Mmmmno, mi riferivo più a qualcosa che succede nel mondo interno del fumetto, ma non viene mostrato al lettore. Mi viene in mente Hugo Pratt che dice che lui mostra sempre Corto alle prese con amori impossibili, ma niente vieta che, lontano dai riflettori, il bel marinaio si sollazzi in un bordello.
Comunque non è un punto così importante, e già che ci sono ne approfitto per buttare giù due righe sul numero e sulla trilogia.
Sono in realtà in sintonia con Wolkoff e Ilnomeutenteinserito. Questo numero è avvilente per quanto è schematico, quanto butta tutto quel che era stato, bene o male, costruito nei due numeri precedenti. C'è, in redazione, una lista dei cambiamenti epocali da rettificare, la Baraldi la prende e si premura di riempire ogni casella.
Carpenter: fatto
Bloch sovrintendente: fatto
Etc.
In questo albo NON C'È NIENT'ALTRO.
Come avviene la modifica per Bloch è emblematico, la spiegazione non esiste. Allora sono d'accordo con Ilnomeutente, tanto vale far finta di niente e ricominciare con ambientazione classica da un numero all'altro. Questa incapacità, o non volontà, di cambiare la serie con un avvenimento organico alla storia, senza metavaccate, mi fa uscire di testa...
E a quel punto cos'era il programma che studiava i sognatori? O facciadischeletro? Ma niente, cose a caso per far numero, cliffhangers casuali senza sostanza. Qualcosa da dar da pensare ai lettori per un mese, senza che voglia dire niente. Via, tutto in vacca.
La Baraldi ha un tipo di scrittura che funziona malissimo con un genere di storia che dovrebbe essere rapsodica e un po' onirica. Il suo sono i gialli sanguinolenti. Pure Gerasi m'è piaciuto meno, a questo giro.
Cosa salvo di questo ciclo? La ministoria dal bosco alla morte di Rania, che mi ha proprio preso, e anche la morte di Carpenter, che m'ha scioccato per quanto è brutale, anche in contrasto alla fine poetica di Rania. L'ho trovata molto efficace. Sono l'assoluto contrario di un completista e, se la fine del numero scorso fosse un'uscita a se stante, terrei volentieri solo quella. Così com'è dovrei strappare mezzo albo, mi sembra un po' estremo
La storia degli uomini ombra che rappresentano i lettori non mi convince molto, nel senso che non c'è niente,
all'interno della storia, che lo faccia pensare, è tutta interpretazione. Mi ricorda un po' quelle teorie che vogliono che Grease sia tutto un sogno di Sandy (si chiama Sandy?) in coma. È un altro livello sia chiaro, è per capirci!
Che poi Recchioni l'abbia pensata così può anche essere, mi sembrerebbe parecchio triste e rancoroso.
Appunto finale, ogni volta che si tira in ballo a sproposito la parola entropia o la teoria della relatività uno scienziato in giro per il mondo muore. E pure a me si alza la pressione! Facciamo dei corsi di formazione a scrittori, sceneggiatori e quant'altro sulle parole scientifiche che suonano bene?
In particolare, non mi convince per niente l'entropia, come concetto per definire l'agente di cambiamento di questa trilogia.
Come spunto, l'idea che Dylan sia stabile rispetto alle piccole variazioni di universo parallelo mi aveva fatto venire in mente un altro concetto, molto affascinante, ideato da Asimov ne La fine dell'eternità: l'idea che gli universi paralleli, diciamo, possiedano un'inerzia, per cui alla lunga la storia tende a stabilizzarsi, per quanto la si modifichi puntualmente. E in particolare esista un anno preciso, lontanissimo, oltre il quale non è più possibile operare modifiche al tempo. Il motivo dell'esistenza di questa barriera gioca un ruolo importante nel corso del romanzo. Forse forse forse, una volta assodato che Dylan ha questa inerzia al cambiamento, mi sarebbe piaciuto scoprire da dove veniva, piuttosto che accettarla come dato di fatto. Magari veniva fuori qualcosa di interessante. O probabilmente no!
Insomma, questo per dire... Di leggere La fine dell'eternità!