Gli ultimi due albi firmati da Chiaverotti prima del #100 sono curiosamente accomunati da una soluzione basata sull'uso di tecnologie innovative. La cosa buffa è che, venticinque anni dopo, l'idea di "registrare" i sogni, e visualizzare l'attività cerebrale, risulta molto meno fantascientifica di un tempo, laddove la realtà virtuale di "La sfida", capace di creare universi così dettagliati e vividi da garantire un'esperienza di fatto indistinguibile dalla "cosa vera", benché all'epoca sembrasse quasi a portata di mano, è rimasta in realtà più o meno un sogno di quegli anni (in quelle forme, intendo).
Un altro effetto bizzarro del trascorrere del tempo è che ho finito per rivalutare moltissimo quest'albo, del quale al momento della rilettura ricordavo poco e nulla, e che invece adesso mi appare il miglior risultato di Chiaverotti sulla serie regolare almeno dai tempi di "I killer venuti dal buio" e "La fata del Male". Merito di una buona costruzione dei personaggi e di un'ottima gestione della tensione (resterebbe da capire come e quando Dylan abbia scoperto dove abitava Gronberg, ma per stavolta sono disposto a soprassedere), ma anche dei disegni di Dall'Agnol, che qui come in "Lontano dalla luce" è colto in un momento cruciale e forse apicale (almeno per i miei gusti), nel quale il suo stile si andava asciugando ma non era ancora così violentemente stilizzato come sarebbe apparso in futuro (due anni dopo, "Il confine" segnerà un piccolo ma decisivo passo in avanti su quella strada). Apprezzo in particolare i suoi neri, molto profondi, e la sua abilità nel rendere le visioni dei personaggi -nota di merito per le allucinazioni entomologiche di James e Natasha-, al punto che le sue tavole mi fanno pensare addirittura ad Ambrosini, non per qualche affinità stilistica ma per la capacità di raffigurare la violenza e la follia in maniera così sottilmente disturbante da mettermi a disagio.
Appropriate le citazioni filmiche, in una storia che prende ingegnosamente alla lettera il famoso detto del cinema come "fabbrica di sogni" (e incubi, si capisce): Julius Gronberg è modellato ovviamente su Cronenberg (sia per il nome, sia per gli occhiali), mentre il volto e l'espressione di James Blake (!) fanno pensare a Klaus Kinski -affinità ancora più evidente se si considera che la figlia si chiama Natasha.
Due curiosità: anche qui ci sono in giro droghe pesanti, come in molte altre storie di Chiaverotti (segno dei tempi, credo -oggi mi pare che la questione non sia più di primissimo piano, ma all'epoca di "emergenza droga" si parlava quasi quotidianamente); e anche qui troviamo una miss Pigoltz (a pagina 62, l'infermiera-formichiere), forse bis-bis-nipote della vecchietta più-che-mezza-sorda incontrata sul "Titanic" qualche mese prima.
_________________ Non giudicare gli uomini sulla base delle loro opinioni, ma da ciò che le opinioni possono fare di loro. (Georg Christoph Lichtenberg)
|