Il giudizio non è da ora che l'ho emesso: lo trovate una pagina di topic fa, e nel frattempo non è che abbia cambiato idea.
Sempre
5 ½ rimane, nel complesso (di colpa?). Ho letto cose peggiori della Baraldi, ma anche migliori
.
Questa sicuramente è la sua storia più pretenziosa, per quanto si metta in scia agli slogan sofistici di Uzzeo in modo molto più accomodato nelle semplificazioni.
Come detto prima non mi pare
né complessa né improntata ad un certo nonsense rutilante. Niente di questo. Una volta sciolte le riserve su "chi percepisce cosa" si svela per quello che è, con una certa banalità ridondante di fondo, e delle soluzioni narrative già straviste ma con maggiore nonchalance.
Ovviamente il pretesto della continuity è un escamotage tarocco per impomatare il lettore, dato che la storia di base non è stata concepita come proseguimento del #416, ed i rattoppamenti adibiti a questo camuffaggio sono piuttosto maldestri, per quanto nella confusione possano suscitare qualche interesse/suggestione in più.
Per i dettagli...
ヘヘヘヘヘ SPOILER ヘヘヘヘヘ SPOILER
SPOILER ヘヘヘヘヘ SPOILER ヘヘヘヘヘ
Andando un po' controcorrente, a me la copertina è piaciuta.
Cavenago mi ha ricordato il kitsch legnoso dello Stano de 'na vorta, e anche Dylan-Lurch non è male a livello di lividore verdastro ed aspetto smoccolato. Bene l'accozzamento dei colori, per quanto non ho capito quei fasci di bianco dallo sfondo, se la luce proviene dalle candele...
Invece proprio
Stano mi ha dato un effetto straniante. In certi punti mi è sembrato molto affievolito e giù di corda, meno deciso del solito (v. tratteggio sottile su molti primi piani del viso): un esempio negativo potrebbe essere la macrovignetta di p.25 all'insegna del risparmio più spudorato, se confrontata alle altre piene di sfumature.
Sicuramente Chilton ed i suoi due scagnozzi sono ripresi da qualcosa, specialmente gli ultimi due, visti i dettagli nelle espressioni e dentatura. Come sono ripresi dalla tradizione delle nippo-illustrazioni (o dai manga) i demoni poliziotti di p.47, soprattutto quello sulla destra.
Troppi effettazzi non lo ajutano quando prova ad evocare il turbinio di scosse e sconvolgimenti vari. L'abuso dell'effetto "
fluo/nebuloso"
made in pc andrebbe ridotto: capisco nei passaggi più convulsi od onirici, ma piazzarlo sistematicamente pure sugli scranni del tribunale (pp. 43 e 62) o su tutte le ombre in giro (pp. 59-61) stona parecchio.
Male la resa di tutta la sequenza dell'incidente col Suv, ma lì c'entrano anche le direttive dalla sceneggiatura della Baraldi
[...]
Passando alla storia in quanto tale, come detto in precedenza, non c'è molto da capire.
Siamo alla solita
girl tormentata da vari complessi, senza risultare personaggio complesso. Né tantomeno le sue smanie suicido-rovinose si prestano a tanti livelli di lettura/esegesi, anche perché gli aspetti inconsci sono didascalizzati con sparate piuttosto esplicite, lasciando pochi margini al dubbio o alla suggestione.
L'unica metafora che non viene spiegata è quella della
farfalla atropo - perché ficcata di straforo, solo per farsi belli col suo simbolismo decorativo implicito - ma si capisce bene che alluda ad aspetti mortuari o riti di passaggio, da un bozzolo che bruca rimuginamenti, ad un essere svolazzante oscuri presagi
.
A livello tematico qualcosa si può ricollegare senza obtorcere troppo il collo alla storia di
Uzzeo.
Un mese fa si parlava di innocenza rispetto ad una colpa non specificata - per poi sbrodolare sulla questione dell'ingiustizia e della detenzione, culminando verso l'esaltazione masochista del martirio passivo da idealizzare -
....stavolta
si lavora attorno al senso di colpa, aggravato e riflesso, da Ilary in transito verso Dylan, con quest'ultimo che fa di tutto inconsciamente per assorbire colpe e responsabilità che non gli spettano (p.7), distorcendo il senso dei fatti, e testimoniando quasi contro se stesso nel tribunale metaforico che auto-imbastisce per annacquarsi la coscienza con spruzzate di torbidume
.
In questo farsi carico di presunte colpe altrui snocciolando le proprie, alla fine il Nostro Boy riuscirà dal banco degli imputati ad inoltrarsi in un viaggio interiore nella mente piagata di Ilary, dandole idealmente (i crismi per) l'assoluzione che cercava dai tempi dell'incidente passato da bambina.
Per imbastire tutto ciò - lo dice panepane Dylan a pp. 9-10 - la Baraldi ci deve appioppare un percorso improntato alla rimozione della/dalla realtà con falsi ricordi, allucinazioni altrui, sogni nei sogni, dimensioni parallele, e meta-seghe trasversali... quando il succo non è tutta 'sta gran cosa, né a livello psicologico né a per gli spunti narrativi
.
Peccato quindi che questa gita a braccetto coi demoni interiori di Ilary (e di rimando anche di Dylan) non porti a un inquietante ed effervescente
mindfuck - o
mindrape, il mio avatar ne sa qualcosa, povera stella
- ma solo ad un
mindsight ( v. p.29) dichiarato in cattedra, che dovrebbe concretizzarsi col transfert di tutto il suo "male oscuro" (di vivere?) dentro una bambola inanimata, a metà tra l'esoterismo da fattucchiere e gli esperimenti da mad doctor paraterapeuta de noartri.
Se, come dicevo prima, a livello di argomenti in ballo, in qualche modo ci si ricollega ai passi dell'albo di
Uzzeo di Maggio, a livello di sceneggiatura i
tentati rabberciamenti sono messi su in modo pietosamente last minute, con intrusioni
una tantum tanto per
.
Morale: non basta ficcare a muzzo qualche vignetta di Dylan in cella (v. p.20 o 82) per rendere quell'idea di continuity ripensata sui testi. Si capisce subito che sono allucinazioni tarocche messe in un secondo tempo come tenue legame abusivo col #416, ronzando attorno al fil-rouge concettuale del "testimone" da processare, che già faceva acqua più di uno scolapasta in fondo al Niagara nell'albo precedente.
Meglio in questo senso i contributi allucinatori di Groucho, che almeno a p.58 negli scambi "evasivi" si riallaccia di rimbalzo ai discorsi sulle evasioni carcerarie, l'innocenza non dimostrabile, la libertà, etc
La resa grafica neanche ajuta in questo senso... anzi, peggiora le cose.
Il ricordo (tarocco) della colluttazione col barbone viene completamente alterato, perché, come detto da altri, qui gli sbirri sono entrambi maschi, e per una sorta di transfert made-in-Dylan assumono le fattezze degli sgherri di Chilton, mentre lui impersona il clochard. Quindi, non solo "
non è andata davvero così" (p. 11.iii), ma non era neanche stata disegnata così, non più di un mese fa.
E tra l'altro,
cosa ben più grave perché si parla di pesante falla logica, nel corrispettivo reale della faccenda del portafoglio sparito, qui (pp.12-15) quando Dylan esce a pedate dal ristorante
NON SI RICORDA DI NESSUNA ACCOMPAGNATRICE CONVIVIALE Ma cos'è, era andato da solo ad una serata di appuntamenti al bujo tra single, coi numeri di tavolo ed i messaggini per intortare??? O non voleva rifarsi vivo in sala per l'onta di far pagare il conto alla pulzella con cui c'era arrivato??? Se non altro Groucho sarà stato geloso solo del pasto scroccato...
Tutto il processo tribunalizio è un teatrino mentale che Dylan si spara contro se stesso... con relative marionette self-made che ventriloquizzano in projezione le sue ipocrisie e le sue tare storiche, partendo dai relativi sensi di colpa (v. Rania ex-mogliera sarcastica e Bloch che lo ha preferito al figlio naturale crepato di disattenzioni paterne). E anche quando provano a scagionarlo, le prese di posizione sembrano abbastanza patetiche, con Scerlocco e Rachimma che
vorrebbero meta-difendere il sensibilerrimo personaggio con tutti i suoi difetti congeniti, più quelli aggiunti dalla gestione RR.
In quel contesto meglio i personaggi di fantasia ex-novo, in senso grottesco, come la fittacamere svampita o la prof santona sovrappeso, con le sue paurose lastre (p.43) e quella citazione da Churchill mentre viene "giustiziata" in un passaggio che ricorda molto la surrealtà figurata di
Ascensore per l'inferno.
Se la storia aveva un discreto fascino/mordente nella prima parte, più passano le pagine più sembra scontata, mentre Dylan si cafonizza da tamarro del b-movie non richiesto
.
L'ultimo terzo, da p.66 in poi, risulta proprio deludente... quando i nervi di Ilary vanno in parossismo e comincia ad esagitarsi in preda al delirio tra un elettroshock e l'altro, mentre il tribunale (già) immaginario svacca in mostrazzi (pp. 77-79) buttati lì per fare scenetta. Anche la risolutiva gita-ad-alto-voltaggio di Dylan nella mente di Ilary è un po' telefonata a corrente sincopata, con la metafora del moccioso che dovrebbe rappresentare la razionalità formato mignon mentre attorno crolla tutto (pp.83-85) il cerebro-mondo di Ilary sempre più devastato/-ante.
Per chiudere, arruffando un po' tutto sbrigativamente, ecco imperversare una tempesta psicotica, mobilio spaccamuso, vulcani di snervo, colate slavate di moralismo contro l'autocommiserazione (detto da Dylan poi... Paola stra-docet
) ...e basta tutto questo per mandare (tanto per cambiare) la solita magione in fiamme consolatorie/risolutorie, e poi tutti a casa sul diario, passando prima dal cimitero. Pessimo modo di gestire un presunto climax.
Ecco, a proposito della Barbato:
la bambola accumula-malesseri in qualche modo s'è salvata, e non vorrei che fosse lei il trait d'union forzoso cliffhanging col prossimo numero... nella stanzetta di Sally, chessò.
Ai postumi del prossimo albo l'arduo giudizio, ora-colo non costituisce prova
.