[back In Topic]
Anche io provo una sensazione neanche troppo latente di imbarazzo a pensare, non tanto di aver acquistato un albo simile, ma di avergli dedicato persino una rilettura mentre attendono sul comodino, non dico E.F. Wallace o Céline, ma gli inediti di
Nathan e
Morgan che non ho ancora letto
.
Ancora più colpevole mi dovrei sentire al pensiero di spenderci altro tempo per commentarlo, ma dal momento che sono stato fin troppo clemente sorvolando per misericordia sulla fetenzia dei 2 numeri precedenti, ho pensato di concedermi un revival qui, per quanto come vedrete parlerò più dei redazionali che della storia (eccapirai…
) in sé:
SPOILER ^^^^ SPOILER ^^^^ SPOILER
Per la serie la retorica maniavanti per pararsi il culo, siamo al solito
patetico sermone nell’editoriale sui tempi che cambiano e Dylan cristallizzato nel suo atemporale ‘90s mood, con l’ennesima panzana sull’ [cito] “
evoluzione del linguaggio e del gusto del pubblico” per indottrinarci verso la via del Sommo Pensatore
.
Infatti adesso
Attraverso lo Specchio o
Dopo Mezzanotte risultano illeggibili al pari di un sonetto di Petrarca rispetto all’italiano corrente, mentre tutti i lettori contemporanei si disgustano davanti a storie così fiacche di trentann&passa orsono…. quando or ora è invece graziacristo possibile gustarsi i succulenti dialoghi del gegno di Tor Fregnacciara freschifreschi di realismo citazionista da italiota nerd ultra40enne, e vicini ai gusti delle cccciovanissime leve che comprano 4 (pseudo)variant di copertina a testa anche per questo #401, sperando in una disposizione diversa degli alberi sullo sfondo se piegate con diversa angolatura cromata
No, aspé… : la bonus track esiste sui vinili già dagli anni ’70… bisogna trovare qualche trovata più mmmo’-derna per questi nuovissimi acquirenti dalle balle… ehhm, belle speranze.
E a proposito del [ari-cito] “
tempo della narrazione presente” avallato nientepopodimeno che da
Mastro Pensionato Tiziano per lavarsene le mani, aggiungo che se oggi una nuova testata esordisse con un #1 del genere, i dintorni di via Buonarroti verrebbero allagati dalle pernacchie e
Samuel Stern finirebbe candidato per il Premio Strega (&Stregoni). Mentre se fosse uscito nell’86 (tablet a parte) la SBE si chiamerebbe oggi
Tex Willer Editore, dato che senza il successo di Dylan si sarebbero estinte da allora la maggior parte delle testate
Quindi caro Rrobbè, è inutile che vieni a salmodiare meta-pataccate stile manifesto da un lustro, perché l’unico che non si rende conto del presente temo sia tu, aggrappandoti al tuo passato (da lettore, vedi mania dei remake) ed al futuro (de)ragliante che pensi si faccia strada virtualmente sul binario dei social o nelle fiere. Tutto a spese di DD, ovviamente, tra una trovata circense e l’altra da propinare in mancanza di risorse efficaci al servizio DEL personaggio e non dell’autoreferenzialità narcisista del suo curatore.
E l'unica mano solida che molti si sentono di porgerti, per stringer la tua e seguirti mentre ti lanci a corpo fintomorto per il [ari-ri-cito] "
balzo nella tua fede"...
sarebbe questa qui Ci facci sapere del botto quando tocchi il fondo dell'ignoto, chestamoinpensiero eh...
[…]
Provo a tornare sull’albo per quanto non m’interessi minimamente
Comincio parlando dei punti positivi. Pochi.
Il principale è di sicuro
Roi che ci regala dei bei corridoi stile
Inquilini Arcani (pp.10-13) ed uno stile più barocco alla
UT. Sicuramente sugli scudi, ma credo potesse fare meglio, perché in certe parti è troppo fumoso/pittorico nelle sfumature, e quindi poco adatto alla forza del b/n da fumetto, come non mi convincono i suoi zombies (
Stano è di un’altra galassia) e Gnaghi sembra troppo anonimamente bonario nei primi piani. Manco Sybil c’azzecca molto a mio vedere, dato che l’originale somigliava molto a (ex?)Mammorgana, anche se la sua pettinatura sa molto anni ‘80s.
L’altro punto positivo è che si legge in una mezz’oretta, e ti sei cavato il dente senza sentire il retrogusto amaro della parcella per oltre due minuti. Abbastanza in palla l’ironia scorbutica di Bloch, se non fosse carica di retroscena da spiattellare. Infine, c’è l’attenuante generica che si tratta del primo episodio/starter di una miniserie stile tv - altro personale mantra di
Airoldi&co in azienda - per cui serve del tempo per carburare ma nei prossimi ci rifaremo… nonostante un certo scetticismo che prevale inconsciamente se queste sono le argute premesse
.
[…]
Tornando alla storia in sé, a parte la singolar tenzone da remake, NON ci siamo sbarazzati
dell’orgia di citazionismi solipsistici che anche qui imperversano dichiarati come fondativi per il gusto di riproporre frasi ad effetto fuori da qualsiasi realtà, per compiacersi nelle strizzate d’occhio tra compari di sottocultura nerd di lunga memoria, o per giustificare il Dylan
B(arbuto) nei suoi meta-solfeggi su come vada impostata una didascalia sclaviana (p.20). In tutto questo il nuovo – antipaticissimo- protagonista stesso viene definito, per foga auto-assolutoria o minaccia latente, “
maniaco delle citazioni” (p.77) e pertanto nei prossimi numeri si andrà avanti ancora con questi ritornelli saputelli e ricicloidi
.
Dopo le anteprime circolate qui sopra ho saltato per probabile nausea il meta-pippone (citato, pure lui
) di pagina 29, e mi sono goduto appieno l’effervescente sceneggiatura da pagina 31 in poi che consiste
SOLTANTO nel SOPRALLUOGO all’obitorio… fino a pagina 92 in pratica, intervallato da qualche leggiadra parentesi da telefilm sit-comico negli uffici del nuovo sovraintendente o delle sgommate in avvicinamento a 4 ruote – prima Dylan (pp.30) poi Carpy (pp. 33-34) e infine Non-più-papi-Xaby (pp. 67-69).
Davvero complimentoni per la complessità di scrittura. Avvincente, strutturata, e profonda, altroché
.
Sull’acclamatissimo ritorno di Rania ed il suo gorilla credo si siano già espressi altri, come io stesso sull'utilità da fan-fiction di modificare l’asse delle loro relazioni interpersonali, con ruggini tra ex-colleghi, ex-mariti, etc.
NovelloDylan2020 ci fa un baffo. Anzi una barba, visto come è barbosamente ritratto da sembrare un incrocio tra Massimo Cacciari ringiovanito o Manuel Casella invecchiato (male) per sembrare più hipster
cool mentre spara slogan di meta-saggezza da buon para-cool come la massima su Eros e Thanatos (p.84)
Tornando alla sequenza “nucleo” nei meandri dell’obitorio, sembra un incrocio tra un
survivor (horror)
game di quarta categoria (v. sparapiùnonposso, pp.88-91), le peggiori puntate di
Buffy a livello di brividi occulti per bimbiminkia, e le zuffe bisbattibeccate di
Casa Vianello, con tutte le battutine stizzose del quadrivio Dylan-Carpy-Rania-Sybil (il top in questo senso è p.73). Java… ehhhm sorry, Gnaghi, si esprime per monosillabi, e di sicuro una storia dialogata tutta da lui ci avrebbe guada
GNAto. Le uniche scene vagamente inquietanti sono quelle in cui non compare NESSUNO DI COSTORO, ma il povero dottorino ambizioso (pp. 44-49)… ma anche lì siamo nel brivido telefonato perché sappiamo tutti – vedi che li conosciamo pure noi i meta-crismi dei film horror senza esser laureati al DAMS di Lucca, a Rrobbé? – come finirà, partecipi del #1 tra le righe
.
Xabaras lo vedo bbbbene per una puntata di
A-Team per come entra in scena: sottile, vero? Per la tamarrata dell’assalto a suon di bisturi e pala (pp.62-65) si potrebbe scomodare Chuck Norris se non fosse così sensibile al sangue.
Chiudo qui, ringraziando non so quale divinità edicolante remota per aver cominciato a leggere Dylan dal #62 (
I Vampiri) e non da rrobbe del genere, perché le nuove generazioni già stanno messe male… ma infliggergli pure queste patacche per allontanarli definitivamente dai fumetti mi sembra oltremodo tafazziano per crudeltà e cinismo. Se mio/a nipote mi chiedesse oggi perché leggo Dylan vedendomi con un albo del genere in mano, per senso del pudore gli direi che sto guardando una rivista zozza mascherata con la copertina divelta dal #401, e di non dirlo alla mamma
.
ALOHA I TEMPI CORRONO
GLI ATTEMPATI SI FERMANO
GLI SCIROCCATI ROTOLANO