Keanu Coen ha scritto:
Anche per me c'è sicuramente [PIU' DI] una cosa che non torna, considerando che ci dicono da mesi che dobbiamo considerare solo i dyd fino al numero 69...
Fossi in voi non prenderei alla lettera certe meta-dichiarazioni in post-pensiero (di parata o in prospettiva abbozzante), specialmente quando vorrebbero incarnare una logica pro-continuity che fisiologicamente difetta nei massimi sistemi a lunga programmazione SBE. Figuriamoci su DD, dove Sclavi è stato il primo ad irridere (e rinnegare) una linearità nelle vicende 'topiche' che circondano la biografia del protagonista e comprimari di base. Non bastassero le interpolazioni della Barbato, di Recchioni, di Bilotta, genuine negli intenti (quasi sul 'prendo spunto ma me ne fotto'), ma di sostanza apocrife, o più comodamente naufragate su altri piani paralleli di narrazione.
Quella dichiarazione sul #69 era legata ad una fisima concettuale e/o personale di Bilotta (come il sommo c'ha na' fissa pel #5), che probabilmente in futuro - forse la leggeranno i nostri nipoti
- tornerà nella sua dimensione PdM sul tema allegorico del DD 'sospeso' che deve salvarsi dagli Inquisitori come tutto il mondo dell'intrattenimento fumettoso. Senza contare la comodità di usare quello spartiacque ideale per poter riscrivere
manu propria il galeonico #100 con nuovi esiti, ignorando Marina (#74, v. discorso della Bodeo, del desiderio di indagare mostri, etc), e la fine del mondo causa raffreddore (#77).
E poi non dimentichiamoci che
Nima83 ha scritto:
Parere personalissimo? Bilotta sta un po' giocando.
Secondo me neanche lui ha un quadro completo e assoluto della situazione.
Più che un singolo quadro è una galleria provvisoria e semovente, con esposizione rivedibile di tele ricomposte
en abîme col senno del poi
.
Nel senso che è palese (v. storia sul Gigante) come Bilotta abbia cambiato idea numerose volte sull'impianto di base della trama, dalle origini agli sviluppi. Anche perché facendo passare un anno tra una pubblicazione e l'altra... ahivoglia a riconsiderare tutto, rimestando nuove idee sorte nel frattempo.
Bilotta gioca con le sue stesse trovate, e come può le incastra in quelle precedenti.
Solo che le carte mischiate e ripescate da suo questo mazzo alla lunga sembrano un po' tarocche. O che abbia cambiato gioco, passando dal black jack funereo-apocalittico al poker di riscrittura d'azzardo. Cercare una logica stringente o un piano lineare di narrazione non è il suo forte. Sparge tracce ma poi batte altre piste appena aperte nella selva, creando di conseguenza vicoli ciechi e
non sequitur a catena. Pare un maestro della 'riconsiderazione'.
E' quasi un lustro che ignora (strenuamente, consumando la fiducia del lettore ormai disilluso) gli sviluppi di Wickedford, del sosia di Lynwood, della strage di Chelsea, di Jenkins 'eroe' in Germania, e altre cose che non voglio elencare... ma sono parecchie. Preferisce piuttosto che riprendere i filoni, rilanciare con altre pagnotte (v. bio-excursus sulla storia di tale Waldo) cercando un nuovo background mollicoso dietro ogni personaggio, ma farraginando sulla macro-trama dalla crosta ormai indurita.
Alla lunga non è un presa in giro, ma un modo di fare a mio vedere abbastanza scorretto e comodamente 'rimandante' (se non inconcludente), perché lascia sempre intendere di avere 'altre priorità' che non vengono mai a galla, mentre ne rifrulla di nuove che emergono ad ogni piè sospinto, piroettando grovigli su se stesso per 160pp a botta ogni dodici mesi.
E gli anni passano, e noi diventiamo sempre più zombie...