza eccessi o sbavature. Buona la storia del calabrone e della bufala made in Groucho
Mi è piaciuta la parte iniziale del Dylan
deep-into the quest per trovare George, e lo scetticismo asciutto di Bloch, per un trend indagatorio più da
Chi l'ha visto? che da incubo. La
Sciarelli abbozza, senza sparire mai dagli schermi, lei.
Virgil (guida infernale per Dylalighieri?) anche lui inizialmente mi intrigava parecchio con quell'aplomb enigmaticamente cool, ma alla fine non sapremo nulla su/da lui, a parte certi frasi fatte
.
Poi nel cuore dall'albo, mentre sfreccia il treno, la solita galleria (da p.30, con sirena per lo switch di vagone) di degradati senza speranza di rivincita/reazione, con smanie di autolesionismo ammorbate dalla rassegnazione più annebbiata, e Dylan che prova a scuoterli dal tunnel sul binario morto unico, senza esito ovviamente. Perché le parole d'ordine sono "affliggersi & capitolare" appunto.
Il discorso della "fame/caccia" secondo me non c'entra una mazza col resto dell'impianto narrativo e le sue metafore, perché la sopravvivenza è un concetto relativo nel treno e durante la sua marcia senza destinazione (basti vedere come affogano per inerzia voluta i vecchiarelli malati o la neo-mamma si sfrascia le gambe dissanguandosi, p. 38). Per questo tutto il parapiglia concettuale pre/post sorcio mi sembra alquanto superfluo, nell'intervallo di sosta del convoglio. Utile solo per fare un po' di scena nella prima tavola, ed avvicinarsi ad un concetto di degrado che ha un altro senso nella storia
.
Coincidenza risbuca proprio George, si elabora un mezzo (distorto) "piano di reazione", assaltando la cabina di comando... e COME SEMPRE da anni a questa parte, l'originalissima
risoluzione finale per uscirsene da un cul de sac consiste nello spaccare tutto. Ingegnoso, no? Come un culatello insaccato dal verso sbagliato. Bastava la nonna della portinaja di
Mignacco per un escamotage simile, e forse si sarebbe spremuta di più
.
L'unico a liberarsi dall'inerzia alla fine sarà (assieme a Dylan) proprio George, trovando quello che cercava. E ora chi pulisce?
Last stop death
.