Cravenroad7

Cavolo, i post di Wolkoff devono avermi rimbambita

Recuperato solo ora questo maxi. Pennacchioli ENORME: le sue espressioni facciali comunicano una gamma di emozioni incredibile nonostante pochi tratti ed un approccio non naturalistico. Ci sono almeno tre vignette dedicate alle grida "mute" di Sophie che sono da stropicciarsi gli occhi. Sono dovuto tornare indietro più volte nella lettura per ammirarle.

Grazie Recchioni per aver riesumato questa perla.

Mai piaciuto Pennacchioli, troppo fotografaro e dallo stile scarno.
Quando ho saputo che lavora per la Dreamworks ci sono rimasto incredulo : se c'è riuscito lui , chissà quanti disegnatori italiani più bravi verrebbero accolti da Spielberg a braccia aperte e invece rimangono qui a lavorare per pochi spiccioli...

Un maxi complessivamente mediocre ed evitabile.

La prima storia è terribilmente gualdoniana. Con l'aggravante di essere estremamente verbosa e con un finale ridicolo.
La terza è una marzanata. Non mi sono mai piaciute le storie di Marzano, non so bene perché. Questa sicuramente non brilla e anche i disegni sono di basso livello (Bloch irriconoscibile).
Fin qui sarebbe un'insufficienza sparata.

Il piatto forte è Chiaverotti-Pennacchioli. Posto che son sempre stato un detrattore della maggior parte sella produzione chiaverotta, fa molto piacere leggere una storia ripescata dagli anni d'oro. Si respira un altro Dylan Dog. Pennacchioli espressivo e piacevolmente scarno.
La storia in sé non è niente di che, il controfinale è da mani nei capelli, ma ha dei bei momenti. Ci sono comunque diversi motivi per cui è rimasta vent'anni nei cassetti...

il gioco del dolore
questa non potevo lasciarmela sfuggire, finalmente viene pubblicata la cosiddetta "ergastolana" di chiaverotti, rimasta nel cassetto perchè troppo spinta
non so se sono più bonellianamente scorrette le scene di stupro mai così esplicite oppure il finale che con il metoo attuale potrebbe essere considerato "misogino"
è una delle migliori storie di chiaverotti come l'altra chiaverottata disegnata da pennacchioli, il mitico secondo almanacco della paura "la maschera del demonio"
entrambe le storie sono dylaniane fin dentro il midollo, c'è il tocco magico dei tempi migliori: il treno che copre i gemiti, sangue su tela, la cripta galeotta
sembra un thriller all'italiana, vedi anche la scena in cui viene accoltellato il cognato della protagonista, del resto è lo stesso tema trattato da argento in "profondo nero"
altri dettagli gustosi: le ombre degli impiccati, il sorriso diaboliko dell'entità, il bluff di dylan, dylan in biblioteca, mentre groucho è quasi assente stranamente
per adesso molto soddisfatto di questo recupero del maxi n°29, uscito nel 2017... però devo ancora leggere le altre due storie, che non mi ispirano molto...

voto 8+

il sorriso dell'assassino
gualdoni tenta la strada del sottogenere horror dei "dentisti", stranamente poco esplorato su dylan dog
storia piatta condotta con mestiere, ma il finale fantasy che la affossa definitivamente... la fatina dei dentini, e ti pareva...
tristezza a palate per l'impiegata zitella con una metastasi in corso, a cui per giunta viene strappata la mascella... e che diamine!
peccato perché i disegni sono buoni, vedi ad esempio il mostro, i topi, il laboratorio segreto...

voto 5

il burattinaio
confrontata con la storia di gualdoni, questa di marzano fa la sua figura... a metà tra gonano e chiaverotti...
una storia dal sapore antico, quindi... uno dei migliori marzano, peccato per il finale spiegazionista...
caretta mi è piaciuto, soprattutto nelle scene con i pupi, nei campi lunghi, nelle molte pagine mute
nel sondaggio ho votato buono, grazie soprattutto al sorprendente ripescaggio di chiaverotti
le copertine di accardi non mi piacciono molto

voto 6

D'estate mi piace rileggere storie che mi erano rimaste impresse alla prima lettura. Ebbene, "Il gioco del dolore" mi ha colpito ancora più della prima volta. Se di primo acchito erano stati soprattutto i disegni ad avermi impressionato, alla rilettura é lo 'spericolato' coraggio di Chiaverotti. Mi piacerebbe chiedergli se oggi, 30 anni dopo, riscrivebbere una storia del genere, e che domande si porrebbe. Nell'ambito del dibattito su cultura dello stupro, femminicidi, colpevolizzazione della vittima, politicamente corretto, etc. non posso immaginarmi una storia che entri più a gamba tesa di così. Davvero notevole che sia stata pubblicata di recente, e che sia passata tutto sommato inosservata. Ecco, mi piacerebbe anche sentire le riflessioni che il curatore, Recchioni, ha fatto quando ha deciso per la pubblicazione.