Più luci che ombre, in questo Confine... tranne che nei disegni di Dall'Agnol, che qui prosegue sulla strada inaugurata dal bellissimo "Lo sguardo di Satana", con bianchi e neri drammatici che scolpiscono con grande forza ombre e volumi, e danno vita alle bizzarre architetture del luogo/non-luogo in cui la storia è ambientata. Qui la tensione tra chiarezza e stilizzazione/astrazione inizia a vedere la prevalenza del secondo polo (a differenza dell'albo suddetto, nel quale a mio avviso l'equilibrio era perfetto), ma rimane comunque uno stile di grande suggestione, anche se certamente non immediato.
Chiaverotti torna a occuparsi di zone liminali tra la vita e la morte, già visitate diverse volte e con esiti alterni in "Partita con la Morte", "Metamorfosi", e "Presenze...", e confeziona una buona storia, con una soluzione non scontata, un personaggio enigmatico e di buon impatto come Magus, un rimando non pretestuoso a "Lama di rasoio", e finalmente un buon uso della Trelkovski -che però, a ripensarci, avrebbe potuto mettersi in contatto con lui un po' prima, invece di aspettare che fosse Dylan a farsi vivo...
Il problema principale, dal mio punto di vista, riguarda lo stesso Dylan: va bene che è un catalizzatore delle forze dell'occulto, ma nel finale diventa praticamente un supereroe in grado di trascendere i confini dello spazio e del tempo -tutto questo, tra l'altro, benché si trovi nel Confine solo con il pensiero, e non "realmente", a differenza degli altri personaggi.
Arrivati alla fine, in sostanza, si scopre che Dylan non ha rischiato nulla -anche la comparsa della Morte, sotto le spoglie di Lovelyne (!), è una prescindibile baracconata che stona con le atmosfere delle pagine precedenti-, e che l'incipit era fasullo: oltretutto, non si capisce neppure bene in che senso e in che modo Dylan abbia dovuto "pensare (o credere) di morire", per raggiungere il Confine.
Dave.ka ha scritto:
Domanda: era tutto un'illusione quindi. La "madre" si è presentata davvero da Dylan? E Dylan per aiutarla ha fatto la seduta? Dylan spiega sì che era tutta allucinazione e che non trova la modella ma vorrei capire dove si ambienta la storia (x esempio nella mente di Dylan durante la seduta)
Sì, la madre (Lovelyne) si è presentata veramente da Dylan (vedi pp. 52-53), poi insieme sono andati dalla Trelkovski e hanno fatto una seduta, durante la quale Dylan è entrato in una sorta di trance (immaginando -non si sa bene come: vedi quello che ho scritto sopra- di morire, o di essere in punto di morte) e ha visitato il Confine, e l'albo racconta perlopiù la storia di questa visita.
Sull'ultima pagina, puoi scegliere la soluzione che preferisci -ma visto che le altre tre persone "salvate" si presentano alla porta di Dylan (per quanto non credo ne conoscano il cognome, quindi ci si potrebbe chiedere come l'hanno rintracciato...), non ha molto senso pensare che Edith non esista: più facile che insinuare il dubbio sulla reale esistenza della modella sia il solito tentativo chiaverottiano di confondere le carte nel finale, che però a questo giro non funziona più di tanto.