A dispetto della maggioranza dei commenti precedenti, non mi sembra tutto sommato così malvagia come storia… per quanto il “malvagio” principale vada un po’ rivisto, perché questa versione post666 non mi convince molto e perde tanto del suo originario appeal tenebroso.
C’è da dire che la storia presenta diverse pecche, ma che comunque è solo il primo di tre capitoli, per cui un giudizio adesso deve necessariamente beneficiare del dubbio di quanto possa venir approfondito/ribaltato/risanato nelle prossime 188 pagine di narrazione… e quindi un certo sincero ottimismo da
work in progress ci può stare
.
Alla fine dei conti
voterò intorno al 6 - - che a dirla tutta è il voto più alto per un inedito nel 2020, il che la dice lunga sulle condizioni attuali della testata. E prima di giudicare Chiaverotti tout court, sarebbe il caso di valutare quanto sia stato manomesso da Recchioni, di cui si avverte lo zampino maleodorante di fabbrica in più accezioni.
Qualche dettaglio.
SPOILER______
_______SPOILER
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Per le prime 60 pagine la storia è abbastanza flemmatica, ma con dinamismo. Succedono parecchie cose placidamente prive di pathos senza che il ritmo scorrevole però ne risenta, e per certi versi i disegni (Dall’Agnol
Cattani
l’Inchiostratore Anonimo
) mi hanno ricordato le atmosfere della
Maschera del Demonio, se vogliamo citare il Chiave storico alla prese con furfanti e delitti vari senza troppi tratteggi, stile b/n minimalista e poco altro (v. omicidi essenziali pp.10-11).
Diciamo che il registro narrativo a prima vista è sin troppo semplicistico ed elementare, con l’idea della setta di mitomani-evocatori abbastanza idioti e frustrati, la banalità della clonazione da una macchia di sangue, ed il calco Krueger-iano del (maniaco)figlio della colpa
alias Crane junior … ma sono cose che forse il Chiave semplifica per darsi un tono ccciovanile da teen movie, per non perdere tempo sui dettagli, o perché forse adesso l’atmosfera non è quello che conta per lui (e Recchioni?)
.
L’idea del collezionista di feticci serial-killerosi ricorda molto gli svitati di
Morgan Lost, mentre non è chiaro cosa prema tanto il rampollo Badland per assumere Dylan. Fin qui l’unico apporto della “nuova” dimensione post666 consiste nel cambiare qualche carta in tavola sulle date e sul tipo di divisa che indossava Dylan quando affrontò il caso di Kelly – togliendo l’idea del raggio laser (p.25), che sinceramente è penosa
.
Poi ad un certo punto subentra
Hicks, e questa mi pare una recchionata bella&pocodibuona, perché non credo che il Chiave avesse bisogno di riesumare un villain simile (
MANCO SUO! Mignacco sa) in una storia destinata all’
Old Boy dove poteva sfornare un mad doctor qualsiasi, o nel caso ne vantava di diversi già tutti di suo pugno, in archivio da oltre vent’anni.
Hicks fa chiaramente parte dei
revival tipici del post666 in cui il finto-verginello Dylan reincontra per la “prima volta” (p.61) alcuni punti salienti della sua carriera editoriale pre#400 riconfezionati alla bisogna (v. Wells, Anna Never, etc). Come in futuro ci saranno quasi inevitabilmente le carrambate posticce e smemorande con la Trelko, Kim, Cagliostro, Botolo, il burocrate infernale, etc.
Tornando ad Hicks, mi è piaciuto il suo flashback universitario da capellone geek mortodifregna, come una certa tensione paterna nei confronti della creatura, tipo classico doc Frankenstein. Non ho compreso cosa gliene fregasse di Mana Cerace, ma sotto ricatto da parte dei Pari d’Inghilterra posso capirlo, by Jove
.
Sfortunatamente quando lo scazzo vira verso il grottesco fanta-horror i disegni (già abbastanza carenti) non ajutano: il golem di carne ospedaliero è abbastanza ridicolo rispetto a quello di Piccatto, e il parto-in ejezione da conati viene reso in modo parecchio goffo, per quanto l’idea in sé a me non sia spiaciuta, come effettaccio trash di genere, con un suo senso interno non così velato
[
alla fine Mana-Crane viene evocato dall’odio atavico e dal bujo interiore di chi ne combina una più di satanasso, ed Hicks demiurgo macellaro ci calza bene in questo scenario (v. “cuore di mostro”, p.69), con la creatura-novella-Kelly che metabolizzerà rapidamente il DNA di Crane, oltre alla paura del bujo, anche un certo rancore verso il suo patrigno torturatore che la usa come incubatrice di incubi da espellere a vomito libero. Senza contare che siamo tutti nati piangendo in uscita da un luogo molto bujo… ]
Purtroppo proprio
da pagina 69 in poi la vicenda svacca parecchio in un’escalation di semifessate, con Mana che si crede romantico cattivone e poi si converte in stragista megalomane ,cominciando ad uccidere random infermieri e pazienti vari –
L’ESATTO OPPOSTO del senso del
VERO Mana Cerace che ammazzava per rancore sempre precisi obiettivi, in cui l’odio era un fattore chiave(rottiano), mentre qui viene delegato ad orpello inutile (p.74.iv). Male, molto male: caratterizzazione quindi davvero snaturante e sconfortante, almeno in questa prima 30ina di pagine sul primo episodio della minisaga
.
Male anche la piattissima zuffa stile film di Bud Spencer con Dylan (pp.76-81), con in omaggio i soliti meta-inserti recchioniani sui tempi che furono(non così belli - solita ipocrisia del Sommo), sull’ammmoure viscerale per le citazioni, e quella che è ormai un chiodo crocifisso del Geggno di Tor Fregnacciara: la possibilità di sparare a freddo (p.87)
.
In questa parte finale quando c’è da menare o da squartare nell’oscurità i disegni scadenti rabbujano la buona volontà del lettore di proseguire, e viene da chiedersi se non c’era qualche seconda scelta migliore rispetto a
Cattani per inchinarsi alle chine sui bozzetti di Dall’Agnol. Una bambinata grafica lo scontro con la creatura che Dylan accoppa mentre strangolava Hicks, come Mana che rinasce dal bujo sventrando uno dei lord stalker (p.89). Lo ripeto: anche il modo snaturante con cui viene disegnato Crane da adulto lede molto l’immagine da balordo dell’ “originale”
Crane, una bestia fumettosa nel vero senso per come resa al meglio da
Piccatto rispetto al damerino complessato che vediamo sul #409:
Mi sta bene invece quando Mana stermina i suoi sedicenti adepti abusivi senza un briciolo di autentico bujo interiore, per quanto tutta la faccenda del padre maledetto stupratore-assassino sia calcata a pennello-cinghiale dalle faccende familiari di Freddy Krueger. Intanto la città è piombata nel bujo e le speranze di un buon proseguimento sono forse al lumicino. Se non altro non si sentono gli allarmi suonare per ore, ma da qui ad un mese l’unica filastrocca la canteranno i tecnici dell’Enel di Sua Maestà, se durante i lavori devono pure scansare le coltellate di Crane redivivo
.