L'albo più controverso della serie? Difficile a dirsi, perché perfino l'aggettivo "controverso" è... controverso, in questo caso. Di questi tempi, e soprattutto nell'ambiente della Rete, definire un'opera "controversa" significa che il giudizio su di essa oscilla tra capolavoro e schifezza assoluta, con pochissimi gradi intermedi. (Esprimersi per gradi intermedi non conviene, perché nessuno ti ascolta/legge. E ascoltare/leggere solo, o quasi, opinioni diametralmente opposte, o quasi, alla lunga o in breve finisce per polarizzare la discussione, al punto che diventa quasi più interessante parlare della polemica in sé, che dell'oggetto da cui la polemica è sorta. E poi finisce per stancare e basta, a meno che non si abbia un animo da polemisti -ma non è il mio caso.)
Qui la cosa è piuttosto diversa, perché una delle due polarità manca: nessuno (mi pare) ha parlato di capolavoro. La spiegazione più plausibile di questo squilibrio è che a molti, se non a tutti -me compreso-, questa storia ha lasciato l'impressione di essere un gioco. Ad alcuni è piaciuto, per ciò che ha mostrato e per come l'ha mostrato (pur con varie riserve); altri hanno avuto la sensazione di essere stati violentemente presi in giro, e alla fine della lettura hanno -metaforicamente, spero- lanciato via l'albo al grido "Questo non è Dylan Dog!" ("il mio Dylan Dog", hanno avuto l'accortezza di specificare alcuni).
Lungo preambolo per rimandare quanto più possibile l'imbarazzata ammissione che, ancora oggi, non so bene come giudicare questa storia. La scansione temporale non cronologica è abbastanza ingegnosa e funzionale, e in più permette a Recchioni di aggirare uno dei difetti che avevo riscontrato in "Che regni il Caos!", ossia la difficoltà nelle fasi di raccordo tra una scena e l'altra. La scelta di un parco disegnatori così ampio e stilisticamente variegato si rivela anch'essa funzionale al gioco, rimarcando la natura autoconclusiva delle singole sequenze... e, in senso più ampio, mi piace leggerla come la traduzione grafica del desiderio di Recchioni di celebrare non solo e non tanto Dylan Dog, quanto l'arte del fumetto in sé, i molteplici mondi meravigliosi che è in grado di creare, esaltandone la libertà linguistica nei limiti di quanto è possibile fare in un contesto "tradizionalista" come quello di casa Bonelli -tanto che, a occhio, più di metà delle tavole abbandona la convenzionale gabbia 2x3: si pensi al susseguirsi serrato di primi piani e dettagli di pagina 27, replicato a pagina 32 ma in maniera (volontariamente, credo) più "statica", con il semplice alternarsi di primi piani di Dylan e Ghost; o ancora le sei vignette orizzontali di pagina 51, o le splash pages di pagina 14 e 71.
La sequenza fracassona dei nazi-vampiri, a ripensarci, mi irrita molto meno di quanto non fosse accaduto alla prima lettura. Perché, in fondo, il mondo sta per finire, e allora perché negare ai personaggi un'ultima possibilità di uscire dai propri schemi, di scatenarsi (e divertirsi) un po'? Così come, a ripensarci, la mancanza di pathos nella scena della morte di Groucho appare coerente (attenzione: ho detto "coerente", non "soddisfacente"), e per lo stesso motivo: il mondo sta per finire, nel giro di dieci minuti saranno tutti morti (uh, a proposito: come mai al matrimonio, o almeno nella sequenza conclusiva, non c'è Lord Wells?), che differenza fa andarsene mezz'ora prima? Non c'è un futuro in cui sarà possibile elaborare questo lutto, non c'è più nulla in ballo per nessuno.
Il che mi porta al punto cruciale: cosa c'è effettivamente in gioco, qui? Cosa vedremo, quando il bagliore accecante della Meteora sarà svanito? A sei mesi di distanza, la risposta continua a sfuggirci. Il ciclo 666 la sta volontariamente rimandando, ma lo stesso fatto che sia stato presentato come un ciclo dovrebbe indicare la sua temporaneità, la sua eccezionalità. Per la prima volta dall'inizio della serie, in pratica, non sappiamo dove stiamo andando. (Parlo per i lettori, con la speranza che i curatori invece abbiano qualche idea a proposito.) Alcuni sono rimasti a bordo ma temono il peggio, altri sono più ottimisti o come minimo curiosi, altri ancora hanno deciso di scendere. A me, probabilmente, la destinazione non interessa poi tanto: immagino che prima o poi scenderò anch'io, ma per ora provo a godermi il viaggio, consapevole che non ho alcun potere (come sempre, del resto) sulle decisioni del Capitano, così come sono consapevole che il Capitano non ha alcun potere (come sempre, del resto) sugli elementi -che nella metafora sono fattori imponderabili quali il declino di popolarità del fumetto seriale, la qualità degli scrittori, l'affermarsi di certe forme narrative o di consumo, i mutamenti sociali che finiscono per riflettersi inevitabilmente negli universi finzionali...
Ultima nota: mi pare che nessuno l'abbia citato, e probabilmente è un dettaglio che non significa nulla, ma... la sequenza iniziale, quella disegnata da Roi, è l'unica a non presentare alcuna marca temporale. La prima tavola (il Maggiolone e la Morte in una strada per il resto deserta) sembra alludere già a un universo post-apocalittico, stile "L'ultimo uomo sulla Tera" (sarà un caso che sia stato proprio Roi, già meraviglioso illustratore di quella storia, a disegnare le ultime due tavole del #400, e il #401?), anche se le frasi di Dylan ("ci è rimasto così poco tempo da vivere") e della Morte ("presto, tutto quanto sarà sotto il mio dominio") sembrano collocarla nell'immediato pre-Meteora. Anche se, a rifletterci, se la Terra o anche solo l'Uomo scomparisse, su cosa dovrebbe esercitare il proprio dominio la Morte? Narrativamente, siamo "fuori dal tempo": chissà che quelle poche pagine non siano una possibile via di fuga, un'espediente per consentire alla serie di spostarsi a piacimento tra universi anche molto distanti (ma anche per far tornare tutto com'era o quasi, volendo: non si può escludere, ad esempio, che tutte le pagine successive al prologo siano una visione che la Morte regala a Dylan, magari offrendogli la scelta tra salvare la Terra e salvare sé stesso...).
Ultimissima nota sul ciclo della Meteora: non so se fosse possibile -più che dal punto di vista del tempo e dell'impegno degli autori, da una prospettiva puramente commerciale- realizzare una continuity veramente stretta, che da quanto ho capito dovrebbe significare all'incirca un'unica storia divisa in tredici parti. Capisco che chi si attendeva o sperava qualcosa del genere sia rimasto deluso (anche se lo si è capito da subito, e dunque a me sarebbe sembrato più sensato lasciar perdere del tutto, oppure ricalibrare le proprie aspettative -ma ognuno chiede al testo ciò che vuole, in fondo), ma per quanto mi riguarda l'uso della Meteora come fil rouge è stata una buona idea, anche se purtroppo non tutto è stato risolto (la Regina Tentacoluta), e se in alcune storie il suo peso narrativo è stato indubbiamente minore che in altre.
_________________ Non giudicare gli uomini sulla base delle loro opinioni, ma da ciò che le opinioni possono fare di loro. (Georg Christoph Lichtenberg)
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