Non illudetevi nella ricerca tempo perduto… che può sempre generarne altro, in loop,
pace Proust .
E a proposito di attività da perditempo, come avevo minacc… ehhm… dichiarato qualche post fu (trapassato forumistico), prima o poi o mattantoèrelativo avrei ripreso in considerazione l’albo per una mia personalissima re-interpretazione di alcuni motivi all'interno della storia. Non è un’esegesi vera e propria, perché a differenza di
Cronodramma o
Il Male Infinito non è che ci siano tanti punti oscuri da ricombinare tipo enigma, ma più a che altro un approfondimento dei punti chiave nell’ottica di dove l’albo voglia andare a parare (meteora inclusa), condito da varie curiosità sulla simbologie impiegate, senza entrare troppo nelle disquisizioni filosofiche fini a sé perché ci vorrebbe minimo la reincarnazione di
Platone, Plotino, o Heidegger per tenervi testa senza perderla/-rsi
.
Comunque sia, anche se la storia non mi è piaciuta granché, per mia fortuna uno come Ambrosini ha sempre la capacità di
alimentare riflessioni ed interesse da quanto messo su carta. Per vostra sfortuna tutto ciò ha generato nel mio caso un profluvio di divagazioni chemmancoilmondodiQuark senza pari… che comunque potete saltare a piè pari senza zompare sullo schermo del notebook/smartphone per fracassarlo dallo stordimento inflitto.
Ovviamente le mie sono tutte cialtronate che lasciano il tempo (afoso) che trovano, solo delle ipotesi che non hanno il buon gusto di tacere come in un film muto, ma se volete ritrovarvi qualche diottria in meno siete liberi di consumare il vostro tempo residuo prima della dipartita leggendo questa sequela di caratteri messi in successione casuale, anche solo per il piacere di estendere in qualche altro multiverso le pernacchie contro il sottoscritto
.
OVVI SPOILER
La storia si apre con la lezioncina del
Ghost-pensiero applicata ai massimi sistemi della cosmogenesi. Dal nulla è nato il tutto, dal tutto un po’ alla volta la vita, che è per sua definizione (umana) un caos di complicazioni in serie. Ad un certo punto imprecisato, prima della vita, V.
Martini precisa che sono state generate rocce e pietre, cariche di energica memoria, ma incapaci di esprimersi discorsivamente, per quanto qualcuna
rotolando abbia cantato parecchio.
A differenza delle pietre, l’uomo, che è de coccio di natura, per capirci qualcosa inventò la sua concezione del tempo, e la (sua idea di) Morte per definirlo, cioè colei che apre la porte verso il Nulla futuro -
quando non ci saremo più - dopo esserci staccati dal Nulla del passato -
quando non c'eravamo nemmeno - dato che la vita è solo un'effimera parentesi delimitata da questi due vuoti abissi. Con l’
Apocalisse annunciata dagli Angeli + le altre 2 bestie bibliche + 4 cavalieri (v. p.7) il tempo sparirà, o meglio ne verrà annichilita l'idea perché l’uomo non ci penserà più, e grazie a questo non dovrà temere più nulla, compresa la Morte e le creature nate dalle sue paure. A che servirebbe un Indagatore delle paure in questo contesto
Come si finisce nel non-tempo, visto che non può neanche cominciare
Non contento delle proprie cialtronate, l’uomo da sempre si interroga sul valore del tempo o interroga gli Dei taciturni in materia…. ma dal momento che anche questi sono probabilmente un’invenzione dal sacco del
logos umano, a stò punto tanto vale inventarsi di insana pianta un’ipotesi (magari poetica!) sulle origini del Non-tempo, una tragedia in salsa greca dal mito con tzatziki, un copione per un film muto che la dice lunga, o un fumetto che contenga tutto ciò e vada in edicola senza Salmo ferire…. che probabilmente uscirà in tempi migliori (de che?)
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Ecco quindi che quel pettegolo di (Sandro)
Mayer ci prospetta una novella2000ac, e ci ritroviamo nello sguardo ebete nel vuoto di un bimbo autistico, che all’epoca era segno di superstiziosa sventura e sciagura per la famiglia coinvolta… e quindi meglio sbarazzarsene in modo cruento. Ci sono svariati miti dell’antica Grecia collegati a questo refrain, dove spesso è in pericolo l’ereditarietà di una dinastia, e va eleminato un pargolo potenzialmente deleterio… se non futuro patricida.
Padre, figlio, e madre persi in un triangolo simbolico di sopravvivenze nei multi-secoli possono anche ricordare la foto di famiglia di casa Xabaras… senza contare che qui
Simene, specialmente coi capelli sciolti, ricorda molto
Marina Kimball, anche lei piagata da un marito fesso che la precede di poco nell’oltretomba, incapace di preservare la creazione di un figlio (anche solo desiderato), e propensa a buttarsi suicida in qualche buca per una scelta di rabbia/depressione avventata. Ma questi sono corsi e ricorsi storici, particelle nel tempo che
GB Vico aveva individuato ben prima delle pellicole esistenzialiste mai esistite
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Keinos, il nome del pupo, non mi dice nulla di particolare, ma basta aggiungerci una lettera per arrivare ad Ekeinos, che in greco vuol dire “Egli”(
ἐκεῖνος) con tono perentorio, il nome che San Giovanni (proprio quello dell’Apocalisse) usa per indicare lo
Spirito Santo, che avrà un ruolo fondamentale nella fine del mondo, oltre a rappresentare il terzo vertici della Trinità Divina, dopo il Padre ed il Figlio. Per la Mater ci ha pensato morb(i)osamente il Vangelo apocrifo di Rrobberto da Crema Secca, noto profeta imbonitore dal fiato corto e rosicante. A questo proposito, a livello di curiosità, Spirito Santo nel suo equivalente anglofono si traduce col termine
Holy Ghost.
Efesto, o meglio Vulcano se detto “alla romana”, è il dio fabbro, ma anche ingegnere-geometra-architetto-lupman-farabutt-etc (v. ingranaggi dell’orologio). Costui fa un dono alla devota Simene per risparmiare il pargolo senza ingannarla, ma non può evitare il sorgere del sole nel giorno del sacrificio – peccato fosse poco lungimirante nei secoli come dio dei vulcani, perché un certo
Krakatoa con le sue ceneri sparate nell’atmosfera oscurò il sole per diverso tempo. Per combinare altri crono-pasticci drammatici in base alla parola data, ecco quindi Efesto sottrarre per sempre (paradosso) Keinos-Billy (omen da libreria Ikea) al tempo e trasformarlo in uno sfuggente assoluto che gli uomini non possono concepire… e nemmeno le loro divinità/totem di conseguenza
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Il bambino diventa quindi un inaudito abominio contro natura in questo senso, contro la natura delle leggi della fisica umana, del pensiero occidentale
as we know it, del pantheon religioso, perché è il primato dell’Essere contro qualsiasi confine (tipo il duplice Nulla che dovrebbe limitarlo e definirlo, v. sopra), che brilla al di là di ogni tempo illusorio confezionato per convenzione (p.71-72).
Non per nulla il pargolo del Non-tempo porta la maglia
numero 8, che notoriamente rappresenta l’infinito e l’eternità, oltre al numero di Thiago Motta nell’irripetibile (per eoni ancora) triplete. Amen agli Agnelli del loro dio, da Vinovo. E sempre a proposito di numerologia cabalistica ed affini, il numero 8 nella smorfia napoletana rappresenta la Mater, ovvero S.Maria… e anche qui qualcosa del presepe dylaniato ritorna, come un jolly dal pozzetto: ohllamadonna!
Il numero 80 che invece appare qualche (altra) volta alle sue spalle non credo sia un refuso di smemorataggine, ma vuole ricordarci come spesso anche sul tempo eterno ci si possa sbagliare, aggiungendo un giro-tondo in più (lo zero)... visto che nella smorfia l’80 rappresenta la "bocca", ovvero la capacità di comunicazione e consumazione (del piacere), e di riflesso cabalistico anche gli inganni e tutte le disonestà collegate a questi principi, specialmente a sfavore dell’uomo
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L’eternità può anche fissarti perplessa se continui a giurare da decenni sempre amore eterno alla prima che ti capita a tiro (d’uccello, direbbe la
Barbato, v. pp. 41 e 45), e può coinvolgerti nella roulette delle Morti che (si pensa) delimitino nel tempo la vita, come se questa fosse scandita tipo (ne)cronologia o conto alla rovescia in base ai decessi dei nostri cari (p.60)… per quanto alla fine si tratti soltanto di altroquandi paralleli in cui Dylan perde progressivamente contatto con la realtà di partenza, e poco importa se in qualche frattempo divagante siano crepati Melissa/father, Groucho, Bloch, o l’alter-ego Petersen: Billly rimarrà per tutti fugace ed inafferrabile
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Poi il Nostro si addentra nella “
timeless library” e capisce come Billy sia incapace di comunicare per sua bocca, che in fondo è un po’ indifferente a tutto…. anche perché non distingue tra ciò che è da ciò che è stato. Peccato che la sua figura rappresenti una minaccia per l’equilibrio della Morte, ovvero colei che gestisce il passaggio tra un nulla e l’altro nel tempo, in quanto Billy diverrebbe come un talismano catalizzatore per gli scombussolamenti della meteora (p.89), che preme per lo sconquasso dei multiversi possibili e dell’eternità senza scampo.
Con tutto il rispetto verso il quadro che vediamo di J. Barbour e degli scacchi alla Bergman, nell’iconologia tradizionale
Padre Tempo non è stato mai in conflitto con la Morte. Anzi, ne era un eventuale alfiere inesorabile nel trapasso delle ere, come nell’alternarsi delle stagioni. La sua immagine allegorica (e quindi cristianizzata, con tanto di angeliche alette) dal Medioevo in poi è stata un connubio dinamico tra il dio
Kronos (o
Saturno, in ambito romano) e la divinità della tradizione orfica
Chronos. E mentre il secondo vanta un coacervo di
significati esoterici e perfino alchemici, il primo è più semplicemente il titano padre di Zeus, personificazione dell’alternarsi del tempo, anche lui condizionato da una profezia contro i suoi pericolosi figli, che difatto divorò… tranne Zeus appunto, che fu sostituito nella culla da una pietra, mal sgranocchiata da quel cannibale turlupinato di suo padre. Pietre; culle; altri motivi che ricorrono e si rincorrono… nel mio tempo perso
In genere Saturno, come la Morte, è rappresentato con una falce, proprio per incarnare le messi del raccolto ed il ciclo delle stagioni – v. numero scorso. Non fa eccezione il più tardo
Padre Tempo/Father Time nei quadri di
Rubens, Bosch, Poussin e migliaia di icone allegoriche dal Rinascimento in poi, in cui spesso appare come un vecchio incanutito, sempre con un falce da mietitore e talvolta anche una clessidra. Non entra propriamente in conflitto con la Morte – anche se spesso contribuisce al decadimento della Bellezza – perché i suoi veri nemici sono le personificazioni di Falsità ed Invidia, due entità negative che possono essere annullate dal/nel tempo grazie alla collaborazione e protezione della Verità che potrà riabilitare, dopo anni, la reputazione di infamati e vituperati in vita.
Un po’ di immagini a tema:
In questo albo la Morte teme che gli venga sottratto il suo compare di giochi preferiti, il Tempo per come lo conosciamo noi umani, e che il piccolo Billy, come personificazione del Non-Tempo, faccia saltare tutto il banco, da complice involontario ed indiretto delle conseguenze della meteora. Non può vincerla lei la tombolata decisiva perché è in conflitto di interessi – in fondo ci guadagnerebbe molto lavoro extra per una caduta dell’astro(nzata)
– ma teme profondamente che gli uomini non abbiano più linearmente un “prima” e un “dopo” come riferimento, finendo per non portarle più il doveroso rispetto e la riverenza di chi ha sempre covato in vita l’angoscia di incontrarla… in un ultimo giorno, letale
.
Con Billy a libero spasso sotto l’ascendente dei miasmi negativi pro-meteora, il concetto di “ultimo” e “giorno” andrebbero in malora, ma Dylan qui commette l’ennesimo errore della sua carriera (p.91.iii), e preferisce diffidare della Morte falsamica per non sottoporsi alla ri-disposizione del tempo a monomarcia e monoverso attraverso le sequenze in serie della tombola. E ci scava la tomba da solo perché in questo azzardo ovviamente dà una bella mano (da complice colposo, lui) ai piani di Ghost per aprire le porte dell’Apocalisse, come detto nel prologo, che cancellerà qualsiasi paura dalle idee dell’umanità ritornando al Caos atemporale e discrezionale, come le particelle a zonzo per fotogrammi (p.98), dove vige un senso di annullamento assoluto per ogni parametro, a partire da quelli crono-logici.
E infatti questi ultimi sono venuti a mancare non poco nella testata, da un qualche tempo (preciso?) a questa parte
.
Per questo non ho gradito molto la solite
sparate pro-esistenzialiste di pagina 94 che inneggiano all’urgenza dell’esistere qui, ora,
naturally, per sempre in un attimo intensissimo come se non ci fosse un domani… nella peggiore tradizione retorica di quella scuola di pensiero filosofica, per la quale non nascondo di provare da sempre (quanto sempre? da quale vita?) una sincera avversione naturale, per quanto ami
Camus, ma arrivi alla nausea per
Sartre come da (suo) titolo
.
Senza buttarla sul relativismo a me più congeniale, dico semplicemente che mal gliene incoglierà a Dylan per questa scelta di non operare – ahi, l’accidia arrogante
– e di accontentarsi di
esistere nello strafotto quando milioni di altri
esseri sono in pericolo. Stranamente non viene citato
Shakespeare in quest’albo, perché ci azzeccava un Hamlet che tra “
to be, or not to be” scelse di
esistere sul momento (inopportuno) e sappiamo tutti che brutta fine ingloriosa fece, mentre la sua
essenza vive ancora nei teatri e nell'immaginario collettivo da oltre 400 anni nonostante sia libero di morirne ogni volta verso il quinto atto
.
Come Dylan forse, perché se
le parole della Morte a pagina 89 non sono troppo sibilline… credo che in base a queste premesse si stia preparando per noi un (Fourth?) Impact astrale sulla testata che dopo potrà esser comodamente rimodulato in ennesima reboot(tanata)
post#400, quando si dirà che è stato tutto un sgherzo, una variazione possibile sul tema, un riflesso dell’inconscio sospeso, una dimensione parallela incrociata per la tangente di coseno ʠ , un sogno di un dio ubriaco, un altroquando new age, con un finto ribaltone rimescoloide che porterà le cose (quasi) come prima.
Vada come vada, sarà un de-cesso
.
IN PRINCIPIO ERA IL VERBO…
POI VENNERO I TEMPI, E SI ANDO’ IN CRISI;
INFINE ARRIVO’ IL CONGIUNTIVO, E ALOHA SI PIOMBO’ NEL CAOS.