Cravenroad7

Una cosa che ho sempre contestato a quelli col mito dei "primi 100 numeri" è quella che, implicitamente o esplicitamente, dicendo che il Dylan di quei numeri è il migliore affermano che anche lo Sclavi di quei numeri sia migliore di quello che si è letto dopo. E invece no. Per me Sclavi era grande nei primi 100 e rimane grande dopo. Per me spartiacque della serie è il n. 176, Il "progetto", perché l'ultimo scritto da Sclavi e da un autore ancora ispirato. Quello che si è letto dopo non è più allo stesso livello. Seppur con buone storie, trovo che quello tornato nel 2006 e di recente abbia perso la magia di una volta. O per comodità potrei usare il n. 200, ma insomma da lì, anche se si sono lette ottime storie e visti ottimi autori (magari a lunghi intervalli) non è stato più lo stesso di prima. Come quasi se fosse percepibile l'abbandono dell'autore a una sua creatura. Lì se ne sarebbe dovuta accorgere la redazione e lì correre ai ripari. Puntando su una maggior qualità, su una gestione diversa, in quegli anni sì che sarebbe stato possibile arginare la perdita di lettori. La Barbato e pochi altri allora mi diedero l'impressione di poter risollevare la serie, ma solo a sprazzi, le buone storie c'erano, ma davano ormai come l'impressione di trovare dei quadrifogli in un campo troppo vasto di erbacce.

Mignacco ce ne ha regalate di simili perle, tipo Trah Island e parecchie altre...

Ci sono state belle "sole" anche tra i primi 100, come ottimi numeri negli ultimi anni, è una frase fatta e usata dal Vate questa. La minilista citata da wolkoff ci sta tutta e la sottoscrivo, a me era piaciuto anche "Il prezzo della carne", ma nessuno sostiene che gli ultimi anni facciano schifo semplicemente, nel mio caso, che c'erano storie forse migliori nel primissimo periodo recchioniano di sceneggiature e dialoghi rivisti rispetto a tutto il resto quindi, forse, se il suo ego gliel'avesse permesso e si fosse limitato a sistemare con un senso le varie collane - come in parte ha fatto, suo pregio maggiore - e a pretendere maggior qualità, staremmo parlando di tutt'altra cosa. Nessuno sostiene la sua imperizia, semplicemente non è Alan Moore e Dylan Dog non era lo Swamp Thing ante n° 21, non c'era bisogno alcuno di rivoltarlo come un calzino e trasformarlo in altro, solo di esigere buoni albi.

Torno un attimo al discorso di Alek e Leone...
AD AVERCENE di numeri sulla media del post#88 !

Io sono chiaverofilo di primo pelo fino al midollo - riferito a quel periodo, adesso avrei più riserve - e garantisco che allora, come adesso, non c'era bisogno di sfornare capolavori del fumetto mondialo per vedere un Dylan coi controca**i... prodotto con mestiere ed una sua dignità narrativa anche da chi sostituiva il Mastro Tiz fuori per una fisiologica pausa, caricandosi sulle spalle un bel pezzo di una testata di colossale portata - oltre mezzo milione di copie vendute mensilmente, urca - a meno di 30 anni sulla carta d'identità .

In 15 mesi di assenza di Sclavi sulla regolare, che comunque revisionava i testi altrui, sono usciti un fantasy più che dignitoso (I Cavalieri del tempo); un apologo sul doppio riuscito (Metaformosi); un'icona di Roi da incorniciare (Il Mosaico dell'Orrore), un buon thriller onirico (Presenze...); una rimpatriata splatter di dylangnocche (La donna che uccide il passato, molto meglio di roba come Amori perduti); un Manfredi esordiente di buone speranze (I giorni dell'incubo); un top albo di Ambrosini senza appello (Dietro il Sipario); un incubo classico chiaverottiano con Dall'Agnol a pallettoni (Lo sguardo di Satana); un Manfredi confermato in crescendo (La porta dell'inferno); un Chiave che più sclaviano non si può (I Demoni); e un poetico La Neve delirante il giusto (Notte senza fine).
E tra l'altro uno dei numeri peggiori del periodo, assieme a Sinfonia Mortale e Fratelli di un altro tempo, è proprio quella grande zappa sui coglioni che si è data la serie con #100, di Sclavi stesso... e da lui profondamente odiato, guardacaso

15 mesi di fila simili te li puoi sognare da qui alla prossima eternità, compresi i periodi rujani o marchesellici, caro Leo... Quello significava SAPER SCRIVERE Dylan Dog nei tempi giusti, senza grandi pretese da capolavoro, anche con la mano grezza, ma con il taglio intimo del personaggio/testata. Ed è una cosa che si è persa sempre più col tempo, perché se adesso (meteore barbatiane a parte) in 15 mesi mi devo aspettare appioppati di fila la Baraldi, Simeoni, Eccher, Secchi, Ratigher, la Contu, Uzzeo e altri imbucati dell'ultim'ora... capirete benissimo che qualora si salvassero 2 storie è già tanto. Succo di rape, ma poco sangue, da dei tuberi conclamati. I nomi contano, altro che il pre-100 o il post-234,3333 periodico a livello di numerazioni .

Le storie buone sono uscite anche dopo il 200 tanto per dire, ma sono sempre più mosche bianche per frequenza perché manca il contributo di CHI sa unire la qualità alla declinazione del verbo dylnaiato, e spesso chi possedeva questo dono, come Paola, s'è un po' perso/a strada facendo per carenza d'ispirazione o per soggiacere a determinate direttive.
Mettimi Il Conte, Il Chiave, Il Sardo, il Mercuriale e ottimi alfieri di qualità come Enna, Cavaletto ed Accatino per un anno di fila sull'inedito, liberi da rebootanate radical-revanchic e altri paletti imposti dal Sommo termocuratore , e probabilmente... pur non raggiungendo i fasti di chissaquando nostalgizzanti, la media delle storie s'innalza per inerzia, un'erezione spontanea, da cui magari pure una Paola rinsavita potrebbe trarre piacevole ispirazione

AL(OHA)VIAGRANDINOVITA'

Condivido pienamente.

Così come penso che necessita ricercare nuovi autori che diano linfa vitale al personaggio.
Alla fine, escluso Medda che già aveva i suoi successi neveriani, ottime storie sono giunte da sceneggiatori giovani di buona speranza: Chiaverotti, Barbato, Accatino e Ambrosini (versione autore completo). Ma questi sceneggiatori (prima di farsi prendere la mano tipo Barbato) scrivevano storie di Dylan Dog e non SU Dylan Dog, quindi affrontavano il personaggio con quella giusta umiltà che il ruolo di neofiti del personaggio richiedeva. Oggi invece, pure le new entry volute da Recchioni sembrano quasi guest star che arrivano e già pretendono di dire la loro sul personaggio e la sua soria passata, oltre che affrontano le sceneggiature come se già si stanno cimentando col capolavoro di tutti i tempi... e il tutto avallato e incensato dal curatore che del resto li ha voluti e decantati aprioristicamente. Paradossalmente ho visto più umiltà nell'affrontare il personaggio da autori più che affermati come Robin Wood e Dario Argento (con Stefano Piani) piuttosto che la Baraldi o Simeone.
Comunque, ripeto, necessitano autori nuovi che sentono il bisogno di dire qualcosa tramite le pagine di Dylan Dog e non sbarcatori di lunario.

Alcune frasi dell'intervento di Wolk sono da Vangelo.
È ovvio che la discrasia tra il gradimento mio e del già citato collega è legata all'amore/odio che ci lega al Chiave. Ma se negassi che c'era tanta capacità e, citandoti, "saper scrivere", sarei semplicemente nel torto.

Questo è un tasto dolente di lunga data: invece di pensare al ricambio generazionale (quasi utopico) dei lettori, dovrebbero rifletter con oculatezza su quello degli autori.
Capisco le fatiche del Rrobe e del resto della redazione nel trovare nuove risorse fresche, ma finora si è proceduto col piede sbagliato - disegni a parte - traghettando su Dylan solo gli amicidegliamichetti, gente che magari ha un suo appeal in altri generi/formati (v. Baraldi per i romanzi young adult o Ratigher per un certo metafumetto hipster-impegnato), che ha riscosso successo/hype sui social da intenditori, ma che messa alla prova su Dylan, che è già ostico di suo, non si è dimostrata all'altezza, né in sintonia

La cosa più grave è che molti di questi elementi hanno sfruttato strumentalmente Dylan come punto d'arrivo per farsi belli sul CV ed autopromuoversi secondo la propria impronta, come se Dylan fosse un eminente/ambito banco di prova storico da cui certe firme in voga devono per forza transitare, un porto di mare per dire la propria SUL personaggio dopo anni di letture da semplici estimatori. Come dire che con l'Aida o con il Macbeth ci si devono cimentare tutti prima o poi, compresi registi di telenovelas o di spot pubblicitari

Quando invece, come il calzantissimo esempio di Lord distingue, ci sono stati scrittori di livello tipo Argento (coadiuvato dal più tecnico Piani) che si sono umilmente adattati ad elaborare una storia DI/PER Dylan, senza pretese o rivisitazioni narcisiste, ma attenendosi alla semplice dimensione del personaggio ed il suo imprinting più che trentennale. Profondo Nero non sarà un capolavoro ma rispetta tutto ciò e convince la maggioranza in questo senso

Detto ciò, gli autori di fiducia che ho citato nel precedente post non sono mica matusa incartapecoriti come noi forumisti, quindi un altro decennio di storie controfioccose potrebbero ancora produrlo. Resta il fatto che in prospettiva il lavoro di talent-scoutismo deve esser fatto in maniera meno autistica .

ALOHA ( . Y . ) FACTOR

Quotone a Lord.
E aggiungo che in questi casi la responsabilità è del curatore più che dello sceneggiatore.
Perché se già al quarto soggetto di Dylan Dog che tizio presenta a Recchioni il perno della storia è un assassino/mostro che vuole uccidere Dylan Dog per motivi legati al passato, il curatore dovrebbe avere il dovere morale di inserire L'A4 nel tritadocumenti e di spiegare al tizio in questione che forse (FORSE) al quarantesimo soggetto (e non al quarto) può presentare UN soggetto su Dylan Dog.

Nel Dylan Dog meteorico o 3.0 o recchionano sembra valere la regola inversa. Vedasi ultimo inedito e ultimo Old Boy (terza storia).

Le quattro copertine del 400 da edicola saranno di Villa, Stano, Cavenago e Roi.
A questo punto si potrebbe scommettere su Roi copertinista dal 401 in poi.

Un minuto di silenzio per chi comprerà le quattro copertine e casomai pure il cartonato b/n. Complimentoni.

Villa senza neanche guardare le altre... solo per il ricordo degli inizi.
Speriamo che stampino più copie di quest'ultima.

papà cosa sono i pedofili?
zitto e succhia

Io si, e credo di averne anche buoni motivi.

Villa anch'io, ma non tanto per il ricordo, quanto perché ha il tratto più adatto alla copertina di un fumetto come Dylan Dog, al contrario di Cavenago.

Hanno tutte la stessa impostazione tanto. Non un granché.

In occasione del Free Comic Book Day Italia, Bonelli Editore presenterà il numero zero di Daryl Zed, preludio di una miniserie dedicata al personaggio nato sulle pagine di Dylan Dog 62 – Caccia alle streghe del 1992. Il numero zero conterrà la storia Caccia agli inquisitori, apparsa nel Color Fest 22, e dieci pagine inedite disegnate da Nicola Mari e colorate da Sergio Algozzino. La miniserie, scritta da Tito Faraci e disegnata da Nicola Mari, Angelo Stano e Werther Dell’Edera, sarà poi pubblicata nel corso del 2020. (fonte fumettologica)