outcast ha scritto:
Comunque, ragionando in questo modo, in pratica bisognerebbe buttare nel cesso il 90% della narrativa dagli antichi greci ad oggi.
Ah, ma io non sarei (anzi: non sono) così tragico e/o esigente, mi accontenterei del 2-3% -non dell'intera narrativa, dico, ma di quest'albo.
wolkoff ha scritto:
Chiaverotti volontariamente ha mischiato le carte per mandare in malora il lettore che pensava di saperla più lunga di lui, con quel controfinale divertito e provocatorio, che comunque si apre a diverse interpretazioni possibili, senza sospendere la propria incredulità per insufficienza in condotta. Senza contare che non bisogna fidarsi di quello che dicono i personaggi alla lettera, visto che parliamo di squilibrati sopra la media.
Non è una tesi sugli algoritimi dei protocolli quantici: è un giallaccio stile-Fulci con elementi sovrannaturali più o meno patinati nel becero di squinzie seminude e deliri (v. titolo) iconico-onirici a margine. Le analisi sovra-razionali non permettono di godere del prodotto in quanto tale... almeno non in questo caso.
Sono abbastanza d'accordo, ma il problema è che
proprio per (provare a) dare senso/gusto a quel controfinale, e dunque poterne
godere, il lettore è chiamato a un'opera di
decodification laboriosissima. (Mi ero dimenticato di segnalare un'ulteriore implausibilità: va bene che l'undici settembre era ancora lontano, ma che una persona con una maschera orrenda (nel migliore dei casi) e armata di mannaia possa aggirarsi tranquillamente per un aeroporto senza essere notata e fermata da nessuno è ben poco credibile.)
E comunque di aperto nel controfinale non c'è nulla, l'ultima sequenza non dà adito a più interpretazioni alternative: si dice esplicitamente che Brenda è stata "creata" da Carrie... cosa che però non si incastra in nessun modo non con uno o due particolari, ma con l'intera storia che abbiamo letto fino a quel momento. E non capisco da quale dettaglio si possa dedurre che Carrie stia mentendo a Dylan, né (soprattutto, direi) il testo ci dà alcuna ragione per cui lei debba farlo -poteri ESP a parte, del resto, in lei non vedo nulla di strano, o tanto meno di "squilibrato".
Ma se pure volessimo sforzarci di accoglierla, anche l'interpretazione soprannaturale è sommamente incoerente: Carrie resta per non si sa quanti giorni nelle mani di Brenda, ma per qualche motivo in tutto questo tempo rimane totalmente inconsapevole del legame tra di loro, benché Brenda insista ossessivamente su questo tasto, e del fatto che lei potrebbe sopraffare la sua carceriera (anzi, eliminarla) con la sola forza del pensiero. Poi la rivede per cinque secondi, e improvvisamente se ne ricorda e la uccide -dovremmo credere che essere rapita e tenuta in ostaggio da una pazza armata di mannaia con il volto deforme non fosse un evento abbastanza "traumatico" da risvegliare la sua consapevolezza? Mi spiace, non ce la faccio.
Temo di non capire la questione del lettore che "pensava di saperla più lunga di lui": io so quello che mi dice il testo, nulla di più, e parto dal presupposto che quello che mi dice/mostra sia vero. Sono talmente ben disposto nei confronti del narratore che accetto, e anzi
richiedo, di essere sviato e depistato più e più volte -perché questo mi permette di trarre maggior piacere dal testo, tanto più se parliamo di un giallo/thriller. E dunque se, nel corso della lettura, emergono elementi che non si accordano tra loro, io come lettore sono portato a fare diverse supposizioni e inferenze per rendere coerente il testo -magari inizierò a pensare che si trattasse di un sogno, di un'allucinazione, o che un personaggio possa aver mentito, eccetera. Ma la cooperazione ci dev'essere sia da parte del lettore, che da parte del narratore: in questo genere di storie, io ti do il permesso di confondermi dalla prima alla penultima pagina, ma in cambio ti chiedo che alla fine tutto torni, o che almeno non ci siano contraddizioni lampanti.
In questo caso, il finale
amplifica il mio piacere, perché mi sorprende e non contraddice quello che è venuto prima; il controfinale lo smorza inesorabilmente, perché non si limita ad aprire altre prospettive (nel qual caso, appunto, sarebbe un finale aperto), ma cancella una soluzione perfetta dandomi in cambio una spiegazione che, da qualunque prospettiva la si guardi, non regge. Non so quali fossero le intenzioni dell'autore, e quanto sia stato soddisfatto di questo epilogo: posso solo dire che, dal punto di vista del lettore, mi pare un cambio estremamente svantaggioso.
(Per inciso, ci tengo a dire che con Chiaverotti mi capita più spesso il contrario, e che il problema non è certo il soprannaturale in sé, anzi -i controfinali de "Il buio" e "Il mistero del Tamigi", per esempio, mi soddisfano molto più dei finali.)