Albo accettabile, il che è una cosa buona tenuto conto che molto spesso il Maxi è un contenitore di scarti indifendibili
(mi auguro che con la supervisione di Recchioni le cose cambino decisamente in meglio).
Nessuna delle tre storie è veramente buona (nei maxi, solo
Ho ucciso Jack lo Squartatore e
La vita rubata possono dirsi davvero tali) e tuttavia nessuna può dirsi insufficiente.
Va da sè che comunque i difetti non mancano...
Il fiore d'ombraRicordo benissimo che quando lessi questa storia risi come un matto. E ancora oggi a rileggerla rido!
Il contesto "mafioso" è da sceneggiata! Nomi didascalici (Don Vito e Don Carmine... Fossero stati camorristi si sarebbero chiamati Don Ciro e Don Gennaro! Ci scommetto!
), vestiti orribilmente anni' 70, criminali spietati e invasivi, micro e macrocriminalità, boss riveriti, facce che forse vorrebbero ammiccare al Brando del Padrino ma sembrano piuttosto caricature di Mario Merola...
Pure certi dialoghi sono uno spasso, tipo questo:
Bloch: "Sai chi è quello?"
Dylan: "No."
Bloch: "E' Vincent La Fleur, killer di mafia e probabile assassino di Latorre (eccetera eccetera)"
Dylan: "Beh? E cosa aspetti ad arrestarlo?"
Il problema è che quando c'è Ruju di mezzo è difficile capire se l'umorismo sia volontario o meno.
Mi auguro di sì. Comunque resta il fatto che io questa storia riesco ad apprezzarla solo nell'ottica della parodia.
Al di là dell'umorismo, la storia ha varie falle logiche tipicamente rujane. Per esempio, la fioraia dice che la cecità si tramanda nella sua stirpe di madre in figlia, dalla notte dei tempi... ma nel flashback della rapina si nota benissimo che la figlia della fioraia non è affatto cieca!!!!
Buono il lavoro su alcuni personaggi (la fioraia, il cameo di Bree...) mentre alla resa dei conti il meno convincente è proprio Vincent, che avrebbe delle potenzialità ma di fatto si rivela solo un killer come tanti, appena più pensoso della media.
Le stagioni della vitaManfredi realizza una storia densa di simbolismi e metafore (versioni del passato 'incarnate' che prendono il posto della persona reale...) interessante e a modo suo originale. Purtroppo cerca anche di ibridarla a un contesto noir/realistico (il detective, l'indagine...) con cui non si amalgama granchè bene.
Di fatto la storia non è realistica nè 'simbolica': rimane in mezzo al guado. Gli elementi troppo diversi giocano uno contro l'altro e alla lunga tolgono interesse alla vicenda, che parte benissimo ma arriva al finale col fiatone.
Comunque spunti interessanti non mancano.
Insopportabile il personaggio del bambino, ma nel '98 trionfava ormai il politically correct. I bambini DOVEVANO salvarsi sempre e comunque, sennò il Moige si metteva a piangere...
Le stagioni della vitaTipica storia chiaverottiana.
Lo spunto è, come al solito, un pretesto per una sfilza di bizzarrie assortite e ammazzamenti più o meno trucidi.
Alcune parti divertono (l'inizio con l'autobus e gli omini dalle piccozze), altre meno. Il ritmo si mantiene abbastanza vivace.
La soluzione finale è assurda, anch'essa tipicamente chiaverottiana.
La storia si lascia leggere - e apprezzare se si ama il trash. Ma all'epoca Chiaverotti di roba del genere ne sceneggiava un tanto al chilo. Questa non è nè meglio nè peggio di altre, tuttavia è sicuramente un prodotto di pura routine.
6 politico.