Cravenroad7

Non può reggere il confronto con Ken Parker in quanto sono due ambientazioni completamente diverse.
Io stessa, che posseggo tutto Ken Parker (premessa doverosa) non lo leggerei più, se dovessi comprarlo adesso.
Può sembrare un'eresia, ma l'ambientazione west ha un'appetibilà limitata nel mio caso.
Julia invece attrae un tipo di lettore diverso, gli appassionati di gialli, ed è più """"moderna"""""".
Per questo motivo stento a credere che i riempitivi che tanto ci ammorbano, rappresentino un rimedio a ciò che ha fallito Berardi con Ken Parker.
Sono convinta che sia semplicemente un aristocratico manierismo, un modo col quale credono di fare un fumetto d'élite (e lo è, ma non per questo motivo). Perché i personaggi algidi, sono sempre un po' tormentati.

Non è questione di contenuto, ma di pura forma: Berardi ha scelto di interpretare così la serialità di Julia, ovvero di dedicare diverse pagine di ogni numero a episodi e personaggi ricorrenti (delle specie di tormentoni), in un mondo sempre uguale, in modo che nel lettore scatti il meccanismo di rinoscimento e affezione. E che se si salta un numero non succeda nulla.

Se poi si parla di "fumetto d'élite", Ken Parker era imbattibile da questo punto di vista (non a caso il sogno di Berardi era di continuare la serie sulle riviste d'autore, cosa che per un certo periodo ha anche fatto).

Sono d'accordo con Bertuccia.
I riempitivi fanno comodo per raggiungere il numero stabilito di pagine. Quando una storia non ne ha bisogno e c'è molto da raccontare non ne sente la mancanza nemmeno l'autore stesso, che tende a ridurli od eliminarli. Questo vale per maestri come Berardi (o tanto per fare un esempio Camilleri, i cui Montalbano ne sono pieni) o per autori più mediocri (non faccio nomi ma me ne vengono in mente).
Era chiaro, fin dai primi numeri, che Berardi con Julia volesse creare una certa familiarità col lettore, ma anche ammettendo che anche ora voglia continuamente ricordare i fatti della sua vita privata (sarebbe sufficiente un paio di volte all'anno) questo quante pagine può rubare alla storia? Qualche vignetta, una o due pagine, ok. E gli altri riempitivi?
Gli incubi, a cui ovviamente Berardi è affezionato, ovviamente ci svelano, spesso in maniera pedissequa, l'inconscio della sua protagonista, ma possibile non si accorga quanto possano tediare il lettore a lungo andare e che sia il caso di limitarli?
E tutti gli altri? I siparietti con Emily, che sono stantii, non fanno ridere, alla faccia di chi si lamenta di Groucho o quelli con Baxter, con Webb, col meccanico, ecc. Questi sono puri e semplici tappabuchi, inseriti a volte con arte, ben narrati talvolta, ma ormai talmente ripetitivi da essere solo noiosi e proprio perché Berardi è un così grande narratore da lui si vorrebbe una storia che ne sia priva.
Il problema è nella dimensione. Gli autori stessi sanno che spesso le pagine sono troppe per la storia che vogliono raccontare (o troppo poche in qualche caso). Si potrebbe risolvere con storie che finiscano che so a pag. 90 e poi ne inizi una nuova che proseguirà sul numero successivo. Ma questo snaturerebbe una testata come Julia, nata e cresciuta, come Dylan Dog, nell'autoconclusività del singolo albo e nel sapersi offrire al lettore occasionale. Poi è opinione mia, ma non penso Julia necessiti di un ampio respiro alla Tex o Zagor.
Io proporrei allora, ogni tanto, albi con due storie brevi. Lo spazio ci sarebbe e si potrebbero ospitare anche, per una delle due soltanto, altri autori.

Gli intermezzi ricorrenti e i siparietti con Webb, Emily ecc. FUNGONO da tappabuchi, non c'è dubbio, ma ai fini della natura stessa della testata sono importanti tanto quanto i momenti di investigazione (quelli che, per intenderci, fanno andare avanti e portano a compimento la trama del mese). Berardi ha impostato da subito la serie in un certo modo, ed è chiaro che i momenti di quotidianità sono fondamentali per il discorso che sta portando avanti. Non si può proprio immaginare Julia senza queste sequenze, staremmo proprio parlando di un altro fumetto.

Secondo voi perché gli albi di Julia sono di 132 pagine e non di 100, come gli altri bonelliani standard? Berardi l'ha dichiarato fin da subito che voleva contare su un maggior numero di pagine, che gli garantisse maggior respiro, e dal principio ha costruito gli albi in modo che, alla trama principale, si alternassero questi piccoli spaccati di "quotidianità juliesca", che a volte funzionano bene e a volte no. Ma ci sono, e sono parte integrante della struttura della collana.

Fate un torto a Berardi (& co.) se pensate che non sia in grado di costruire trame che reggano bene sulle 132 (e poi 114) pagine: parliamo di uno dei più grandi sceneggiatori italiani, mica del pincopallo di turno. L'impostazione di Julia è frutto di precisi ragionamenti e deriva da una precisa "filosofia di fondo" (chiamiamola così).

Ma certo Rimatt, sulla qualità non ci piove.
Alcuni albi fa, sono state dedicate due tavole a una sveglia posta sul comodino. Se la storia scorre piacevolmente e il finale non viene troncato (come a volte la sequenza fa percepire), le due tavole utilizzate per una sveglia, ci possono stare.
È il tipo di narrazione che descrivi tu e la qualità visiva che Berardi & c. vogliono raggiungere.
Ok.
Anche il discorso relativo a Tony in questo albo, fa parte della narrazione.
(Se non fosse a discapito di Emily e al fatto che viene sempre tratteggiata come un' ignorante).
Sono sketch ricorrenti nella tipologia, ma diversi nella realizzazione. Ok, mi sta abbastanza bene, se non si arriva a 35 nella stessa storia.
Quelli che sono sempre identici e all'uso anche molesti, sono altri. Per lo più le riflessioni in corsivo e gli strazi esistenziali.
Oltre alla considerazione generale che, una donna di 35 anni, può andare dal suo fidanzato e concepire domani mattina
Il mondo è pieno di mamme single con baby sitter e sarà la volta buona che Ettore si sveglia e si trasferisce
Questo scherzo per dire che Julia ha 35 anni, ma si comporta come se ne avesse 135.

Su queste considerazioni non ho molto da obiettare.

Il contenuto degli sketch a volte è rivedibile, io infatti discutevo più che altro sulla forma, ovvero sulla struttura del tipico albo di Julia.

No quello non mi dispiace anzi.
A volte i particolari sono protratti, molto cinematografici, come lunghi piani sequenza. Hanno il dono di permettere una profonda immersione nella scena
(a volte no, sono veramente un mero esercizio di stile, ma quando funzionano sono davvero belli).

Una nuova vita è un albo che mi è piaciuto, ho letto scorrevolmente, mi ha fatto incredibilmente sorridere.
Non è appesantito da zavorre esistenziali e, incredibilmente, Leo è persino simpatico.
SPOILER
c'è un bucone di trama (la gang criminale che confida tutti i dettagli a Julia e Leo, nomi e cognomi, come cretini qualsiasi) ma non si può fare altro che sorvolare in virtù della buona resa di tutto il resto.

Una nuova vita è un capolavoro o poco ci manca. L'albo di Ambrosini su Dylan Dog però
Questo, che la copertina ricorda (a sproposito), è un buon albo (voto 7), mai noioso, con un Baxter in gran forma che ne è il vero protagonista. C'è indagine, si perdona l'eccesso di willerismo nel biondo detective, i riempitivi sono quasi del tutto assenti. Si potrebbe considerare tale l'inizio, ma è scusabile perché oltre a definire il vissuto ed il carattere di Leo introduce la fidanzata Liz Manca l'incubo, sostituito per una volta da un bel sogno che occupa poche vignette.

Dannazione!

Ma anzi, i dettagli dell'adozione di Leo (che nemmeno ricordavo) non hanno creato alcuna sensazione di ridondanza o piaggeria.
La fidanzata ci stava a pannello, perché non rappresentava il solito cliché di "donna di colore del mese", che viene usata e presa un po' per i fondelli in senso metaforico (intendo la manfrina sul rapporto col "cugino" quando telefona Julia o altre bugiette inutili).
Leo e la ragazza hanno un rapporto che si intuisce essere fondato sul rispetto reciproco e non sull'esclusiva carnalità (di colore scuro, per mero collezionismo o per esclusivo piacere).

Accidenti, questa deve essere l'unica volta in cui non sono d'accordo con voi, in senso negativo.
Per quanto mi riguarda sono state 114 pagine che sono filate via liscie (vero, senza riempitivi e con una buona introduzione su Leo ed il padre), ma fin troppo.
Tanto che alla fine mi sono detto: "tutto qua"?

Premesso sempre che la maestria e la classe di Berardi sono innegabili nel dirigere la storia e tratteggiare i caratteri, in questo episodio mi ha appassionato ben poco il mistero della scomparsa di Warren/Stevens, ho trovato tutto troppo semplice e prevedibile, senza sale.

Ammetto che è probabilmente una vicenda più verosimile di altre, ma io preferisco nettamente una storia come quella del prete che assumeva molte identità (di qualche mese fa), che era certamente più improbabile ma assolutamente più appassionante (la cito non a caso perché entrambi gli albi trattano di una improvvisa scomparsa di una persona e di tracce di sangue che farebbero pensare che sia stato ucciso).

Infine 2 dettagli che non mi sono piaciuti, in primis la copertina che davvero non c'entra nulla: un uomo in una probabile clinica, in sedia a rotelle col volto bendato come fosse stato vittima di un incendio o attacco con acido, che porge una pistola a Julia , non c'è un solo dettaglio tra questi che richiami la vicenda dell'albo!!
Il secondo è la scena in cui Leo irrompe in casa contro 4 malviventi armati e riesce a stenderli tutti senza nemmeno graffiarsi un dito sotto una gragnuola di proiettili: a me sta bene quando ha la meglio facendo a cazzotti, perché è credibile essendo questione di abilità, ma i contesti un cui l'eroe se la cava in questo modo non li gradisco proprio (è purtroppo il difetto soprattutto dello Zagor burattiniano da molto tempo).

La copertina non è piaciuta nemmeno a me. Non tanto nella resa, che Spadoni (uno dei miei preferiti) è sempre bravo, quanto appunto perché in Julia siamo abituati alla raffigurazione di un episodio saliente contenuto nell'albo. Se, come per la copertina di Stano per Una nuova vita di Dylan Dog il rappresentare il volto bendato come dopo un'operazione di cambio d'identità, l'intento era simbolico (là non solo per quel singolo albo, ma per l'intera serie... quante vane speranze ), qui, abituati a realismo e corrispondenza col narrato, stona.
Su Leo, di solito pure in compagnia di Julia in simili frangenti, in versione Tex Willer: non piace nemmeno a me, ma è un difetto sorvolabile. Qui come altrove per me è un difetto, ma di minor conto rispetto ad altri, per esempio i flashback inutili di Burattini.

Relativamente alla copertina, concordo che sia fuorviante.
Io addirittura pensavo che fosse Leo preso in ostaggio.
Discorso indagine, le scazzottate "Tex Willer" sono aldilà della sospensione dell'incredulità, ma ben più grave il twist dell'indagine con i criminali che spiattellano nome cognome indirizzo del tizio, cosi, pour parler.
Mi immagino di andare da qualche mafioso a ficcanasare e questo tac, oltre a farsi pestare, risponde anche alle mie domande d'indagine. Sicuro. Soprattutto un tizio che cercano anche loro. Sicuramente.
È la seconda volta in pochi mesi che abbiamo questa dinamica identica, se non addirittura una terza quando sono andati in Messico.

La Liz che da il titolo all'albo che uscirà a gennaio è la stessa che è comparsa qualche numero fa come fidanzata "ufficiale" di Leo?