Recuperati e letti di fila i 6 volumi firmati Giacomo Bevilacqua, lascio un commento nella speranza che ci sia qualcun altro che l'abbia letto e mi dica le sue impressioni
Non so bene neanche da dove cominciare, perché ci sono talmente tanti temi generali da toccare e che si intersecano tra di loro che di sicuro verrà fuori un discorso inorganico...
Innanzi tutto, un qualsiasi lettore onnivoro di fumetti già storcerebbe il naso, visti i precedenti ben poco illustri che han tentato di copiare lo stile nipponico qui in Italia. Questa è peraltro forse la sola cosa veramente Audace presente in Attica
Per il resto, è il tentativo di commistionare un genere commerciale come il battle shounen con una sorta di autorialità.
Difficile spiegare questa affermazione...
Un battle shounen è fatto per vendere e sottostà a rigide leggi di mercato dettate dalle case editrici e dagli editor, specialmente su riviste di punta da milioni di copie settimanali. Eccezioni ce ne sarebbero anche, ma oggigiorno vengono sostanzialmente fatti con lo stampino, i manga battle shounen.
Bevilacqua vuole fare un battle shounen adolescenziale, ficcandoci però dentro anche una morale, un messaggio potente e preponderante nella narrazione (l'anti-sovranismo, la lotta ai totalitarismi, la difesa della libertà personale e del libero arbitrio, soprattutto ma non solo), mettendo in scena una poderosa allegoria collodiana e citando letteralmente a man bassa veramente troppe cose. Aggiungiamoci che i sei volumetti sono molto densi di avvenimenti (molto più di un qualsiasi altro analogo giapponese), ne viene una narrazione farraginosa (lutulenta, direbbe Quintiliano), con dialoghi e spiegoni spesso troppo lunghi e un senso della battuta decisamente troppo marcato e presente per un fumetto che vorrebbe prendersi sul serio.
Ne esce una lettura anche a sprazzi gradevole, ma che strizza troppi occhi perché il lettore possa coglierli tutti e nel contempo godersi la storia. Ahimé, non un fumetto che merita una rilettura per apprezzare i due piani di gioco autoriale. L'umorismo di Bevilacqua non funziona troppo e si inserisce spesso male nella narrazione, bloccandola per lasciare spazio alla gag anziché inserirvisi. Non sempre si riesce a capire se la situazione è seria o meno. Si potrebbe pensare che questa ambivalenza sia voluta per straniare il lettore e mettere in dubbio la convinzione che il messaggio sia effettivamente quello patente e non ve ne sia invece uno latente, antitetico. Senonché sembra improbabile che Bevilacqua sia a favore delle dittature, dei totalitarismi, dei sovranismi e via dicendo. Pertanto, si resta di stucco nel vedere cotanta gravità affiancata a uno smaccato senso del ridicolo. Se è per sdrammatizzare, non funziona.
Insomma, io fatico ad arrivare alla sufficienza per questo esperimento. C'è anche da considerare che non sono un amante di Bevilacqua e anche i suoi lavori più incensati mi hanno lasciato freddo, quindi non sono forse la persona migliore di cui fidarsi del giudizio.
Certo è che per fare un fumetto così serve un editor che sappia fare l'editor di manga battle shounen, e in Bonelli, visti i trascorsi, dubito che ce l'abbiano. Quindi viene fuori l'equivalente di webcomic per autoreferenzialità. Ma non era questo l'obiettivo, evidentemente.
Comunque l'ho letto tutto, dai. Non sempre accade