Come tanti altri, anch'io riconosco in quest'albo il miglior contributo del trio sardo a Dylan Dog. Rileggendo le due storie nel giro di pochi giorni, ho notato un paio di caratteristiche in comune con "Dal profondo", guarda caso un'altra storia scritta da un "ospite d'onore" (Alfredo Castelli): il peso "narrativo", in senso atmosferico, dell'ambientazione, e la rivelazione finale che
(se poi il contesto maggiormente realistico renda la vicenda più o meno spaventosa e/o struggente dell'altra è questione di gusti).
Una storia di "fantasmi", che all'epoca mi aveva colpito e che anche oggi continua a farlo, rinunciando al soprannaturale ma risultando (proprio per questo?) decisamente perturbante. Buona parte del merito, chiaramente, va data ai disegni di Ambrosini, nel cui tratto c'è qualcosa che non riesco a definire ma che rende la sua rappresentazione delle scene di violenza (già dai tempi di "Canale 666" e "L'isola misteriosa") una fonte di disagio e repulsione quasi fisica come forse nessun altro degli illustratori della serie -e non si tratta solo di violenza, in realtà: quant'è inquietante la bambola a grandezza naturale che Dylan si vede scagliata addosso a pagina 25?
Forse nel finale succede un po' troppo e un po' troppo in fretta, tanto che c'è bisogno della lettera di Joan perché Dylan scopra l'intera verità -espediente che, se non altro, fa da preludio a un gran finale, triste e perfino poetico.