Vantando una certa anagrafica, non nascondo che mi sarebbe piaciuto assistere come un
umarell al cantiere di lavorazione di quest'albo, anche solo per capire come da delle idee di base interessanti possa poi emergere un edificio così pericolante e pregno di grigiore
.
Vallaccapire come finiscono certi appalti, ma se ti affidi a Mastro Sime il mattone insapore non è difficile da prevedere, non c'è super-cazz(u)ola laser che tenga, anche se ci butti nella betoniera
Jung, Einstein, Lovecraft, Totò e
Pippino Baudo.
In un certo senso mi spiace, perché di spunti degni di nota ce ne sono (anche troppi, altrimenti non mi sarei dilungato nell'esegesi del post-fiume precedente) ma come prevedibile sono messi assieme in malo modo scalcagnesco. Alla fine servono più all'autore per compiacersi di sé in stile citazionista culturaleggiante ("
avete visto le mie fonti, eh? "), e non colpiscono nel segno quando la sceneggiatura dovrebbe farsi più tesa
.
Certe bislaccherie quantistico-filosofiche è meglio che Simeoni la lasci ad
Ambrosini (o a Sclavi): non è mestiere per lui, ritorni a fare l'operaio di concetto da horror sempliciottesco, come più gli si addice; cosa che puntualmente accade nelle pagine dello scontro finale, di una piattezza infantile senza pari
.
Nell'ultimo periodo i disegni di elevata caratura hanno sempre portato in dote qualche mezzo voto in più al giudizio finale. Stavolta è l'esatto opposto:
Soldi non porta ne$$una dote con sé, e anzi impoverisce ulteriormente una storia con pochi picchi e moscia, attraverso un tratto insignificante ed involuto rispetto ai suoi trascorsi, da stanco travet compilatore. Rinaldi (odierno) a confronto sembrerebbe Dürer. Non capisco per esempio perché ci rifili un Dylan staniano, ma a pagina 22 il profilo ricorda in pieno Villa. Salvo solo la tizia in maglione senza slip e Dylan che s'incerotta gli occhi, per il nero di contorno.
Votato 5 e 1/2 ^^^ SPOILER ^^^ SPOILER ^^^ SPOILER ^^^Il vecchio
Joe che parla saggiamente ed in modo pseudo-criptico è forse il miglior personaggio del (terno al) lotto azzeccato dal Sime: peccato che insista già da subito, con tanto di grassetti, sul tema dell'
OSSERVARE-SORVEGLIARE ed in pratica spoilera 2/3 di trama ... ma in continue dosi ripetute e sbrodolate, perché a parte l'interrogatorio iniziale, Dylan dovrà
incontrarlo ben 3 volte per (pensare di) capirci qualcosa.
E già qui la sceneggiatura lascia a desiderare...
Ma il peggio è ben altro: il tentativo goffo di imbastire un'indagine a 5 voci per buona parte dell'albo, che Julia fattedaparte. Un
continuo rimbalzarsi di lapalissiane telefonate - ho perso il conto di quante ne imperversano fino p.63 - o riscontri tra Dylan, Rania, Carpenter, Bloch e l'imprescindibile
Stan, perché eravamo a corto di sbirri, e la scritturazione da fesso di Jenkins sarà scaduta.
Non voglio entrare nel merito del Bloch filosofo (p.10) ma se questi sono i vantaggi dell'era post666, credo che invece si creino ancora più superfluità poco fluide, con un tale accumulo di gggente a Scotland Yard con cui Dylan interagisce... e ciarla in siparietti da sit com acidulo-romantica, con le solite frecciate tra ex-coniugi già indigeste dopo un pajo di scambi (pp.20-28)
Gestita in modalità quasi ridicola la sottotrama sviante della
guerra tra clan italo-irlandesi, che vorrebbe anche tirar in mezzo una sorta di dilemma deontologico -
arrestare lo stesso chi non c'entra nulla con gli umarell crepati ma è un avanzo di galera criminogeno? - ma che viene abbozzato in malo modo ed in cui stranamente salva la faccia solo Carpy (p. 54 e 62)
.
A causa di queste farraginosità Dylan si muove a rilento, e per oltre metà storia sembra un corpo estraneo che rimugina a vuoto aggrappandosi al telefono.
Groucho invece, anche se un po' tiepidino e posato, l'ho visto abbastanza in forma, per quanto questa cosa del genio matematico non capisco da dove esca.
Ho già spiegato in dettaglio la mia interpretazione del concetto di sincronicità convergente e come sia collegato al pericolo degli "altri" su cui vigilano gli
umarell. L'idea sostanziale è valida e molto stuzzicante, come il corrispettivo ludico dei Grandi Antichi - se mi parli di (p.97) "
strani eoni" è ovvio che stai citando Lovecraft, e la copertina tentacoluta te lo mette in bocca, anche se sei un pensionato sdentato e non ti piace l'insalata di polpo - che vogliono sfidarci ad
1-2-3-Stella! per avanzare nella nostra dimensione nei momenti di non-vigilanza come lo sbattimento di ciglia - in realtà loro preferivano i sogni dal cosmo secondo H.P
.
Però da una buona idea non nasce necessariamente un buono sviluppo narrativo, almeno ai tempi nostri dylaniati - la
Baraldi deve essere sincronizzata su questo mantra d'onda, v. numero precedente. D'accordo che i numeri sono segni metaforici (v. Totò, lotto, gioco d'azzardo, etc) e si possono interpretare nelle loro successioni in serie per arrivare ad una "probabilità", ma Simeoni ci riserva pochi numeri a livello di scene clou con molta probabilità di annojare il lettore. In pratica tre
umarell appesi nello stesso modo di punto in bianco, a parte una vaga sincronia ripetuta per
coincidenza (perché ci tengono tanto ai grassetti inculcanti, p.53) con quelli asiatici... e tanti saluti alle ruspe.
Il geom. Simeoni preferisce perdere la quadra in discettazioni filosofeggianti da canale
Focus dell'ultim'ora e non pensa a focalizzarsi sulla storia in pratica. Perché, tra l'altro, non viene data una ragione per cui gli Antichi dovrebbero emergere
SOLO DAI CANTIERI - forse amavano giocare tra i tubi tipo Super Mario nella loro atavica infanzia
- e perché lancino la loro sfida solo agli
umarell risparmiando altre categorie.
Non è neanche molto chiaro dalla dinamica dei disegni il perché certi vecchiardi vengano sconfitti, dato che sia il primo che il secondo dei caduti sul fronte operajo (p. 7 e 14) hanno gli occhi spalancati quando crepano. Ma forse, nei brevi istanti di occlusione oculare precedenti, i mostri si erano avvicinati troppo ed ormai anche sgamandoli la partita era persa per il capogioco che ce li aveva addosso. In pratica un po' di cisposità in più e sei spacciato; per fortuna che il cerume invece ci protegge dalle sirene
.
A che serve la chiusura delle palpebre?
Ad inumidire la pupilla. Ma io non mi commuovo affatto per il finale che escogita il pupillo-scagnozzo del Sommo Rag. Recchiozzi (nel senso che pensa di avere ragggione sempre lui), attraverso uno scontro puerile e finto metaforico (pp.84-93), di una piattezza avvilente... coi Piccoli Grandi Antichi che provano a barare ma Dylan risolve tutto con due dita negli occhi - chissà quale corto circuito multidimensionale avveniva se gliele piantava in c*lo?!
Vinta una fumosa battaglia, ma non la guerra s(t)olida, perché tanto il giochetto non sembra finito del tutto, e Joe torna in pista rimboccandosi le orbite.
Se paga Rania, comunque, nel caso l'ing. Dylan si è trovato un lavoro quasi fisso come introiti... con tutti i cantieri sparsi per Londra. Sulla Salerno-Reggio Calabria sarebbe morto di fame e de sonno.