Onestamente non mi ritrovo in tutti questi
casqué figurati d’entusiasmo per un’ordinaria storia di piatta manovalanza, che si avvale solo di qualche piroetta non ardita (v. twist bi-fantasmoso) per darsi qualche mossa sulla pista del già visto&meglio, da parte dello stesso autore
.
Un passo(doble?) indietro rispetto al Simeoni dello scorso numero - su cui comunque non nutrivo grandi speranze in prospettiva - che almeno aveva avuto il buon gusto di riservarci un pugno nello stomaco sul finire e qualche trama intrecciata, mentre qui si saltella nello smielamento pietista ad oltranza, con l’ennesimo Dylan-salva-anime che sinceramente ha rotto lo swing, ed una parte finale – le ultime 30 pagine, diciamo – all’insegna dello spiritismo linearmente puerile, tipico simeonide, senza ambiguità o contorni inquietanti, banalotto e trasparente come si deve agli amanti di Scooby Doo o dei saggi col tutù prescolastici.
Resta comunque una scrittura nel complesso abbastanza valida, con Dylan in character, senza strafalcioni irritanti o pipponi retorici di contorno, condita di qualche schietta ironia e qualche scambio azzeccato, che comunque è già qualcosa sulle punte rispetto a certe spaccate (di maroni) precedenti
made in Sime.
L’unico punto di vantaggio però a confronto del
#378 è soltanto la tensione (“adrenalica”) maggiore nella sezione clou – mentre lì si abbondava in tiepidi raffronti/
collecting data – ma alla fine è poca roba, e soprattutto devoluta ad una deludente risoluzione di mediocre spessore e rassicurante fino alla stucchevolezza. Senza contare l’handicap aprioristico di un
Brindisi deformato nella grottesca controfigura incespicante di se stesso, mentre si pesta i piedi da solo con un maquillage di retini tanto snaturante quanto superfluo in diversi punti
.
Siccome non sono in ballo grandi premi da sabato in prima serata sarò più clemente di un Mariotto qualsiasi
… e riservo un
plié di circostanza sul
6 per questo albo, prima di una mi-longa relazione su alcuni dettagli:
SPOILER ⁞ SPOILER ⁞ SPOILER ⁞
SPOILER ⁞ SPOILER ⁞ SPOILER ⁞
Copertina: quando Cavenago non si auto-contempla troppo nel pittorico, la rustichezza dylaniata prende il sopravvento con mucho + gusto. L’effetto fosforescente del fantasma dà proprio quella parvenza di sacchetto di patatine/bustina di sorpresine orride che rilascia spessore da b-movie quanto basta. Bene così
.
Disegni: come già detto prima questo
è un tasto abbastanza dolente. Brindisi è il mio disegnatore preferito ed incarna l’anima di DD come pochi sanno fare. Ma qui non ci siamo. Tutte quelle retinature sfumate contribuiscono solo a soffocare il suo tratto in modo controproducente, se non deturpante (v. pp. 9-12 o 46 per esempio). Se era una sperimentazione meglio buttare nel cesso cavia & provette, e prepararsi per un altro test.
La luminosità dettagliata tipica del suo tratto – sia quando robusto che sottile – non può trarre nulla di vantaggioso da questa pasticcesca sovrapposizione computerizzata a qualcosa di già definito. E nessun gioco di ombre ci guadagna (v. zuffa nel cimitero). Non è mica la fantascienza di
Nathan Never, dove un
De Angelis (rimanendo in ambito di scuola salernitana) può trovare una via più “bio-meccanizzata” per il suo tratto grazie a queste aggiunte.
Tra l’altro anche il modo in cui sono ficcati questi retini è discontinuo e difforme, con certe fasi dove prevalgono bande diagonali a tutto spiano (pp. 21-23) o dove le aggiunte sui volti delle vecchiacce pajono delle sgranature di pixel in evidenza ravvicinata, come nei televisori anni ’70. La vignettona in cui compare per la prima volta il fantasma di Lara (p.38) è semi-insulsa e didascalica, ed anche lo spettro del tizio in camicia di forza (pp.40-41) sembra un personaggio di un videogioco retrò, entro questo stile.
Molto bello soltanto il luna park abbandonato – un classico brindisiano, dai tempi di
Anima Nera – , come ho apprezzato il restyling macabro di Madama la Mietitrice per questo totentanz, e qualche effetto-distorsione/incandescenza nel labirinto di specchi. Non ho capito a cosa servisse un cameo gratuito in primo piano di
David Duchovny a pag.16 , o fino a quanto non si sia sentito
massacrato nella tomba l’innocente Rubens per trovarsi cameizzato lowcost pure lui a pag. 89
[…]
Tornando alla storia… non c’è molto da dire…
L’inizio era stato caruccio per la simpatica scorbuticheria di Paul ed il suo modo di interagire con Dylan a suon di diktat. Sembrava un personaggio interessante sospeso tra cinismo e romanticume, ma alla fine s’è perso storia facendo, senza sviluppi o attività particolari
.
Forse c’è un corto circuito narrativo tra pagina 9 e 10-11, perché dopo la presentazione sull'uscio Dylan arriva a parlare immediatamente di “perdita di persona cara/moglie defunta” senza che Paul abbia fatto verbo in materia, a parte l’allusione ad una più generica forma di “disperazione”.
L’excursus cimiteriale è azzeccato per permetterci di assaporare un po’ di azione (
featuring Groucho) splatter e di capire come anche i fantasmi abbiano i loro rimorsi… tema del mese, inciso a nove colonne, non dovesse esser stato chiaro. Come detto prima, Brindisi contribuisce a non infondere particolare spessore all'evocazione di Lara (pp.34-43), ma questo genere di scene con la Trelko è più nelle corde di una
Barbato, parlando di tensione spirituale occulta, mentre Simeoni si adagia nell’ovvio per educande. Se non altro la sua vecchia Maria funge da ottima sostituta del GPS (
p.46), unico gingillo digitalizzato che Simeoni ci risparmia, dopo l’aggiunta coatta ed iper-reclamizzata del notebook, la mail personalizzata, il lessico webbaro… che ormai credo
siano delle ossessioni personali degli autori per dimostrarci a più riprese di esser al passetto coi tempi, o coi volantini dell’Euronics
Buono il twist sviante sullo sdoppiamento della realtà percepita dai fantasmi ad opera di Lara in carne & tacco12 (p.50), come i fankuli ripetuti del vecchio Benson contro quelle carogne delle compagnie assicurative (pp.57-60). Noi in Italia siamo abituati a puntare il dito contro la sanità pubblica, ma vi assicuro che
il vero orrore è mettere la propria salute nella mani di queste compagnie private di sciacalli, come avviene in stati in-civilizzati tipo USA, dove possono attaccarsi a qualsiasi postilla contrattuale per non fornire le cure adeguate alla tua malattia, nonostante tu abbia pagato per anni la tua maxi-polizza
.
Non buono (se non urticante fino allo spasmo) il pietismo di routine più volte accatastato sulle spalle di Dylan (p.20, etc), che infine qui vediamo far da bàlia ad uno spettro in balìa di stati confusionali: gli abbracci e le rassicurazioni date al giovane Benson sono di un tasso glicemico insopportabile (pp.74-76) e tra l’altro contribuiscono alla risoluzione del caso in modo tanto floscio e lineare –
ti slego e quella è la porta… - da far naufragare qualsiasi speranza di ”incubo” in quanto tale.
Per salvare un po’ la baracca del pathos con un quantum di adrenalina, Simeoni aggiunge qualche ostacolo al ritorno di Dylan tra noi con la comparsa della Morte… piuttosto insignificante per contenuti e partacce sentenziate. Inoltre ben 5 pagine di digressione riempitiva ed insipiente coreografia (83-87) sono devolute all’insegna del citazionismo più gratuito, con l’autocompiaciuta ricomparsa fuori fase di un fantasma già risolto come il mai-defunto
Timmy del #378, che non aggiunge nulla a queste scenette, se non la conferma della loro mediocre fattura
.
Le ultime 6 innocue pagine hanno solo la funzione di scorrere placidamente confermando il balletto di quello che già si sapeva, senza alcuna
etoile che si libri verso chissà quale
ensemble narrativo. Fine delle danze; invece di una rosa argentina tra le labbra, ci rimane una pezzetto di prezzemolo bresciano tra i denti
.
MI QUERIDA ALOHA